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La fronda di Pisanu e Scajola. L’idea di un Berlusconi bis

Il caso. Intesa nella cena dei 17: forse faremo un documento

Claudio Scajola e Giuseppe Pisanu (Ansa)

ROMA – Vittorio Feltri invita a non sottovalutarli: Scajola e Pisanu, dice, «rappresentano una minaccia seria nell’arte di pugnalare alle spalle, non sono gli ultimi arrivati, sono democristiani». Loro, i due esponenti del Pdl da tempo in posizione critica l’uno soprattutto rispetto al partito, l’altro anche nei confronti del premier, al quale ha chiesto un passo indietro, oggi in Parlamento da tutti vengono indicati come i possibili congiurati. Gli uomini che potrebbero davvero far cadere il governo in quello che già viene evocato come «un nuovo 14 dicembre», ma stavolta a esito rovesciato.

Va detto che i loro movimenti sono proprio quelli di chi desta sospetti: Beppe Pisanu da giorni incontra scontenti, delusi, arrabbiati esponenti del Pdl che vanno a chiedergli cosa fare e come e quando. Ma soprattutto, non è un segreto che – in sintonia con Claudio Scajola che ha incontrato mercoledì sera al ristorante Il Cantuccio (davanti al Senato, tanto per non nascondersi) – stia tessendo la tela con i centristi di Casini, con Gianfranco Fini (al quale ha fatto visita anche per sottoporgli l’idea di una sua lista, in caso di voto anticipato, dal nome possibile «Centro democratico cristiano»), con pezzi di Pd. Obiettivo? Un «governo di transizione», composto da un centrodestra allargato al Terzo polo o con tutti dentro, che sia «interlocutore naturale» di quel «soggetto per ora sociale e culturale» che si formerà a Todi dall’incontro tra le associazioni cattoliche di diverse anime.
Pensieri ad alta voce, di chi esclude che «un progetto di questo genere possa passare per mezzucci o escamotage parlamentari, come trabocchetti nel voto segreto…». Se svolta sarà insomma, giura Pisanu, sarà «alla luce del sole».

Parole che in qualche modo sottoscrive anche Claudio Scajola. L’ex ministro – forte del consenso di un nutrito drappello di parlamentari a lui fedeli – dice chiaro e tondo che «in questo momento c’è da mettere assieme le forze migliori». Non arriva alle estreme conseguenze evocate da Pisanu, Scajola. Ma anche lui non nasconde affatto il lavorio per canalizzare il diffuso scontento di decine di deputati con i quali parla, si confronta, si organizza. Con 16 di loro, mercoledì sera, si è incontrato a cena in un ristorante a pochi passi da Montecitorio. C’erano Paolo Scarpa Bonazza Buora, Berruti, Cicu, Testoni, Giustina Destro, Russo, De Camillis, Tortoli, Antonione, Scandroglio, Cassinelli, Gava, Nicolucci, Abrignani, Lauro, Orsi, alcuni suoi fedelissimi, altri interessati a «discutere». C’erano gli arrabbiati pronti a «rompere subito, ora», che ha dovuto frenare, e quelli cauti perché «senza un approdo certo, dove andiamo? Rischiamo di finire dritti al voto senza uno straccio di partito che ci candidi».

Il giorno dopo la riunione fioccano le ipotesi su quello che sta per succedere: è pronto un documento che chiede un Berlusconi bis e un nuovo governo allargato ai centristi, e «ha almeno 25 firme», il che vorrebbe dire che la sfiducia è cosa fatta; no, forse ci si «limiterà» alla creazione di gruppi autonomi; no, probabilmente si farà un appello accorato perché si rilanci l’economia con un decreto sviluppo sostanzioso e ricco; no, magari basterà un incontro con Berlusconi per trovare un nuovo assetto nel partito che soddisfi tutti.

Lui, Scajola, non scopre le carte: «Documento? Ma no, non c’è ancora niente di scritto. Certo è un’ipotesi, non lo nego… Stiamo discutendo con degli amici di quello che non va, è vero che c’è molto scontento, e siccome non ci sono le sedi per farlo ci incontriamo anche a cena: vogliono attaccarmi per questo?». E su Alfano: «È stato accolto con entusiasmo, ma ora è il momento di pilotare davvero… Perché il Paese è in assoluta difficoltà, i rischi sono enormi, il disagio nel partito tanto…».
Insomma, la partita è in corso, ma il risultato è ancora molto aperto. Silvio Berlusconi si mostra sicuro: «Claudio non mi tradirà, è sempre stato mio amico». I suoi non ne sono così convinti: «Lui e Pisanu potrebbero davvero essere pronti a staccare la spina – dice un fedelissimo del premier -. Ma che convenienza avrebbero gli altri ad andar loro dietro?». Gli «altri», nei calcoli di via dell’Umiltà, sarebbero «come scajoliani duri e puri una decina di deputati, sui quali stiamo lavorando…», perché «una cosa è portare la gente a cena, altra farla votare contro il governo. E noi non stiamo certo con le mani in mano in queste ore».

È guerra di nervi, insomma. E di numeri. E c’è chi vive come un incubo i prossimi passaggi: il ddl intercettazioni in caso di voto segreto o di fiducia, il Def, il decreto sviluppo: il governo potrebbe andare sotto per un incidente «in qualunque momento», convengono tutti. Ma Scajola assicura che, se accadesse, non sarebbe lui il Bruto: «Qualunque mossa io possa compiere, la farò a viso aperto. Non sono uno che ha paura, io».

 

Paola Di Caro

La fronda di Pisanu e Scajola. L’idea di un Berlusconi bisultima modifica: 2011-10-07T08:15:17+02:00da
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