Filippo Patroni Griffi, ministro per la Pubblica amministrazione, nel 2008 acquistò dall’Inps un casa vicina al Colosseo ad un prezzo scontatissimo come immobile “non di pregio”. Dopo un lungo braccio di ferro con l’istituto previdenziale davanti a Tar e Consulta, l’abitazione “popolare” di 109 metri quadrati è costata solo 177mila euro. Per il Catasto l’immobile è in un’area “ballerina”, cioè a rischio sismico, ma è nel pieno centro di Roma. L’ambiguità del ministro: il successore di Brunetta ha un doppio stipendio eppure attacca i privilegi. DISMISSIONI CONTESTATE. Stimati 463 milioni, il presidente Blandini si è ‘accontentato’ di 260.
ROMA – Annuncia una Pubblica amministrazione «efficiente e trasparente», promette di tagliare le auto blu anche agli enti locali e di non ammettere deroghe al tetto per gli stipendi dei manager pubblici ma proprio lui, Filippo Patroni Griffi, potrebbe provocare il nuovo strappo all’immagine di rigore e correttezza del governo Monti, dopo le dimissioni del sottosegretario Carlo Malinconico.
Il fatto è che sul ministro per la Pubblica amministrazione pesa la storia della casa al quartiere Monti, vicino al Colosseo, acquistata dall’Inps nel 2008 ad un prezzo scontatissimo come immobile «non di pregio». E per il Catasto a rischio sismico, anche se la capitale di terremoti non ne ha mai visti. Dopo un lungo braccio di ferro con l’istituto previdenziale davanti a Tar e Consulta, l’abitazione «popolare» di 109 metri quadrati è costata solo 177mila euro.
Da settimane a perseguitare Patroni Griffi non è solo l’accostamento con Malinconico, ma soprattutto quello con la famosa casa di Claudio Scajola: stessa vista sull’Anfiteatro Flavio, pagata cinque volte di più. L’ex ministro del governo Berlusconi è finito nei guai giudiziari e si è dovuto dimettere perché nel 2004 tirò fuori appena 600mila euro per 180 metri quadri, mentre un milione e 100 mila euro per i magistrati li avrebbe versati l’imprenditore Diego Anemone. Ora Patroni Griffi si trova a dover giustificare un privilegio calcolato 1.630 euro al metro quadrato. Ma respinge ogni parallelo. «Credo siano situazioni molto diverse- dicela mia vicenda non è assimilabile. Non è personale, ma ha riguardato tutti gli acquirenti degli enti previdenziali di tutta Italia, secondo parametri fissati per legge, quindi è una situazione diffusa e generalizzata».
Quanto alla vicenda Malinconico, prima delle dimissioni Patroni Griffi si dice sicuro che tutto si chiarirà ma evita altri commenti: «Vorrei rispondere di faccende che riguardano me». Il ministro chiede anche di non dimenticare, per la storia della casa al Colosseo, i tanti «anni di professionalità » alle sue spalle. Anni di prestigiosi incarichi nella Pubblica amministrazione in cui, e questa è un’altra spina nel fianco, è diventato un campione del doppio stipendio, mantenendo sempre la sua retribuzione da consigliere di Stato fuori ruolo e aggiungendo di volta in volta quella degli altri ruoli in ministeri e autorità. Ecco perché crea qualche imbarazzo che proprio lui si occupi ora di mettere fine allo scandalo del cumulo degli stipendi, autotagliandosi la retribuzione. Patroni Griffi era ieri all’audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Lavoro della Camera.
Auspica, sul tetto per i compensi dei manager pubblici pari allo stipendio del Primo presidente della Cassazione (305mila euro lordi l’anno), che non ci siano deroghe. La norma riguarderà anche lui, che guadagnerà di meno. Nel decreto «Salva-Italia» è stato infatti inserito, in sede di conversione, il terzo comma che prevede possibili deroghe per le posizioni apicali di alcune amministrazioni. Ma Patroni Griffi si augura che nel testo «quasi pronto per essere inviato alle Camere» vi sia «l’applicazione a tutti i soggetti interessati, con una riduzione automatica al tetto fissato».
Quanto ai tagli delle auto blu, per il ministro bisogna «estirpare l’idea» che «siano uno status symbol ».Sono,invece,«un mezzo operativo per consentire di lavorare meglio all’ufficio». Dopo il 20 gennaio ci sarà una verifica degli effettivi risparmi per sapere quanto si è speso nel 2011 e qual è il costo attuale delle auto di servizio. Sulla riorganizzazione della pubblica amministrazione e l’individuazione delle eccedenze, il ministro annuncia che punterà sulla mobilità. «Anche se una cosa è spostare una persona dal quartiere Prati all’Eur,altra cosa da Vercelli a Catania». Si guarda bene dal citare il quartiere Monti.
Anna Maria Greco

ROMA – Dismissione del patrimonio immobiliare per un valore che potrebbe essere addirittura la metà di quello reale. C’è un’altra vicenda che rischia di mettere in imbarazzo le istituzioni. Perché riguarda la gestione della Siae, l’Ente pubblico che si occupa dei diritti d’autore, affidata a Gaetano Blandini, ex direttore del settore «Cinema» del ministero dei Beni culturali. Anche lui, come Carlo Malinconico, era molto legato al Provveditore Angelo Balducci e ai suoi amici, in particolare Diego Anemone. Sono le intercettazioni dell’inchiesta che nel febbraio 2009 portò in carcere molti componenti della «cricca» dei Grandi Eventi a raccontare questi rapporti, con Blandini che segnala una persona da assumere e in cambio si adopera per le società di produzione gestite dalle mogli di Balducci e Anemone. Ma finanzia anche un film dove recita Lorenzo Balducci. Nove mesi dopo Blandini viene nominato direttore generale della Siae. E adesso la sue scelte amministrative rischiano di finire all’attenzione della magistratura.
La «perdita» di 203 milioni di euro
Accade tutto il 28 dicembre scorso, periodo di festività natalizie. Quel giorno viene firmato un atto notarile che dispone la cessione dei palazzi del Fondo Pensioni della Siae a un misterioso «Fondo Aida». Si tratta di sei immobili che si trovano a Roma. Il prezzo viene fissato in 80 milioni di euro. Ed ecco la prima stranezza. Il valore di mercato è in realtà ben più alto e potrebbe crescere ulteriormente tenendo conto che il decreto del governo prevede la rivalutazione degli estimi catastali. In ogni caso nel bilancio 2010 il valore era già stato indicato in 103 milioni di euro e dunque la perdita secca già equivale a 23 milioni di euro. Non basta. Anche gli immobili della Siae vengono ceduti e confluiscono nel «Fondo Norma». Prezzo concordato: 180 milioni di euro, ma il valore dei palazzi è già stato stimato in 360 milioni di euro, esattamente il doppio. L’intera operazione finanziaria è affidata alla «Sorgente Group» e prevede che entro il prossimo 31 gennaio il 100 per cento di «Aida» venga acquisito dal «Norma».
I conti sono presto fatti: a fronte di stabili stimati complessivamente 463 milioni di euro, gli introiti risultano pari a 260 milioni. Perché questa differenza? E soprattutto qual è il vantaggio di questa dismissione totale? Sono le domande rivolte dai sindacati che rappresentano i 1.200 dipendenti e i pensionati proprio a Blandini, ma al momento nessuna risposta è arrivata. Anzi, con una lettera firmata il 3 gennaio scorso, il direttore generale specifica che «le scelte amministrative, tutte improntate al più rigoroso rispetto della legalità e alla ricerca della massima efficienza gestionale, non sono oggetto di confronto o di informativa». Eppure già in passato la gestione Blandini aveva generato perplessità negli organi di vigilanza. Basti pensare che nel bilancio 2010 del Fondo Pensioni era stata messa in consuntivo una perdita pari a 18 milioni di euro, ma il collegio dei revisori non l’aveva certificata ritenendo di non «poter condividere» le motivazioni che avevano causato il «buco» nei conti.
«Sorgente Group» e l’affitto stellare
Sono diversi i misteri che ancora avvolgono questa vicenda. La prima riguarda l’affitto che la Siae dovrà versare per gli uffici della Direzione Generale dell’Eur. Si tratta di ben 600 mila euro annui e – facendo le debite proporzioni – i sindacati vogliono adesso sapere quanto si dovrà sborsare per tutti gli altri uffici sparsi in tutta Italia. La seconda, altrettanto seria, attiene al pagamento di stipendi e Tfr. Secondo l’accordo del 28 dicembre entro il prossimo 31 gennaio sarà stipulata una polizza assicurativa con la Società Allianz Ras di 86 milioni di euro per il pagamento delle pensioni. Ma il resto? Secondo lo statuto sono proprio gli immobili a garantire il pagamento dei salari e delle liquidazioni. Dunque, che cosa accadrà adesso?
L’ulteriore enigma da chiarire riguarda il ruolo di «Sorgente Group» che secondo il sito Internet ufficiale «è una società di diritto italiano al vertice di un gruppo che opera nel settore della finanza immobiliare con quattro società di gestione del risparmio (in Italia, Svizzera, Lussemburgo e Stati Uniti) e con 25 società immobiliari». Perché si è scelto di affidarsi a questa azienda e poi far confluire gli immobili nei fondi «Aida» e «Norma»? E soprattutto, perché si è scelto di procedere a trattativa privata, nonostante già in passato ci fossero offerte di acquisto ben più alte per gli immobili? Silvano Conti, coordinatore nazionale della Cgil per i lavoratori del settore, non va per il sottile: «Attendiamo le risposte di Blandini, altrimenti siamo pronti a presentare un esposto alla magistratura. Noi siamo qui per garantire i lavoratori, i pensionati e dunque l’Azienda, ma abbiamo il timore forte che queste alienazioni abbiano uno scopo preciso: creare in maniera artificiosa condizioni di crisi che poi portano alla privatizzazione. Un percorso inaccettabile perché soltanto la certezza che rimanga Ente pubblico consentirà di garantire una distribuzione equa dei diritti tra grandi Major e piccoli autori, come è sempre stato fatto fino ad ora».