Il decreto «salva-italia» verso l’approvazione. Nel pomeriggio il via libera finale. Il capo del governo: «L’appoggio dei partiti politici è superiore a quello che viene dichiarato». L’Idv conferma il no
ROMA – La manovra economica del governo Monti è in dirittura di arrivo. Al Senato è iniziata la discussione sul provvedimento su cui il governo ha chiesto la fiducia. Una volta approvato, il cosiddetto decreto «salva-Italia» passerà alla firma del capo dello Stato per poi diventare legge con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il testo sarà votato da Pd e Pdl, ma non dalla Lega – che mercoledì si è resa protagonista di una rumorosa protesta nell’Aula di Palazzo Madama che ha costretto il presidente Renato Schifani a sospendere la seduta – e dall’Italia dei valori. Non votando la fiducia i dodici senatori dipietristi tolgono dunque di fatto il sostegno all’esecutivo a quello che ancora oggi Elio Lanutti ha definito «il governo dei banchieri». L’Idv aveva invece votato la fiducia il 17 novembre. Il pallottoliere dice dunque che i no alla fine dovrebbero essere 37. Il Pdl voterà a favore seppure con qualche mal di pancia: intervenendo alla cena natalizia dei senatori pidiellini lo stesso Silvio Berlusconi ha lanciato un avvertimento all’esecutivo spiegando che se continuerà la politica di inasprimento fiscale l’appoggio del centrodestra finirebbe con il venire meno, con conseguente ritorno alle urne.
«SERVE DISCIPLINA FINANZIARIA» - «Non c’è crescita senza disciplina finanziaria» ha sottolineato il premier Monti intervenendo prima del voto. Il premier ha spiegato che il debito pubblico accumulato dall’Italia in decenni è bilanciato dalla presenza di un forte patrimonio pubblico e privato. «Ma i mercati ragionano spesso in termini di sostenibilità del debito». Monti ha spiegato che «l’aumento delle tasse purtroppo necessario» è stato studiato «più sul fonte dei patrimoni» al fine di farli «partecipare allo sforzo di sostenere l’economia italiana» e questo, ha sottolineato, «rende infondato e ripetitivo lo slogan: “Pagano sempre i soliti”». Monti ha poi parlato di interventi in un’ottica di lungo periodo, di «decisioni a carattere strategico» e ha ribadito l’impegno ad intervenire a breve anche sulle liberalizzazioni, inizialmente inserite nel decreto ma poi stralciate. «Abbiamo fatto tutto quello che è stato possibile fare nel volgere di sole due settimane» ha puntualizzato il presidente del Consiglio.
LA «FASE 2» – Per quanto riguarda la nuova fase di azione del governo, Monti ha evidenziato la necessità di intervenire sul mercato del lavoro, «che richiede per sua natura un maggiore dialogo con le parti sociali e per questo avremo un’agenda strutturata di incontri tematici con le parti sociali». Ci sarà poi «un approfondimento sui temi della spesa pubblica, a partire dalle amministrazioni centrali dello Stato. Sarà lavoro di mesi e non di giorni ma anche un’opera che porterà risultati duraturi». Così come «il lavoro sullo sviluppo e sulla crescita che presenteremo a breve e che saranno l’asse portante della nostra azione». Anche perché, ha spiegato Monti, «godiamo dai partiti che ci sostengono un appoggio più grande rispetto a quanto gli stessi partiti dichiarano pubblicamente». Il capo dell’esecutivo ha ringraziato le forze politiche che lo sostengono sottolineando di essere ben consapevole di quanto questo possa costare loro in termini di popolarità presso l’elettorato e di rinuncia al perseguimento dei propri obiettivi politici «nell’interesse dell’Italia».
IL TIMING – Dopo il premier interverranno i leader dei diversi gruppi per le dichiarazioni finali. Una volta approvato, il decreto «Salva Italia» sarà convertito in legge e passerà al Quirinale per la firma del Presidente della Repubblica che ne autorizzerà l’entrata in vigore con la promulgazione e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
IL NUMERO LEGALE – Il Senato nella prima ricognizione effettuata questa mattina non era in numero legale quindi, dopo la verifica, la vicepresidente di turno, Rosy Mauro, ha sospeso la seduta fino alle 9.25, per dare il tempo a un numero sufficiente di senatori di arrivare. E così è stato.