Il naufragio Il legale del comandante: le sue decisioni condivise dalla Compagnia. GABRIELLI: ricerche e defueling potranno proseguire contemporaneamente. Una è Maria D’Introno, la giovane sposa che viveva a Biella. Macchia d’olio al largo. Al via lo svuotamento del carburante.
GROSSETO – L’inchiesta sul naufragio della Concordia adesso deve puntare ai vertici della Costa. L’input arriva dal procuratore generale della Toscana e la sensazione è che i pubblici ministeri di Grosseto non possano non tenerne conto. Perché dopo aver parlato esplicitamente di «problemi e incredibili leggerezze compiute a livello di sicurezza e di organizzazione», l’alto magistrato afferma: «Il datore di lavoro è garante e responsabile, occorre spingere lo sguardo sulle scelte fatte dall’armatore». Beniamino Deidda ufficialmente lo nega, ma il suo appare un invito esplicito al titolare del fascicolo, il procuratore Francesco Verusio, a formalizzare il coinvolgimento dei manager con la loro iscrizione nel registro degli indagati. Una mossa che finora non è stata compiuta nonostante il comandante Francesco Schettino abbia raccontato di aver informato il capo dell’Unità di crisi della gravità della situazione e soprattutto di essere stato spinto proprio dalla Compagnia a compiere gli «inchini» come forma di pubblicità.
Già oggi potrebbe essere convocato al palazzo di giustizia Roberto Ferrarini, che la sera della tragedia parlò almeno tre volte con il «capitano» e gli assicurò che avrebbe mandato gli elicotteri, così come gli veniva richiesto. Sarà lui a dover chiarire come mai fu ritardata l’evacuazione della nave, pur dopo aver accertato che era ormai ingovernabile. E non è tutto. Perché Deidda va oltre e fa esplicito riferimento ai massimi responsabili di Costa quando elenca le violazioni compiute. Dichiara il procuratore generale: «La magistratura cerca i nessi causali degli eventi. Per ora l’attenzione generale si è concentrata sulle colpe del comandante, che si è rivelato tragicamente inadeguato. Ma chi lo sceglie il comandante? Occorre spingere lo sguardo sulle scelte fatte a monte dal datore di lavoro e cioè dall’armatore. E poi c’è anche il tema fondamentale della organizzazione della sicurezza: scialuppe che non scendono, personale che non sa cosa fare, scarsa preparazione a gestire l’emergenza, ordini maldestri come quello assurdo di tornare nelle cabine. La confusione che c’è stata rivela un’incredibile trascuratezza nell’applicazione delle norme di sicurezza. Invece questo settore va organizzato prima con esercitazioni e simulazioni, e l’emergenza gestita dopo». Già nei giorni scorsi il magistrato aveva evidenziato come le operazioni di salvataggio avessero rivelato che «il personale adibito al lavoro era raccogliticcio e privo di qualsiasi conoscenza specialistica e che i passeggeri abbandonati a se stessi hanno ricevuto messaggi contrastanti dal comandante e dagli altri ufficiali».
Attacca il procuratore generale, ma anche la difesa di Schettino decide di «sganciarsi» dalla Compagnia. La memoria depositata al giudice in vista dell’incidente probatorio sulla «scatola nera» dall’avvocato Bruno Leporatti si trasforma in una chiamata di correità nei confronti di Ferrarini, ma anche in una richiesta di verifica del funzionamento degli strumenti di bordo visto che proprio il comandante ha parlato di alcune apparecchiature rimaste «spente», nonostante il tentativo di azionarle manualmente. Il legale sottolinea come «le dichiarazioni rese da Schettino sui suoi colloqui di quella sera con il responsabile dell’Unità di crisi hanno aperto ulteriori filoni di indagine che potrebbero ragionevolmente orientarsi nel senso di provocare allargamenti soggettivi dell’inchiesta». Il senso è chiaro: Schettino fornirà ulteriori dettagli per dimostrare che le sue decisioni furono condivise con i manager della Costa e questo porterà inevitabilmente al loro coinvolgimento nell’indagine.
E forse potrebbe anche rivelare il motivo del suo incontro con la donna bionda, avvocato della Compagnia, che lo raggiunse la mattina dopo il naufragio. Venerdì saranno invece interrogati l’ufficiale in seconda Ciro Ambrosio – assistito dagli avvocati Salvatore Catalano e Mattia Lamarra – e la ragazza moldava Domnica Cermontan. E anche loro potrebbero decidere di rivelare nuovi dettagli sul disastro di dieci giorni fa.
IL CORPO RITROVATO – È di Maria D’Introno, la giovane “acquisita” biellese ma originaria di Corato (Bari), uno dei due corpi recuperati lunedì a bordo del relitto della nave Costa Concordia. La giovane trentenne in viaggio di nozze è quindi l’ultimo dei corpi ritrovati a bordo della nave affondata davanti al porto dell’isola del Giglio: il bilancio delle vittime accertate sale a 15.
MACCHIA D’OLIO – Una macchia di olio è stata avvistata al largo dell’isola del Giglio. Il fatto, riferito da alcuni residenti, è stato confermato dalla struttura del commissario per l’emergenza, precisando che si tratta una macchia di 300 metri per 200 circa di olio che sarebbe fuoriuscito nei giorni scorsi o nell’immediatezza dell’incidente della Concordia. uccessivamente il liquido si sarebbe depositato sul fondo e ora starebbe risalendo a galla, a distanza dalla nave, portato dalle correnti. L’Arpat (Agenzia regionale di protezione ambientale della Toscana) ha già prelevato dei campioni per le analisi e i tecnici della Castalia – la società italiana di cui si serve il ministero dell’Ambiente – hanno già nella giornata di oggi cominciato ad intervenire, posizionando le panne assorbenti.