Anno giudiziario. Il guardasigilli invita i magistrati a una giustizia efficiente e a vincere il divario tra Sud Italia e l’Europa. Difesa dell’indipendenza della magistratura. Chiara l’allusione al processo Mills, nel quale Silvio Berlusconi è imputato di corruzione in atti giudiziari
LA SFIDA – Nel mondo della giustizia c’è «da vincere una sfida nella sfida»: la distanza tra il Sud dell’Italia e l’Europa ha detto ancora il ministro. «Da questo distretto l’Europa può forse sembrare più lontana, ma il miglior modo per accorciare questa distanza è quello di provare a capovolgere l’Italia, a ripartire dal Sud, dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Campania, da città come Catania dove di certo non mancano i problemi ma si può fare affidamento su intelligenze creative e brillanti capaci di proseguire su quell’impegno civile di cui già è stata data ampia prova».
SEDI DISAGIATE – Il ministro della Giustizia ha anche toccato il tema delle sedi disagiate: «Bisogna prendere atto che i meccanismi incentivanti per la copertura delle sedi disagiate, pur apprezzabili, non si sono dimostrati in grado di fronteggiare interamente questa emergenza, soprattutto nelle procure di frontiera. Su questo tema e sui rimedi sono aperta al confronto con il Csm e disponibile a cercare soluzioni condivise».
GIUSTIZIA EFFICIENTE – «Rendere la giustizia efficiente, il magistrato capace di organizzare al meglio i propri uffici e amministrare la giustizia coltivando la specializzazione, costruire un modello di avvocatura attento ai valori della concorrenza leale e capace di elevare il proprio livello qualitativo, rappresentano le sfide nelle quali ci dovremo cimentare». Sono anche questi gli altri inviti che il ministro ha rivolto ai magistrati. «Vorrei ricordare – ha aggiunto – che la storia ha dimostrato che da ogni crisi economica di dimensioni planetarie, come quella che oggi ci affligge – sono sempre nate nuove opportunità di crescita e di sviluppo di cui si sono avvantaggiati soprattutto quei paesi che, prima di altri, hanno saputo ripensare e ricostruire il loro modello di società. Ed è quello che ciascuno di noi – ha concluso – con il proprio contributo e con la doverosa rinuncia a qualche privilegio, sta cercando di fare».
LE CARCERI – Il ministro ha affrontato anche il grave problema del sovraffollamento delle carceri: «Dallo stato delle carceri si misura il livello di civiltà di un Paese» anche perchè lo Stato non ripaga mai con la vendetta ma vince con il diritto e l’applicazione scrupolosa di regole e legge».
La relazione del presidente della Corte d’Appello di Milano Giovanni Canzio (Milestone Media) |
MILANO – «Non è sostenibile l’attuale disciplina sostanziale della prescrizione del reato, nella parte in cui estende i suoi effetti sul processo penale» perché «si rivela in realtà come un agente patogeno» e «incentiva strategie dilatorie della difesa». È quel che ha sostenuto nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario il presidente della Corte d’Appello di Milano Giovanni Canzio. Facile vedere in queste parole un riferimento al processo Mills, prossimo alla prescrizione, nel quale Silvio Berlusconi è imputato di corruzione in atti giudiziari.
«STRATEGIE DILATORIE DELLA DIFESA» – Secondo il magistrato, «l’attuale disciplina sostanziale della prescrizione del reato non è sostenibile nella parte in cui estende i suoi effetti sul processo penale “usque ad infinitum”, proporzionandone il grado di ineffettività e disincentivandone, mediante una sorta di premialità di fatto, i percorsi alternativi». La prescrizione del reato, prosegue Giovanni Canzio, «collocata sullo sfondo del processo penale, può anche sollecitare, come agente terapeutico, maggior rigore ed efficienza organizzativa, laddove non sia pervasiva e si configuri come esito assolutamente eccezionale, non ordinario». Ma oggi «si rivela in realtà come un agente patogeno: induce premialità di fatto, scoraggia le premialità legali e trasparenti di riti alternativi, incentiva strategie dilatorie della difesa, implementa oltre ogni misura il numero delle impugnazioni in vista dell’esito estintivo».
SOVRAESPOSIZIONE MEDIATICA – In un altro passaggio, Canzio parla di una «”speciale” e obiettiva sovraesposizione, che negli anni più recenti ha caratterizzato gli uffici giudiziari milanesi, sul piano dei rapporti con i media e con la politica, per la particolare importanza e rilevanza sociale sia dei fatti sia delle persone coinvolti in indagini e processi, è destinata a stemperarsi». Anche qui è facile intuire il riferimento ai processi che riguardano Berlusconi, tra cui quello sul caso Ruby. Per stemperare questa «sovraesposizione», secondo Canzio, è necessario che «tutti» osservino «le regole deontologiche». Il presidente Canzio fa riferimento alla «raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa» che «quanto al diritto all’informazione in materia di procedimenti giudiziari, chiede ai giudici di dare prova di «moderazione» nei loro rapporti con i media».
INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA – Ancora un affondo, più avanti, sulle ingerenze nel lavoro della magistratura: per Canzio, i politici devono «evitare nel commento delle decisioni dei giudici, ogni critica che possa compromettere l’indipendenza della magistratura». Nella relazione il presidente ha richiamato la «raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa», la quale «prescrive ai rappresentanti dei poteri esecutivo e legislativo di non assumere decisioni che invalidino pronunce giurisdizionali, di evitare, nel commento delle decisioni dei giudici, ogni critica che possa compromettere l’indipendenza della magistratura e minare la fiducia del pubblico nella stessa, di astenersi da qualsiasi azione che possa mettere in dubbio la loro volontà di rispettare le decisioni dei giudici, diversa dall’esprimere l’intenzione di proporre impugnazione».