La notte del naufragio della costa concordia. La serata di Schettino con Domnica. I testimoni: hanno bevuto almeno un decanter. Poi al timone la «sfida» dell’inchino.
L’intervista – Domnica Cemortan, 24 anni, dipendente della compagnia: gli devo la vita. La hostess moldava: mi ha chiamata per gli annunci in russo.
In primo piano il passeggero Angelo Fabbri e alle sue spalle in fondo la bionda al tavolo con Schettino. Il comandante della nave è coperto da Fabbri (foto dal Secolo XIX) |
GROSSETO – Una misteriosa donna straniera (la moldava Cemortan, si è scoperto successivamente) era con Schettino nell’esclusivo ristorante Club Concordia la notte del naufragio. La 25enne Domnica è stata fotografata casualmente da un passeggero, il naufrago savonese Angelo Fabbri, a cena con il comandante. Lo stesso passeggero, emerge adesso, ha notato il comandante bere diversi bicchieri di vino. Lo riportano Il Secolo XIX e Repubblica. Al tavolo dell’esclusivo ristorante Club Costa quella sera sedevano il comandante, una signora bionda dall’accento straniero e un altro ufficiale della nave. Più tardi Domnica avrebbe accompagnato Schettino in plancia. Una cena a tre dunque, con una donna che il comandante davanti agli inquirenti non ha negato di conoscere, provando comunque a sostenere che la giovane fosse a bordo con il marito.
LA SERATA – Ricostruendo la serata di Schettino emerge quindi che almeno fino alle 21,05 il comandante sarebbe rimasto nell’esclusivo ristorante in compagnia della giovane moldava e del maitre, mangiando cibi prelibati e bevendo pregiato vino rosso. «Almeno un intero decanter», racconta il passeggero Fabbri. «Ridevano, c’era confidenza tra loro, grande allegria. Il vino? Non c’è dubbio che abbiamo bevuto, almeno tutto il decanter, le ultime gocce sono state versate nel bicchiere del comandante». Dopo la cena, Schettino, la Cemortan e il maitre si sarebbero recati tutti e tre nella sala comandi. Alcuni testimoni ricordano la donna vicina al timone, altri nel salottino qualche metro più in là. Poco importa. Fatto sta che a un certo punto il comandante della nave si sarebbe messo al timone, considerando Domnica e il maitre come pubblico privilegiato della «sfida» che si apprestava ad affrontare: l’inchino al Giglio vicino, troppo vicino, alla costa.
LA TELEFONATA E LA VIRATA – In plancia una atmosfera goliardica, dunque, nella quale bene si inserisce la telefonata del maitre all’ex ufficiale Palombo per annunciare l’omaggio alla sua isola. Le indagini sul timone, completamente virato a dritta come se la nave, arrivando ad alta velocità, dovesse evitare l’ostacolo all’ultimo momento, dimostrerebbero che Schettino non si accorse, se non in extremis, dello scoglio.
GROSSETO — Domnica Cemortan balla in punta di piedi sulla verità. «Mi hanno telefonato le mie amiche dall’Italia e adesso ho capito tutto. Avanti, tanto lo so cosa mi vuole chiedere». La prima domanda non doveva essere necessariamente questa, comunque la risposta anticipa ogni obiezione. «Non sono l’amante del comandante Schettino. Lo sa perché? Lui mostra sempre a tutti la foto della figlia quand’era piccola. Un uomo che vuole un’amante non si comporta così ». La voce è esile, rivela un certo disagio e forse non potrebbe essere altrimenti. Mi sento ferita e raggirata, dice. Le foto dell’ultima cena sulla Costa Concordia e la sua presenza sulla plancia di comando hanno scatenato un putiferio di illazioni e ammiccamenti, valutazioni sulla sua vicinanza al comandante della nave crociera, facendole indossare per poche ore i panni della «misteriosa moldava».
Lei si considera più una «romanca». Ha cominciato a studiare danza classica a Chisinau, ma ha trascorso quasi la metà dei suoi 24 anni a Bucarest. Doppio passaporto, perché la cittadinanza romena consente libera circolazione in Europa. Le origini moldave emergono quando parla dei «russi» con un trasporto pari allo zero. «È colpa loro. Sono stati i russi a fare le foto, a raccontare cose false, a dire che gli ufficiali bevevano con le hostess ed erano ubriachi. Ma quando? Sulle navi di Costa Crociere ci sono videocamere in ogni angolo. Se beccano qualcuno dell’equipaggio che beve in servizio lo licenziano subito». Quando è stata contattata dall’edizione moldava del quotidiano di Bucarest Adevarul, che in italiano significa «la verità», credeva di raccontare la sua esperienza di naufraga. «E certe domande invece mi sembravano strane». Poi ha guardato Internet. Poi ha parlato con le sue amiche rimaste in Italia. E ha capito. «Ci sono almeno dieci testimoni che possono confermare quel che le sto per dire. È vero, al momento dell’urto contro lo scoglio c’erano alcuni ufficiali al nostro tavolo nel ristorante sul ponte 3. È quello il posto dove mangiano. Ma è falso che il comandante fosse con noi. Era passato prima e si era fermato poco, ma non ricordo con precisione l’ora esatta. Almeno mezz’ora prima, credo. Quando si sono spente le luci, con i passeggeri che urlavano, è stato un ufficiale a dirmi di seguirlo in plancia. Aveva bisogno di dare istruzioni ai passeggeri, c’erano tanti russi a bordo e il russo è la mia seconda lingua. Certo che ero vicina a Schettino: traducevo quel che lui mi diceva di dire». Domnica si ferma all’improvviso, come se aspettasse un’altra domanda. Se davvero è stata sorpresa dall’insistenza dei colleghi moldavi su alcuni punti, il tempo dello stupore è durato poco.
«Ripetevo in russo quel che lui o il suo vice mi dicevano in italiano. Tornate nelle cabine, è solo un guasto all’impianto elettrico. L’ultima frase l’ho ripetuta una decina di volte. Sì, le comunicazioni ai passeggeri erano di questo genere. Mi dispiace, io non potevo sapere quel che stava succedendo». È difficile immaginarsela, una Domnica che parla da lontano, quale espressione abbia sul viso. Ma l’attenzione che mette nel puntualizzare denota piena coscienza della delicatezza di certi passaggi. «Per me il comandante Schettino è un eroe perché nei miei confronti si è comportato da eroe. Io credo che abbia fatto tutto il possibile. Sono sicura che a mezzanotte fosse ancora sul ponte, perché è a quell’ora che ci ha detto di andarcene, di abbandonare la nave. Io e un’altra mia collega abbiamo detto che volevamo restare. Lui ci ha detto di correre via. Siamo salite in coperta e l’ho rivisto solo molto tempo dopo, sull’isola. E poi, mi dica lei cos’è un eroe. Era un eroe quel signore italiano che insultava il marinaio dicendo che doveva partire, anche se la scialuppa era ancora quasi tutta vuota? Dare giudizi è sempre facile». Solo una volta Domnica mostra una palese irritazione. Quando le viene chiesto a che titolo si trovasse sulla nave, la voce sale di un’ottava. «Io ho appena finito un periodo di sei mesi come international hostess, e volevo farmi una crociera da turista con i miei amici che lavorano a bordo. Quali? Non glielo dico. Il biglietto l’ho comprato in Italia, a mie spese. Ho ancora in tasca il pass della cabina. Adesso mi lasci stare. Ho bisogno di tranquillità, magari parlerò ancora tra qualche giorno».
La conversazione è finita. Chiamiamo la collega di Adevarul per ringraziarla del contatto e le riferiamo cosa ci ha detto. Lei ci dice di fare attenzione. Sul sito romeno del suo giornale c’è una intervista alla madre della hostess che racconta candida come sia stato uno dei suoi figli ad acquistare, da Chisinau, non dall’Italia, il biglietto per la crociera. Sulla pagina web campeggia anche l’intervista a tale Alexander Banescu, istruttore di fitness sulla Costa Concordia, che dice di non averli mai visti insieme, ma che lui e il resto dell’equipaggio erano certi della simpatia in corso tra il comandante e la hostess. La sensazione è che le verità di Domnica siano appena cominciate.