Tempesta sull’istituto di Francoforte. Il membro tedesco del comitato esecutivo si dimette in disaccordo sul soccorso ai Paesi in difficoltà
FRANCOFORTE – Le tensioni sui debiti sovrani nell’ area dell’ Euro provocano un terremoto senza precedenti al vertice della Bce. Si è dimesso nel pomeriggio il tedesco Juergen Stark, capo economista e uomo chiave all’Eurotower, acceso critico del piano di acquisto di titoli di Stato dei paesi in difficoltà, a partire da Italia e Spagna. E sebbene non si tratti della prima defezione di tedeschi in contrasto con i piani di aiuto – per lo stesso motivo, nell’aprile scorso, aveva lasciato l’ex presidente della Bundesbank, Axel Weber – è il «timing» di questo nuovo annuncio a gelare un’ Europa già angosciata dalle ipotesi di fallimento della moneta unica oltre che di default dei singoli Stati.
L’OPERAIO TEDESCO E IL PESCATORE GRECO – La notizia ha affossato listini, creato fibrillazione sui bond e schiacciato l’Euro ai minimi sui timori che la mossa di Stark preceda la scelta della Germania di dire «no» al sostegno di Btp e Bonos dando ascolto al gruppo di battaglieri economisti conservatori e intercettando le paure profonde del Paese-guida dell’Eurozona. Perchè secondo l’immagine più di frequente utilizzata da i commentatori «l’operaio tedesco non ne vuol sapere di pagare il conto del pescatore greco» .
IL COMUNICATO: «MOTIVI PERSONALI» – È servita a poco la prudenza della Bce che nella nota ufficiale ha spiegato le dimissioni con «motivi personali». Il presidente uscente della Bce Jean Claude Trichet – che si è personalmente speso per garantire il sostegno dell’istituto centrale ai paesi in difficoltà e rassicurare al tempo stesso il governo Merkel e la Francia di Sarkozy – ha ringraziato Stark per il suo contributo all’unità europea e ha espresso la sua «personale gratitudine al banchiere centrale tedesco ricordando il lavoro comune per quasi 20 anni». Angela Merkel ha ringraziato Stark per aver contribuito a quella «cultura della stabilità» della quale l’Europa ha beneficiato.
IL SUCCESSORE – A sostituire Stark nell’esecutivo della Bce sarà il vice ministro delle finanze tedesco Joerg Asmussen. Stark , 63 anni, «l’uomo del rigore» come è stato spesso definito, lascia dopo poco più di cinque anni l’esecutivo nel quale entrò il primo giugno 2006 dopo una vita nelle istituzioni pubbliche. È stato funzionario presso il dipartimento per le Politiche economiche del ministero dell’Economia e sottosegretario alle finanze, consigliere di amministrazione di società pubbliche e ha ricoperto per due mandati la vicepresidenza della Bundesbank.
LA RICOSTRUZIONE DELLA «FAZ» – Ci sono proprio gli acquisti di titoli di Stato italiani e spagnoli, o meglio la mancata volontà di assumere la responsabilità di ulteriori rastrellamentj sul mercato secondario, dietro le dimissioni di Juergen Stark. Lo scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), riportando fonti anonime vicine allo stesso economista tedesco che ricordano come da maggio la Bce abbia acquisito più di 130 miliardi di euro di bond di Paesi in difficoltà. Sin dall’inizio Stark aveva votato contro l’iniziativa, insieme all’allora presidente di Bundesbank Axel Weber. La misura, per Stark, è risultata colma quando, ad agosto, la Bce ha approvato con 23 voti su 27 l’acquisto di Btp e Bonos. Solo Stark, con il nuovo presidente di Bundesbank, Jens Weidmann, e altri due governatori di banche nazionali, hanno votato contro.
LA NOTIZIA PIOMBA AL G7, DRAGHI NON COMMENTA – Si è aperto nel peggiore dei modi il G7 a Marsiglia con la notizia della spaccatura nella Bce, le Borse a picco, l’euro ai minimi. Il governatore della Banca d’Italia e presto presidente della Bce Mario Draghi ha fatto sapere di non voler commentare l’accaduto. Secondo alcune indiscrezioni, le intenzioni di Stark sarebbero emerse già nel direttivo Bce di giovedì a Francoforte al termine del quale il governatore della Banca d’Italia si è recato a palazzo Chigi per un incontro di circa trenta minuti con il premier Silvio Berlusconi
MARCEGAGLIA E PASSERA : SIAMO A RISCHIO – Sale l’allarme sull’immediato futuro del Paese tra gli imprenditori e i banchieri italiani. Per la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia «il nostro Paese è in pericolo» e il governo, se non riesce a far di più, dovrebbe trarne le conseguenze. E per Corrado Passera che guida la prima banca italiana, Intesa Sanpaolo, «all’Italia serve un piano per la crescita: o il governo Berlusconi lo mette in atto o meglio cambiare».
Paola Pica