Alla sbarra anche altri 17 imputati, tra cui gli imprenditori Iorio. La decisione del gup: a processo l’ex capo della squadra mobile di Napoli per favoreggiamento e abuso d’ufficio
NAPOLI – A processo l’uomo che ha catturato il «re» dei Casalesi, Michele Zagaria (e prima di lui l’altra primula rossa del clan, Antonio Iovine). Si tratta di Vittorio Pisani, ex dirigente della squadra mobile di Napoli, attualmente allo Servizio centrale operativo di Roma. È stato rinviato a giudizio con l’accusa di rivelazione di segreto, favoreggiamento, abuso d’ufficio e falso. Questa la decisione del gup di Napoli Francesca Ferri. Il giudice ha accolto integralmente le richieste dei pm Amato e Parascandolo rinviando a giudizio anche gli altri 17 imputati, tra i quali i fratelli Marco, Massimiliano e Carmine Iorio nonchè l’ex contrabbandiere e usuraio Mario Potenza con i figli Bruno, Salvatore e Assunta.
PRIMA UDIENZA – Il processo comincerà a Napoli il 24 gennaio prossimo davanti alla settima sezione del Tribunale collegio A.
IL COMUNE È PARTE CIVILE – Nel dibattimento il Comune di Napoli sarà parte civile. La richiesta fu avanzata il 15 dicembre dal legale di palazzo San Giacomo Giuseppe Dardo e venne accolta dal gup Ferri, nonostante l’eccezione sollevata dal collegio difensivo degli imputati.
LE ACCUSE DELLA PROCURA – L’inchiesta parte dal presunto riciclaggio di denaro sporco da parte del clan di camorra Lo Russo in lussuosi ristoranti del lungomare di Napoli. Nel comunicato diffuso quando scattò il blitz, il 30 giugno scorso, il procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico e l’allora capo della Procura Giovandomenico Lepore scrivevano: «Si è accertato che il dottor Vittorio Pisani era da anni a conoscenza del reimpiego dei capitali illeciti da parte di Marco Iorio (imprenditore nel settore ristorazione, ndr) e non solo non ha mai effettuato alcuna indagine, né redatto alcuna comunicazione di notizie di reato, ma ha intrattenuto quotidiani rapporti amicali con questo ultimo, frequentando il ristorante Regina Margherita». Il testo proseguiva: «Le indagini hanno rivelato anche qualcosa di più grave, che attiene al comportamento tenuto proprio in relazione alle indagini in corso, da parte del dirigente della Mobile, il quale si è fortemente speso in difesa dell’amico Iorio, tenendo comportamenti decisamente contrari ai doveri connessi con l’alto ruolo ancora oggi rivestito».
FABIO CANNAVARO E LA SOCIETA’ DI IORIO – Non solo: tra i soci della catena di ristorazione nel mirino dei pm, figurava anche Fabio Cannavaro, ex capitano della Nazionale azzurra di calcio. Nel momento dell’ingresso in società, Cannavaro – che non è indagato – ha affermato di aver conferito «150 mila o 200 mila euro». Successivamente, nell’interrogatorio in Procura, il campione del mondo sostenne di essersi intestato «per amicizia» quote fittizie di una società dell’imprenditore Marco Iorio. L’ex calciatore affermò che si era trattato di una «cortesia personale fatta ad una persona che non potevo mai immaginare potesse essere quella che appare oggi per effetto delle indagini».
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