Smentito l’Arresto in Polonia di un presunto complice. Il killer aveva chiesto l’udienza a porte aperte e in uniforme. Perquisita la casa del padre: «Non sapevo»
OSLO (NORVEGIA) – «Non sento di essere suo padre. Come ha potuto andare lì e uccidere così tante persone innocenti, e pensare che tutto è ok? Avrebbe dovuto togliersi la vita anche lui». Jens Breivik, il padre dell’autore delle stragi di Oslo e Utoya, non sa capacitarsi dell’accaduto. Ex diplomatico norvegese ora in pensione, vive a Cournanel, un paesino nel sud della Francia. La sua abitazione è stata perquisita dagli agenti che stanno indagando a livello internazionale su eventuali legami tra il killer e gruppi eversivi dell’estrema destra europea. Ma lui non ha nulla da nascondere e del resto da quel figlio ha preso le distanze ormai da anni: è dal 1995, ha detto, di non avere contatti con lui, dal giorno del 16esimo compleanno del ragazzo. A troncare i contatti è stato proprio Anders: «Non abbiamo mai vissuto insieme – ha precisato Jens Breivik -, abbiamo avuto solo qualche contatto quando era bambino. Da piccolo era un ragazzo normale, ma solitario. Non era affatto interessato alla politica». La notizia gli è arrivata come un fulmine a ciel sereno: «Leggevo i giornali online, all’improvviso ho visto il suo nome e una fotografia. È stato uno shock scoprirlo, non l’avevo ancora saputo», ha raccontato al giornale norvegese Vg. E ora aggiunge amareggiato: «Dovrò vivere con questa vergogna per il resto della mia vita, la gente mi collegherà sempre a lui».
LE INDAGINI – Intanto continuano le indagini. La portavoce del procuratore distrettuale di Breslavia (Polonia), Malgorzata Klaus, ha smentito che la polizia polacca abbia arrestato un uomo sospettato di aver venduto online prodotti chimici ad Anders Behring Breivik, l’autore della strage in Norvegia, come riferito da alcuni organi di stampa. La portavoce ha confermato soltanto che «alcune attività giudiziarie sono state effettuate domenica», ma non ha voluto fornire altri dettagli. «Già venerdì avevamo ricevuto alcune informazioni e una richiesta di aiuto da parte della polizia norvegese», aveva detto alla rete Tvn24 un portavoce della polizia polacca. Secondo il quotidiano norvegese Dagbladet, il polacco sotto indagine avrebbe venduto a Breivik sostanze chimiche che avrebbero reso molto più potente la bomba realizzata con fertilizzanti.
FOLLA INFEROCITA – La folla che assediava l’esterno del tribunale ha cercato di bloccare l’automobile che trasportava il killer in tribunale, battendo con le mani sui vetri. La polizia è dovuta intervenire per consentire il passaggio della vettura. Breivik aveva fatto sapere che avrebbe voluto un’udienza a porte aperte nella quale gli sarebbe piaciuto indossare un’uniforme, anche se non aveva saputo indicare quale. E avrebbe voluto che l’udienza non fosse a porte chiuse, così da poter spiegare pubblicamente le proprie «ragioni». Gli inquirenti hanno però ritenuto di non dovergli concedere un palco da cui lanciare, oltre che deliranti proclami, anche potenziali messaggi in codice ad eventuali complici. Nonostante lui sostenga di avere agito da solo, sono infatti ancora in corso gli accertamenti per verificare se alle sue spalle ci sia qualche forma di organizzazione legata agli ambienti dell’estrema destra, non necessariamente solo norvegesi. A mezzogiorno, intanto, l’intera Norvegia – a partire da re Harald e dal premier Jens Stoltenberg – ha osservato un minuto di silenzio in onore delle 93 vittime del duplice attacco.
LA FAMIGLIA REALE – La tragedia di Utoya coinvolge direttamente anche la famiglia reale norvegese. Fra le vittime della strage vi è anche il fratellastro della principessa Mette Marit, Trond Berntsen. Lo ha reso noto la portavoce del palazzo reale, Marianne Hagen. Berntsen era un ufficiale di polizia fuori servizio. Era figlio del patrigno della principessa, morto nel 2008. Mette Marit è la moglie del principe ereditario Haakon.
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