Informati Subito

Caso Tarantini, «indagare il premier, Berlusconi sapeva che erano escort»

SCARCERATO L’IMPRENDITORE, CONFERMATO Il MANDATO D’ARRESTO PER LAVITOLA. La decisione del Riesame: la competenza è di Bari. Berlusconi adesso rischia l’incriminazione. Il Riesame: Tarantini copriva il premier. Il Cavaliere avrebbe istigato Gianpi a mentire al pm

MILANO – «Voglio solo andare a casa e abbracciare le mie bambine»: ha detto Gianpaolo Tarantini ai cronisti lasciando il carcere di Poggioreale, dopo l’ annullamento dell’ordinanza cautelare deciso martedì notte dal Tribunale del Riesame di Napoli. L’imprenditore è poi salito a bordo dell’auto del suo legale, avvocato Ivan Filippelli, ed è partito alla volta di Roma.

BERLUSCONI – Adesso si ribalta il ruolo del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, nell’inchiesta dei pm di Napoli sul presunto ricatto ai suoi danni da parte di Giampaolo Tarantini, della moglie Angela Devenuto e del direttore dell’AvantiValter Lavitola. Da testimone-parte offesa diventa quasi certo indagato per aver indotto l’imprenditore barese a riferire il falso ai magistrati. Tarantini ha lasciato nella notte di lunedì il carcere. La decisione del tribunale del Riesame di Napoli giunge dopo 14 ore di Camera di Consiglio e cinque minuti prima della mezzanotte quando sarebbero scaduti i termini. E l’esito rappresenta l’ennesimo colpo di scena dell’inchiesta sul presunto ricatto al premier Silvio Berlusconi.

LA POSIZIONE DEL PREMIER – Per i magistrati del Riesame, infatti, Berlusconi non è da ritenersi vittima di un ricatto bensì responsabile del reato previsto dall’articolo 377 bis del codice penale, ovvero, per aver istigato un indagato, nel caso specifico l’imprenditore Giampaolo Tarantini, a fare dichiarazioni false all’autorità giudiziaria. Il tribunale ha disposto la scarcerazione di Tarantini e ha invece confermato l’ordine di custodia che era stato emesso dal gip a carico di Valter Lavitola, latitante a Panama. Nei confronti del direttore dell’Avanti , spiegano i giudici del Riesame, c’è «un elevatissimo rischio di recidiva specifica, desumibile dalla gravità dei fatti in contestazione ma anche dalle peculiari modalità esecutive del reato, avendo l’indagato dimostrato la propria capacità di continuare a delinquere pur trovandosi dall’altro capo del mondo».

LA COMPETENZA – Un’altra decisione del Riesame scioglie uno dei nodi più complessi di questo procedimento ovvero la questione della competenza territoriale: secondo l’ordinanza emessa nella notte infatti a procedere nell’indagine dovrà essere la procura della repubblica di Bari. Il processo dovrà quindi lasciare Napoli. L’ufficio giudiziario del capoluogo pugliese è ritenuto competente in quanto in quella sede si sarebbero verificate le prime affermazioni mendaci fatte da Tarantini. Sul presunto ricatto intanto è stato aperto un fascicolo anche dalla procura di Roma che era stata ritenuta competente dal gip di Napoli Amelia Primavera a procedere per quanto riguarda l’estorsione contestata a Tarantini e a Lavitola. Si chiude il secondo set della partita della competenza sull’inchiesta sui presunti ricatti al premier. La decisione del Tribunale del Riesame di Napoli, giunta nella notte tra lunedì e martedì riporta a Bari le indagini. Ora giungono le motivazioni: «Tarantini avrebbe agito in base a una promessa (anche tacita) coprendo il premier». Non solo. Berlusconi, sostengono i giudici del Riesame, era pienamente «consapevole» del fatto che le ragazze portate nelle sue residenze dall’imprenditore pugliese erano delle escort. L’inchiesta torna a Bari, nella città di Tarantini, ma anche di Patrizia D’Addario, dove la vicenda ha preso le mosse. Qui è infatti incardinato il processo per sfruttamento della prostituzione a carico dello stesso Tarantini e di altri sette imputati da cui potevano emergere elementi compromettenti per il premier Berlusconi. Ed è per celare intercettazioni e per ammorbidire versioni delle persone coinvolte, che Berlusconi potrebbe essere stato indotto a pagare Tarantini attraverso Lavitola.

IL RIESAME – Nelle trenta pagine con cui i giudici di Napoli hanno motivato l’ordinanza di trasmissione degli atti a Bari, si esclude la natura estorsiva della complessa vicenda al centro dell’indagine avviata dalla Procura di Napoli. Analizzando gli elementi raccolti nella fase di indagine, le intercettazioni e le dichiarazioni dei vari testimoni i giudici sostengono che «la condotta processuale fin dall’origine assunta da Tarantini, volta a tenere il più possibile indenne il presidente del Consiglio da verosimili danni alla sua immagine pubblica derivanti dalla divulgazione dei risvolti più sconvenienti del processo pendente presso l’a.g. barese è stata indotta dalla promessa (anche tacita o facta concludentia quali la nomina e la retribuzione di un avvocato indicato dal suo entourage) da parte del premier di farsi carico della situazione di Tarantini». Secondo i giudici del Riesame questa condotta «posta in essere da Silvio Berlusconi – scrivono i giudici nell’ordinanza – con il concorso in qualità di intermediario di Valter Lavitola nei confronti di Tarantini appare perfettamente rispondente al paradigma legislativo di cui all’articolo 377 bis c.p.». Esiste dunque per i giudici l’ipotesi di un reato di istigazione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. «In considerazione della qualità di destinatario dell’induzione» a rendere false dichiarazioni ai magistrati «assunta da Tarantini», la sua condotta, secondo il tribunale del Riesame di Napoli, «deve ritenersi non punibile». E la moglie, Angela Devenuto detta Nicla, è «totalmente estranea all’unica fattispecie di reato che il Collegio ha ritenuto configurabile».

SMENTITA LA BENEFICENZA – La giustificazione delle somme di denaro elargite da Silvio Berlusconi a Gianpaolo Tarantini fornita dal premier e dall’imprenditore ai magistrati («spirito di liberalità e solidarietà del presidente del Consiglio nei confronti di un soggetto trovatosi in gravi difficoltà economiche») viene poi rispedita al mittente dal Riesame, perché «inevitabilmente smentita non solo da una serie di argomentazioni di ordine logico, ma anche da una pluralità di circostanze di fatto emergenti dagli atti».

LAVITOLA – Nei confronti di Valter Lavitola c’è «un elevatissimo rischio di recidiva specifica, desumibile dalla gravità dei fatti in contestazione ma anche dalle peculiari modalità esecutive del reato, avendo l’indagato dimostrato la propria capacità di continuare a delinquere pur trovandosi dall’altro capo del mondo». I giudici definiscono quella del direttore de L’Avanti «una personalità assolutamente allarmante, dimostratasi in grado – attraverso l’attuazione di un abile doppio gioco – di perseguire il proprio utile personale non solo a scapito del destinatario della condotta delittuosa (Tarantini, ndr) ma addirittura in danno del concorrente nel medesimo reato (Berlusconi, ndr). Non va dimenticato, infatti, che Lavitola, una volta ottenuta la disponibilità delle ingenti somme messe da Berlusconi a disposizione di Tarantini, risulta averne trattenuta la maggior parte, reimpiegandola nelle proprie attività imprenditoriali». Sempre a proposito di Lavitola i giudici scrivono che «pur essendo intervenuto in una fase successiva al perfezionamento del reato, ha continuativamente fornito un prezioso ed insostituibile contributo affinchè la promessa di Berlusconi, nella fase attuativa, fosse effettivamente mantenuta, anche al di fine di garantire, nella continuità delle elargizioni, la conservazione della sua efficacia persuasiva nei confronti di Tarantini, in vista delle successive occasioni di cui questi sarebbe stato chiamato a rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria».

GLI SCENARI FUTURI – Gli scenari: nelle prossime ore i pm Curcio, Piscitelli e Woodcock si riuniranno con il procuratore aggiunto Francesco Greco per studiare il provvedimento del Riesame e concordare il da farsi. Avendo i pm di Napoli già trasmesso il fascicolo nei giorni scorsi alla Procura di Roma (che ha iscritto nel registro degli indagati Valter Lavitola, Tarantini e la moglie per estorsione), spetterebbe ai pm capitolini «girare» le carte ai colleghi baresi. Ma la Procura di Roma potrebbe non condividere le valutazioni del Riesame e sollevare il contrasto davanti alla Procura generale della Cassazione. O, ancora, ammesso che Roma invii il fascicolo a Bari, non è escluso che quei pm lo trasmettano a loro volta a Lecce, dove si indaga sui presunti ritardi nell’inchiesta sulle escort. Sembra escluso che a una eventuale iscrizione di Berlusconi nel registro degli indagati possa procedere la Procura di Napoli, «anche se – commenta Greco – la questione dovrà essere approfondita».

Redazione Online

Caso Tarantini, «indagare il premier, Berlusconi sapeva che erano escort»ultima modifica: 2011-09-27T15:22:21+02:00da
Reposta per primo quest’articolo