MALMENATI IN CARCERE. Liberati dai ribelli, erano stati catturati il 23 luglio. Un convoglio di sei auto blindate ha attraversato la frontiera. Secondo indiscrezioni a bordo ci sarebbe anche il raìs. Intanto è giallo sui tre italiani detenuti per un mese nelle carceri e liberati dai ribelli qualche giorno fa
TRIPOLI – Un mese nelle carceri del Rais. Mentre fuori infuriava la guerra civile. È la disavventura di tre italiani arrestati e detenuti in condizioni durissime, e liberati solo tra domenica e lunedì scorsi, quando Tripoli è caduta in mano ai ribelli. Si tratta di Antonio Cataldo, 27 anni, di Chiusano di San Domenico in provincia di Avellino, Luca Boero, 42 anni, genovese; Vittorio Carella, 42 anni, di Peschiera Borromeo in provincia di Milano. Farnesina e Viminale hanno smentito che si tratti di contractor (agenti di sicurezza privata, ingaggiati per affiancare e istruire le milizie ribelli), e non si conoscono ancora i motivi per cui sono entrati in Libia dalla Tunisia. Si sa però che non sono riusciti a raggiungere Tripoli perché lo scorso 23 luglio sono stati catturati dalle milizie lealiste che controllavano la zona di confine.
IN CARCERE – Trenta giorni in un carcere nella capitale, probabilmente la prigione di Abu Salim, teatro di violenze ripetutamente denunciate da Amnesty International e del massacro di 1.200 prigionieri politici nel 1996, o nelle immediate vicinanze. Poi, lo scorso 21 agosto, la liberazione. Gli insorti durante la loro avanzata hanno man mano spalancato le porte delle carceri liberando tutti i detenuti anti-Gheddafi, e tra questi anche i tre italiani. Testimoni raccontano che erano «molto scossi» e che hanno riferito di aver subito «violenze» durante la detenzione. Indossavano stivali e borse militari. Una volta liberi comunque, i tre italiani sono stati presi in consegna dai ribelli, che li hanno accompagnati all’Hotel Corinthia di Tripoli, dove si trovano anche molti degli inviati italiani e internazionali che stanno raccontando la guerra. Sabato i tre – assieme ai quattro giornalisti italiani rapiti due giorni fa dai gheddafiani – torneranno in patria a bordo di una nave che salperà da Tripoli. Tra gli episodi di carceri «liberate» dai ribelli si ha notizia della prigione di Maya, a circa 25 chilometri a ovest della capitale. Nella prigione erano rinchiusi detenuti anti-Gheddafi. Molti erano particolarmente magri e alcuni avevano segni di torture. I prigionieri erano rinchiusi in 20 in celle di nove metri quadrati, in un’afa soffocante.
TRIPOLI – Muammar Gheddafi potrebbe essere in Algeria, dove nella notte tra il 26 e il 27 agosto è arrivato un convoglio di sei auto blindate. A riferire del passaggio del corteo è stata l’agenzia egiziana Mena, ma la notizia non è stata confermata da fonti algerine. Mena cita come fonte un’unità militare dei ribelli di stanza nella città di Ghadames, vicino alla frontiera con l’Algeria (guarda la mappa): il convoglio di auto blindate avrebbe attraversato la frontiera il 26 agosto durante il giorno, e sarebbe stato scortato da un commando armato di nomadi del deserto che sembrano essere agli ordini del raìs. Le stesse fonti affermano che i ribelli non sarebbero stati in grado di fermare il convoglio.
L’Algeria ha voluto mantenere un atteggiamento “neutrale” nel conflitto civile del Paese confinante e, di conseguenza, non ha voluto riconoscere il Consiglio nazionale transitorio quale interlocutore.
Venerdì 26 agosto fonti dell’Eliseo avevano affermato che Muammar Gheddafi era stato localizzato a Sirte.
Intanto è giallo sui tre italiani che hanno passato un mese nelle carceri di Muammar Gheddafi in condizioni molto dure per esser liberati solo tra il 21 e il 22 agosto, quando i ribelli sono avanzati verso Tripoli riuscendo poi a conquistare la capitale. Lo riferiscono fonti diplomatiche contattate dall’Ansa. I tre, secondo quanto si apprende, erano entrati in Libia dalla Tunisia ma sono stati arrestati dalle milizie lealiste che controllavano la zona. Sono poi stati trasferiti in un carcere a Tripoli o nelle vicinanze. Al momento della liberazione, quando gli insorti durante la loro avanzata hanno man mano liberato dalle carceri che incontravano i detenuti anti-Gheddafi, i tre sono apparsi “molto scossi” e hanno riferito di aver subito “violenze” durante la detenzione. Interpellate su alcune indiscrezioni che indicavano i tre connazionali come ‘contractor’, le stesse fonti diplomatiche hanno fermamente smentito la circostanza.
Anche il Ministero degli Esteri e quello dell’Interno hanno smentito che siano agenti di sicurezza privata.
L’inviato di SkyTG24 in Libia Gianluca Ales (guarda il video in alto), che ha avuto modo di parlare con loro, ha detto che i tre italiani hanno ammesso di lavorare nel settore della sicurezza, ma hanno negato di essere contractor.
Una volta liberi comunque, i tre sono stati presi in consegna dai ribelli, che li hanno accompagnati all’Hotel Corinthia di Tripoli, dove si trovano anche molti degli inviati italiani e internazionali che stanno raccontando la guerra e davanti al quale il 25 agosto si è verificata una sparatoria ripresa dalle telecamere di SkyTG24.
In giornata i tre – assieme ai quattro giornalisti italiani rapiti due giorni fa dai gheddafiani – torneranno in patria a bordo di una nave che salperà da Tripoli.
Redazione online
SkyTg24