La storia – Il personaggio usato per preparare la bambina ad affrontare la realtà. Gli psicologi, lo zio e i nonni: la nuova vita della piccola Parolisi. Le telefonate dal carcere del padre
Melania Rea con la piccola Vittoria (Photomasi) |
SOMMA VESUVIANA – In un angolo della memoria, si porterà Tarzan sempre appollaiato. E forse un giorno non saprà più il perché. L’ha consigliato la psicologa a nonni e zii, la sua famiglia da quando mamma Melania è stata ammazzata e papà Salvatore incarcerato con l’accusa di esserne l’assassino: «Dovete spiegarle qualcosa prima che vada al nido, prima che gli altri bambini le parlino: provate col cartone animato». Al nido, Vittoria andrà solo tra un anno: ma zio Michele, il fratello di mamma che fa l’aviere ed è il pilastro di casa Rea in questo infinito terremoto emotivo, è andato già a comprarle il dvd disneyano del 1999, quello con le splendide musiche di Phil Collins e il cattivo ghepardo Sabor, nemico del re della giungla. Le spiegheranno che un cucciolo d’uomo, coraggioso come lei, può perdere i genitori ed essere allevato da una famiglia di scimmie, amorevoli come loro.
Michele Rea mostra il tatuaggio in ricordo della sorella uccisa (Milestone Media) |
Michele ha preso il film con grande anticipo per prepararsi, entrare nella parte senza il rischio di scoppiare a piangere davanti alla bambina: «Si tratta di gestire una normalità che non sarà mai normale. Guardi Vittoria che cresce ogni giorno, e ogni giorno ti chiedi cosa avrebbe detto Melania, cosa avrebbe fatto Melania al posto nostro». Tutto, nella palazzina gialla di via Pomintella dove vive da sempre la famiglia d’origine di Melania Rea, sta in bilico attorno a questo scricciolo col caschetto castano, che ogni tanto esce stretta alla mano di nonna Vittoria per andare a fare la spesa, torna e l’aiuta a spolverare con lo straccetto, «come una bambina grande». Vittoria è un nome del destino per le donne di famiglia. Si chiama Vittoria la madre di Melania, che adesso fa da mamma alla bambina. Si chiama Vittoria la madre di Salvatore Parolisi, chiuso nel carcere di Castrogno in attesa di una decisione della Cassazione. Tra qualche giorno la corte dovrebbe pronunciarsi sull’istanza di liberazione: alla sola ipotesi, dolore puro in casa Rea, pura speranza in casa Parolisi, tensione attorno alla bambina presa in mezzo a questa sorda appendice d’una tragedia.
In casa Rea, da nonno Gennaro e nonna Vittoria, che ne hanno chiesto l’affido temporaneo, la piccola Vittoria mima la normale vita d’ogni giorno di una bambina che il 16 ottobre compirà due anni. Ma, appunto, la mima: la normalità non può abitare con lei. Si sveglia presto, nella culla accanto al lettone, «nonna, andiamo a mangiare!». Mangiare le piace tanto, la pastasciutta a pranzo tantissimo. Ogni mattina, guarda la foto della madre su una colonnina in salone e la bacia, «ciao, mamma», le dice: subito però passando oltre, senza più la fitta di vuoto degli inizi, come se davvero la mamma fosse ormai quella foto , presente in altra forma. Casa Rea è il santuario di mamma Melania, un santuario da cui papà Salvatore è stato ovviamente cancellato. Lei, la piccola Vittoria, ne è la vestale inconsapevole. Ha per stanza dei giochi l’antica cameretta da ragazza di sua madre, identica a com’era: e lì, della madre, ritrova i poster, la musica, i peluche e soprattutto quel gran cagnone con gli occhi acquosi, che era il suo pupazzo preferito. Al cagnone canticchia la Ninnananna degli animaletti, dorme ogni bimbo/ di questo mondo , mentre nonno Gennaro si tiene in forma correndo sul tapis roulant lì accanto e a volte, certo, le parla della mamma, quasi senza accorgersene.
Una scena dal «Tarzan» della Disney |
Pure Melania cantava sempre, cantava con lei, quando lei era così piccola che non sa più se è successo davvero, ma è successo eccome, tutto quest’amore attorno sta a ricordarle appunto un ricordo che non ha. In giardino, tra piscina, altalena e cavallo a dondolo, le hanno montato la cucina di plastica che Melania le aveva comprato prima di Pasqua e che non ha fatto in tempo a regalarle: «da mamma per te». I cuginetti Imma e Peppe con cui rincorrersi strillando e la macchina elettrica di Peppe da espropriare a furia di capricci sono forse le sole varianti che, non derivando dalla vita di sua madre, la allontanano davvero da questo mondo provvisorio che la protegge e pure la imprigiona.
Tutta Somma Vesuviana, quarantamila anime spalmate tra periferie vulcaniche, imprigiona del resto premurosamente la casa di via Pomintella e ha già condannato il papà di Vittoria, «che nei bar chiamano solo O’piezz’emmè, non serve tradurre», ci spiega Carmela Davino, anima del locale quotidiano online Il Mediano . Nulla può essere normale, nel cuore straziato di nonno Gennaro quando, attento a non farsi sentire, si sfoga: «Glielo diremo eccome, chi era suo padre». Nulla, perfino nella saggezza lungimirante di zio Michele, quando invece dice: «Da grande dovrà sapere che fino all’ultimo non abbiamo creduto un assassino il padre». Nulla può essere normale, infine, un giorno a settimana, quel giorno , quando la vita di Vittoria viene rovesciata come un calzino.
Salvatore Parolisi e la sorella Franca al funerale di Melania (Fotogramma) |
Alla porta dei Rea bussa zia Franca, la sorella bella e forte di papà Salvatore, tra i cui capelli bruni lui nascose volto e vergogna il giorno del funerale. «Mi succedesse qualcosa, pensa tu a mia figlia», le raccomandò mamma Melania come in una premonizione. «Cose che si dicono tanto per dire», minimizzano i Rea. Lei ha trovato un accordo difficile con zio Michele, e perciò suona adesso il campanello. Dicono i Rea che ormai Vittoria piange quando zia Franca la porta via, abituata com’è a via Pomintella; ma bisognerebbe sentire cosa dicono i Parolisi, che invece non parlano mai. Mezz’ora di macchina con la zia, e Vittoria è a Frattamaggiore, nella più umile casa dei nonni paterni, in un mondo alla rovescia dove resta un giorno e una notte alla settimana e dove tutto quello che vale a Somma qui non può valere. Perché qui suo padre non è stato cancellato, anzi. Le telefona puntuale dal carcere, le sussurra qualche coccola: sa solo Dio trovando dove la forza, con l’anima senza centro di gravità che si ritrova e lo porta un giorno a scrivere dalla cella invocando il perdono di Melania e un altro giorno a riscrivere promettendo eterno amore a Ludovica, la ragazza per la quale s’è perduto. Tornando a via Pomintella dopo ventiquattr’ore così, Vittoria trova ad attenderla cioccolatini e caramelle, giochi e braccialetti, centrini e camicette, un bazar di doni spedito qui per lei da tutta Somma ma anche da New York, da mezza Napoli ma anche dal Canada o dalla Germania: orfana adottata dal mondo. A passettini veloci attraversa la sala. E saluta con una bacio la foto sulla colonna, la sua mamma.
Goffredo Buccini