Sale a cinque il bilancio delle vittime del naufragio. Due corpi avvistati nella parte sommersa della nave. Il commissario di bordo estratto dalla Costa Concordia. «La notte dell’incidente ha aiutato molte persone a salvarsi»
GROSSETO – Sale a cinque il bilancio delle vittime accertate del naufragio della nave da crociera Costa Concordia di fronte all’isola del Giglio. I sommozzatori hanno infatti avvistato due cadaveri nella parte sommersa della nave. I corpi rintracciati dai sub apparterrebbero a due uomini anziani, che avevano addosso il giubbotto di salvataggio. Per rintracciare le persone che ancora mancano all’appello si lavora senza sosta. E non si fermano le indagini sull’accaduto. I soccorritori sono riusciti ad estrarre dal gigante dei mari il capo commissario di bordo Manrico Giampedroni. L’uomo è stato individuato e raggiunto domenica mattina in una cabina dai vigili del fuoco, sul ponte 3.
TRE IN SALVO – Complessa e spettacolare l’operazione di salvataggio: Giampedroni, ferito a una gamba, è stato caricato su una barella, opportunamente immobilizzato, e a sua volta caricato su un elicottero direttamente dalla nave con un verricello. Prima dell’ufficiale, altre due persone, una coppia di sudcoreani 29enni in luna di miele, sono state salvate. I due erano stati individuati, come il commissario di bordo, grazie alle voci provenienti dall’interno della loro cabina. Voci che i vigili stanno sentendo ancora. Il che lascerebbe pensare che ci sono altre persone vive e bloccate a bordo della Concordia.
CHI MANCA ALL’APPELLO – A mancare all’appello, sono, come si diceva, ancora più di dieci persone. Prima che venissero avvistati dai sommozzatori i due cadaveri, il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, aveva parlato di 17 dispersi, «11 passeggeri e 6 membri dell’equipaggio» di cui non si hanno notizie. Tra questi ci sono due riminesi (un uomo di circa 30 anni e la figlia di 5) e un anziano di origini sarde. Le due vittime avvistate dai sub si aggiungono alle tre già accertate sabato, e cioè due turisti francesi, Francis Serve e Jean-Pierre Micheaud, e un marinaio peruviano, Thomas Alberto Costiglia.
NAVE A 150 METRI DALLA RIVA – Le indagini proseguono e sono tese a stabilire, tra le altre cose, se il comandante abbia voluto seguire la prassi marinara dell’«inchino», che consiste nel far passare una nave vicino un porto e salutare con la sirena le persone a terra. Emergono in queste ore sempre nuovi particolari sull’incidente. E a fornirli è soprattutto il procuratore della Repubblica di Grosseto Francesco Verusio,titolare dell’inchiesta sul naufragio. Secondo il magistrato l’allarme «è stato lanciato dalla nave intorno alle 22,42 e alle 22,43 mentre l’impatto si era verificato circa un’ora prima». «La nave – ha chiarito anche il procuratore – era a soli 150 metri dalla riva. Una distanza incredibilmente vicina». La Concordia, dunque, ha urtato uno scoglio, in un punto dove «il fondale è irregolare, molto scosceso, non è piatto, né sabbioso ma denso di rocce e scogli. Quindi molto pericoloso da transitare». Anche per questo, è stato spiegato, l’inchiesta intende approfondire eventuali elementi di negligenza da parte del capitano della nave.
COMANDANTE SOTTO ACCUSA – La Procura di Grosseto ha confermato le gravi accuse (omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono della nave) per il comandante Francesco Schettino, che ha trascorso la prima notte in carcere e rischia fino a 15 anni per aver condotto la nave fuori rotta a ridosso dell’isola causando il tragico incidente e aver abbandonato la nave senza sovrintendere fino alla fine alle operazioni di soccorso. La “scatola nera” sta fornendo indicazioni utili. «Il comandante della nave ha accostato così tanto l’imbarcazione all’isola del Giglio… non poteva avvicinarsi così tanto all’isola… si è avvicinato così tanto che era inevitabile che questo scoglio se lo trovasse sotto la nave», ha detto il procuratore Verusio, che ha aggiunto: «Questo scoglio ha tranciato la parte laterale della nave, che si è inclinata su un lato». il procuratore di Grosseto ha ribadito che «Schettino ha tenuto una rotta diversa, si è accostato in modo troppo audace e pericoloso alla costa».
PERICOLO DI FUGA – La Procura di Grosseto ha confermato infine che Schettino «non è stato sicuramente l’ultimo a lasciare la nave». I motivi per cui è stato deciso per lui il fermo di polizia giudiziaria sono il pericolo di fuga e il possibile inquinamento delle prove.
IL CAPO COMMISSARIO – Ha una frattura alla gamba ma non è in pericolo di vita Manrico Giampedroni, il 57enne capo commissario di bordo della Costa Concordia, la nave naufragata al Giglio. L’uomo, originario di Ameglia (La Spezia), è stato tratto in salvo con una operazione spettacolare: messo su una barella e immobilizzato, Manrico è stato quindi caricato su un elicottero dei vigili del fuoco con un verricello. «Ho sempre sperato nella salvezza, ho vissuto 36 ore di incubo», le sue prime parole una volta arrivato all’ospedale di Grosseto. È la terza persona tratta in salvo, dopo la coppia di sudcoreani soccorsi nella notte tra sabato e domenica.
«HA AIUTATO MOLTE PERSONE» – Venerdì sera il capo commissario di bordo si è adoperato per ore a bordo della nave dei sogni naufragata per aiutare la gente a salire sulle scialuppe. Poi dal ponte, Giampedroni è sceso al piano sottostante per verificare se ci fosse ancora qualcuno. Ma è scivolato e si è rotto una gamba, per questo è rimasto bloccato nel ristorante del terzo ponte. A raccontarlo è stata la madre dell’ufficiale di bordo, la signora Giampetroni raggiunta al telefono dall’emittente locale ligure Primocanale. «Ci tengo a dire una cosa – ha raccontato la donna -: oggi l’ho sentito, mi ha detto di avere aiutato molte persone a salire sulle scialuppe di salvataggio. Era mezzanotte. Poi è andato a cercare nelle cabine se era rimasto qualcuno. Ma è scivolato e si è rotto una gamba, rimanendo bloccato». Giampedroni lavora con la Costa a da quando aveva 18 anni. È stato macchinista, poi è diventato «hotel director» con la qualifica di capo commissario.