Su «VANITY FAIR». «Franco – racconta Giorgio Panariello – era incazzato con la vita perché in istituto, da solo, c’era stato lui, non io»
![]() |
GIORGIO PANARIELLO |
«Mio fratello potevo essere io». Giorgio Panariello, intervistato da Vanity Fair, che gli dedica la copertina del numero in edicola parla della morte del fratello minore Franco, trovato cadavere la notte di Santo Stefano, in un’aiuola di Viareggio, per un’overdose di eroina. Entrambi abbandonati dalla madre subito dopo la nascita, non hanno mai conosciuto i rispettivi due padri. Solo che Giorgio è stato affidato ai nonni materni, Franco invece e’ finito in un istituto dove ha passato i primi undici anni della sua vita.
«Franco – racconta il comico – era incazzato con la vita perche’ in istituto, da solo, c’era stato lui, non io». Una esperienza di cui ha parlato «poco» perché «aveva un carattere riservato». Ma ha lasciato trapelare «abbastanza da capire che per lui era stato un calvario: i suoi problemi erano nati tutti là dentro. Ogni volta che litigavamo, infatti, tirava fuori il rancore covato in quegli anni di solitudine».
Forse, se fossi stato io al suo posto, dice Giorgio, «avrei fatto la sua stessa vita, e oggi a parlare ci sarebbe Franco. O forse no, non lo so. C’è poco da dire: io sono stato fortunato, lui sfortunatissimo». Ci sono tre ragioni per le quali Giorgio accetta di parlare di un evento così doloroso e intimo: «Primo, ribadire che la fine di chi inizia a bucarsi, e non smette davvero, e’ sempre e soltanto questa: la morte. Secondo, denunciare il fatto che non si parla più di un problema, quello dell’eroina, che non e’ mai stato risolto e coinvolge ancora tantissima gente. Terzo, dire che i figli vanno messi al mondo in maniera responsabile, e fin da piccoli seguiti, rassicurati, amati».
«Per salvarsi – dice Giorgio – bisogna essere forti, e Franco era una persona fragilissima. Nel 2006, dopo sei anni passati a San Patrignano, sembrava pulito: durò poco. Poi, dopo tanti alti e bassi, compreso uno spaventoso incidente d’auto, eravamo riusciti a farlo entrare nella comunità di Don Mazzi, dove era rimasto fino al Natale 2010. Adesso pensavo fosse a posto, ma evidentemente dentro aveva ancora una scintilla che non si era spenta. Il 26 sera e’ tornata fuori la sua debolezza, e gli è stata fatale. Non si muore solo di overdose: se presa dopo tanto tempo, uccide anche una piccola quantità» Come ha saputo della morte? «La mattina del 27 mi sono svegliato, ho acceso il portatile, e ho visto che alle 8.30 mi aveva cercato Carlo Conti. Carlo aveva saputo di Franco da un’amica poliziotta di Viareggio che, non sapendo come rintracciarmi, aveva avvisato lui. Quando ho saputo, la mia prima reazione è stata di rabbia: Franco, giurandomi che aveva smesso per sempre, mi aveva preso per il culo ancora una volta. Questo ho pensato lì per lì, anche se poi l’autopsia ha confermato che, prima di quella sera, era stato davvero pulito per un lungo periodo. Rabbia, tanta rabbia. Solo dopo è arrivato il dolore. E i ricordi».
Redazione Online