Potrebbe essere presentato un nuovo provvedimento. Berlusconi domani parlerà alla Camera. Il capo dello Stato: «Serve una verifica della maggioranza».
ROMA – Nessun passo indietro . La strategia del governo è andare avanti, nonostante la bocciatura alla Camera dell’articolo 1 del rendiconto dello Stato. Silvio Berlusconi chiederà la fiducia alla Camera giovedì alle 11, subito dopo aver concluso un consiglio dei ministri. La verifica verrà votata venerdì. La Giunta per il regolamento della Camera si è già espressa per quel che riguarda il provvedimento presentato martedì. «L’iter è concluso». La palla è passata ai capogruppo che, dopo una riunione con il presidente della Camera Gianfranco Fini, hanno deciso di far parlare Berlusconi giovedì e non oggi. Una decisione che non piace alla maggioranza. Tanto che il capogruppo della Lega, Marco Reguzzoni accusa Fini di essere «di parte non consentendo al governo di riferire in data odierna». Secondo l’esponente del Carroccio «ha espresso valutazioni politiche in una sede istituzionale sul comportamento del governo, valutazioni che non competono al presidente della Camera». In ogni caso il co-fondatore del Pdl ed ex alleato del premier si recherà al Quirinale, su invito dell’opposizione, per spiegare come sia diventato difficile, vista la situazione in cui versa la maggioranza, garantire il normale andamento dei lavori parlamentari. In particolare Fini dovrebbe spiegare al Capo dello Stato le ragioni dell’opposizione secondo cui non è possibile procedere alle comunicazioni del presidente del Consiglio dopo la bocciatura dell’articolo 1 del rendiconto 2010.
IL CAPO DELLO STATO– Ed è proprio Napolitano, in una nota, a chiedere una «risposta credibile» anche per «capire se la maggioranza è in grado di operare», dopo il voto martedì. In altre parole, «la mancata approvazione dell’articolo 1 del Rendiconto Generale dell’Amministrazione dello Stato, e, negli ultimi tempi, l’innegabile manifestarsi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione suscitano interrogativi e preoccupazioni i cui riflessi istituzionali non possono sfuggire». Dunque, «la questione che si pone è se la maggioranza di governo ricompostasi nel giugno scorso con l’apporto di un nuovo gruppo sia in grado di operare con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili come l’insieme delle decisioni di bilancio e soluzioni adeguate per i problemi più urgenti del paese, anche in rapporto agli impegni e obblighi europei. È ai soggetti che ne sono costituzionalmente responsabili, Presidente del Consiglio e Parlamento, che spetta una risposta credibile».
IL REGOLAMENTO – E la maggioranza ha accolto l’appello del capo dello Stato. Il premier si presenterà in Parlamento per porre la fiducia a un nuovo provvedimento. Già perché, secondo la Giunta per la regolamentazione, l’iter dell’attuale legge «può considerarsi concluso», visto che si tratta di una norma legata alla Costituzione.
BERLUSCONI- Ma il presidente del Consiglio non ci sta a fare un passo indietro. Nonostante la rabbia provata a Montecitorio. L’intenzione è quella di chiedere la fiducia. La decisione è stata presa dopo un vertice di quattro ore a Palazzo Grazioli. Riuniti Pdl, Lega e Responsabili. Pronti quindi a trovare una exit strategy. E sarà lo stesso Berlusconi a chiedere la fiducia. « Far cadere il governo nel mezzo di questa crisi economica sarebbe da irresponsabili», sarebbe uno degli argomenti che vorrebbe utilizzare il premier. La sua idea, insomma, è quella di non prestare il fianco alle opposizione e «dimostrare di avere i numeri. Li sbugiarderemo». Si presenterà giovedì in Parlamento per un discorso programmatico di pochi punti sul rilancio dell’attività di governo. Intanto i lavori in Senato sul Documento di economia e finanza vanno avanti con le proteste dell’opposizione.
MONTECITORIO- Insomma quella di martedì è stata una giornata da dimenticare. Il governo è stato battuto di un solo voto, obbligando a sospendere la seduta. Accuse a chi non c’era (in primis a Giulio Tremonti che durante la votazione risultava in missione). E caos nella maggioranza. Anche se molti esponenti di Pdl e Lega hanno cercato di minimizzare. «Incidente tecnico», hanno ripetuto. Esistono solo due precedenti. Ed entrambi portarono il presidente del consiglio in carica a rassegnare le dimissioni al capo dello Stato. Il primo risale al 1988 quando il governo Goria venne battuto per l’ennesima volta su un emendamento al Bilancio. L’altro riguarda Giulio Andreotti. Ma il governo è compatto: nessun passo indietro.
AVENTINO – Ma anche il Pd non molla. Il Partito democratico diserterà infatti questo pomeriggio le commissioni della Camera e chiederà la sospensione dei lavori. L’ordine, a quanto si è appreso, è partito dal capogruppo a Montecitorio, Dario Franceschini.
Più in generale le opposizioni, dall’Udc al Pd a Idv, stanno valutando se dare un segnale politico e istituzionale, disertando l’aula durante le comunicazioni del premier sulla fiducia e non partecipando al voto.
Redazione Online