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Casini incalza: «Si vada a votare». Ma Berlusconi: «Non ci dimettiamo». Berlusconi: «Lascio solo se sfiduciato»

Il presidente della Camera: «Berlusconi non può considerarsi al di sopra della legge». Il leader Udc: «Ragionevole la previsione di Formigoni». E Fini: «Il governo non sa che pesci prendere». Fini: «non può considerarsi al di sopra della legge». Casini: «Governo assente, si voti». Il leader del Pdl: «Restiamo qui fino alla fine. E faremo le riforme che gli alleati non ci hanno mai lasciato fare»

Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini (Fotogramma)

ROMA – Berlusconi non si dimette. Lo farebbe «solo in presenza di un voto di sfiducia», un’eventualità che tuttavia il premier ritiene «da escludere» perché quella di cui dispone è «una maggioranza solida e coesa». Intervenendo telefonicamente ad una festa del suo partito in provincia di Cuneo, il Cavaliere ha lanciato un messaggio chiaro, dentro e fuori alla sua maggioranza: se volete che me ne vada, costringetemi a farlo. Il capo del governo ha ostentato sicurezza e ha risposto indirettamente a Pier Ferdinando Casini che, riprendendo le parole del governatore lombardo Roberto Formigoni, era tornato ad evocare l’ipotesi di elezioni anticipate: «Non vedo come si possa andare avanti con un governo che davanti all’emergenza sociale è assente, indifferente. Noi abbiamo fatto di tutto per stimolare gli uomini di buona volontà del Pdl ma alle affermazioni private non corrispondono fatti pubblici, quindi meglio lo sbocco elettorale». «Governeremo ancora per tutto l’anno e mezzo che manca alla fine della legislatura» ha invece puntualizzato il premier. Di più: «E vinceremo anche la prossima sfida» perché l’opposizione «non ha il nostro stesso credito», è «sempre nelle mani dei comunisti» e «non ha alcun personaggio credibile con cui si possa anche solo dialogare».

LE RIFORME MANCATE – Berlusconi ha ribadito l’intenzione di procedere a passo svelto sulla via delle riforme, a partire da quella della Giustizia e del Fisco. E’ tornato a contestare l’uso delle intercettazioni, parlando dell’Italia come di un paese che non è davvero libero perché «quando chiamate qualcuno dal vostro telefono sentite la morsa di uno stato di polizia e questo vi fa sentire cittadini di uno Stato che non vi tutela». E ha ribadito che la manovra lacrime e sangue è stata imposta dall’Europa e che i cambiamenti in corso d’opera, dopo un varo frettoloso imposto dalla Bce, erano stati annunciati fin dall’inizio. Ma ha anche lanciato staffilate nei confronti di Fini e dei suoi, mai citati esplicitamente, indicati come capro espiatorio per la mancata attuazione delle riforme «che dal ’94 rientrano nei nostri programmi». «Perché non le abbiamo fatte in tutto questo tempo – si è chiesto il capo del Pdl -? Perché nella nostra maggioranza abbiamo sempre avuto persone che si sono opposte».

L’AFFONDO DI FINI – Gianfranco Fini, dal canto suo, intervistato da Maria Latella su SkyTg24 aveva a sua volta attaccato il presidente del consiglio, spiegando tra l’altro di non essersi stupito nel vedere «un noto faccendiere» scendere dall’aereo presidenziale a Panama, con evidente riferimento a Valter Lavitola, uomo chiave nel caso Tarantini sui presunti ricatti a sfondo sessuale ai danni del premier stesso. «La politica o da buon esempio o perde credibilità – ha detto il presidente della Camera parlando proprio delle reticenze di Berlusconi a chiarire la vicenda su cui indaga la procura partenopea -. Nella vicenda del premier che non si è voluto recare a Napoli, la cosa che ha dato fastidio è che nessun cittadino può pensare di non aver il dovere di rispettare una norma o una regola. Se ti chiamano a testimoniare, ci deve andare». «Dare l’esempio – ha poi rimarcato – significa tante cose, anche non considerarsi al di sopra della legge». Ma Fini non ha risparmiato anche critiche alla politica portata avanti dall’esecutivo in materia di contrasto alla crisi economica-finanziaria: «Non mancano le ricette, ci sono intere biblioteche – ha detto il numero uno di Montecitorio -. Confindustria chiede giustamente riforme strutturali» ma «il problema è che questa maggioranza non sa che pesci prendere».

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Ansa)

BERLUSCONI NON SI DIMETTE. Lo farebbe «solo in presenza di un voto di sfiducia», un’eventualità che tuttavia il premier ritiene «da escludere» perché quella di cui dispone è «una maggioranza meno numerosa» rispetto all’inizio di legislatura, prima cioé della diaspora di Futuro e Libertà, «ma più solida e più coesa». Intervenendo telefonicamente ad una festa del suo partito in provincia di Cuneo, il Cavaliere ha lanciato un messaggio chiaro, dentro e fuori alla sua maggioranza: se volete che me ne vada, costringetemi a farlo. Il capo del governo ha ostentato sicurezza e ha risposto indirettamente a Pier Ferdinando Casini che, riprendendo le parole del governatore lombardo Roberto Formigoni, era tornato ad evocare l’ipotesi di elezioni anticipate: «Non vedo come si possa andare avanti con un governo che davanti all’emergenza sociale è assente, indifferente. Noi abbiamo fatto di tutto per stimolare gli uomini di buona volontà del Pdl ma alle affermazioni private non corrispondono fatti pubblici, quindi meglio lo sbocco elettorale». «Governeremo ancora per tutto l’anno e mezzo che manca alla fine della legislatura» ha invece puntualizzato il premier. Di più: «E vinceremo anche la prossima sfida» perché l’opposizione «non ha il nostro stesso credito», è «sempre nelle mani dei comunisti» e «non ha alcun personaggio credibile con cui si possa anche solo dialogare».

LE RIFORME MANCATE – Berlusconi ha ribadito l’intenzione di procedere a passo svelto sulla via delle riforme, a partire da quella della Giustizia e del Fisco. E’ tornato a contestare l’uso delle intercettazioni, parlando dell’Italia come di un paese che non è davvero libero perché «quando chiamate qualcuno dal vostro telefono sentite la morsa di uno stato di polizia e questo vi fa sentire cittadini di uno Stato che non vi tutela». E ha ribadito che la manovra lacrime e sangue è stata imposta dall’Europa e che i cambiamenti in corso d’opera, dopo un varo frettoloso imposto dalla Bce, erano stati annunciati fin dall’inizio. Ma ha anche lanciato staffilate nei confronti di Fini e dei suoi, mai citati esplicitamente, indicati come capro espiatorio per la mancata attuazione delle riforme «che dal ’94 rientrano nei nostri programmi». «Perché non le abbiamo fatte in tutto questo tempo – si è chiesto il capo del Pdl -? Perché nella nostra maggioranza abbiamo sempre avuto persone che si sono opposte».

L’AFFONDO DI FINI – Gianfranco Fini, dal canto suo, intervistato da Maria Latella su SkyTg24 aveva a sua volta attaccato il presidente del consiglio, spiegando tra l’altro di non essersi stupito nel vedere «un noto faccendiere» scendere dall’aereo presidenziale a Panama, con evidente riferimento a Valter Lavitola, uomo chiave nel caso Tarantini sui presunti ricatti a sfondo sessuale ai danni del premier stesso. «La politica o da buon esempio o perde credibilità – ha detto il presidente della Camera parlando proprio delle reticenze di Berlusconi a chiarire la vicenda su cui indaga la procura partenopea -. Nella vicenda del premier che non si è voluto recare a Napoli, la cosa che ha dato fastidio è che nessun cittadino può pensare di non aver il dovere di rispettare una norma o una regola. Se ti chiamano a testimoniare, ci deve andare». «Dare l’esempio – ha poi rimarcato – significa tante cose, anche non considerarsi al di sopra della legge». Ma Fini non ha risparmiato anche critiche alla politica portata avanti dall’esecutivo in materia di contrasto alla crisi economica-finanziaria: «Non mancano le ricette, ci sono intere biblioteche – ha detto il numero uno di Montecitorio -. Confindustria chiede giustamente riforme strutturali» ma «il problema è che questa maggioranza non sa che pesci prendere».

Alessandro Sala

Al. S.

Casini incalza: «Si vada a votare». Ma Berlusconi: «Non ci dimettiamo». Berlusconi: «Lascio solo se sfiduciato»ultima modifica: 2011-09-25T13:14:53+02:00da
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