Nel fascicolo degli indagati cinque nomi, tra cui quello di don Verzé. La Guardia di finanza negli uffici di presidenza, nella residenza dei «Sigilli», in uffici, abitazioni e yach.
MILANO – Dopo l’arresto del faccendiere Piero Daccò, sono venti le perquisizioni effettuate, in Lombardia, Liguria e Marche, dalla Guardia di Finanza, nell’ambito dell’inchiesta sull’ospedale San Raffaele, creatura di don Luigi Verzé, disposte dai pm meneghini Luigi Orsi, Laura Pedio e Gaetano Ruta. Si tratta di società collegate, a vario titolo, con l’istituto sanitario milanese. Uffici, abitazioni e persino yacht, tutti intestati alla fondazione Monte Tabor o a persone vicine alla struttura di don Luigi Verzé. Perquisiti tra l’altro l’ufficio e l’abitazione di Daniela Maria Cattelan, la segretaria particolare del sacerdote-manager, e due yacht di Daccò, «Amerika-London» e «Ad Maiora», ormeggiati rispettivamente ad Ancona e a Lavagna, oltre agli uffici della società di revisione Argos, depositaria delle società estere di Daccò. L’indagine, che nelle ultime ore ha visto un’accelerazione con il fermo del faccendiere Piero Daccò e l’iscrizione di nuovi indagati, punta a far luce su presunti fondi neri. Sembra sia stata perquisita anche la «Cascina», la residenza adiacente alla struttura ospedaliera. La Cascina è la residenza dei «Sigilli», ovvero la «famiglia» che vive con don Verzé: una decina di persone, in gran parte dipendenti e dirigenti della Fondazione Monte Tabor. Tecnicamente, i Sigilli, sono i «soci dedicati» dell’Associazione Monte Tabor.
GLI ALTRI INDAGATI – Cinque le persone indagate dalla Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta per bancarotta dell’ospedale San Raffaele. E tra queste, anche il fondatore dell’ospedale, il 91enne, Don Luigi Verzè. Secondo quanto riportato, oggi, dal Corriere della Sera, l’inchiesta per la bancarotta da 1 miliardo e mezzo dell’istituto, sarebbe a una svolta significativa. Che si traduce anche con l’arresto del mediatore d’affari Piero Daccò, per pericolo di fuga. L’udienza di convalida si terrà giovedì o venerdì: la data dev’essere ancora stabilita dal gip Vincenzo Tutinelli. Il faccendiere avrebbe sottratto dalle casse del San Raffaele 3 milioni di euro. Secondo i pm milanesi, che martedì hanno interrogato fino a tarda notte i costruttori Zammarchi (anche loro indagati), sono tre gli episodi di concorso in bancarotta e in uno di essi risulta indagato anche il prete-manager. È la prima volta che Verzè compare come coindagato di Daccò per l’ipotesi di concorso in bancarotta. Nel registro degli indagati si aggiunge il nome dell’ex direttore finanziario Mario Valsecchi, a cui veniva contestato anche il reato di false fatturazioni. Sono indagati anche i costruttori Pierino e Giovanni Luca Giammarchi (padre e figlio), titolari di società che hanno fatto lavori per decine di milioni di euro per conto del San Raffaele.
LA TELEFONATA – Piero Daccò è stato tradito da una telefonata da cui si evinceva l’intenzione di trasferirsi definitivamente in Svizzera. Da tempo gli investigatori seguivano i suoi movimenti e ne valutavano il possibile arresto perché Daccò faceva la spola da Lugano a Milano, ma non si fermava mai a dormire in Italia. La procura ha deciso di fermarlo quando ha scoperto che stava per fuggire definitivamente. La telefonata intercettata ha dunque accelerato le indagini e l’intermediario è stato bloccato per strada, individuato grazie a una cella telefonica. Il fermo è stato tenuto il più segreto possibile appunto perché erano previste le perquisizioni presso l’ospedale e presso altre società.