Il numero uno Befera: «Abbiamo 120 miliardi di euro di evasione». Il nuovo strumento per scovare l’elusione incrociando i dati. Sarà lo strumento per ridurre la pressione tributaria, ma ancora nessuna decisione. Pronta la delega per la riforma fiscale. Il documento al Consiglio dei ministri. Via al fondo alimentato con entrate da lotta all’evasione e risparmi sulla spesa.

ROMA – «Sarà efficace, di facile utilizzo. Vogliamo prenderci un po’ più di tempo ma farlo bene». Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, dice che il nuovo redditometro «entro giugno sarà pronto», confermando la linea tenuta un mese e mezzo fa durante la sua audizione alla Camera. L’idea iniziale era che tutto fosse pronto già adesso ma la sperimentazione andrà avanti un po’ più a lungo per testare al meglio tutti i passaggi ed evitare problemi una volta a regime.
Il redditometro è uno strumento usato dal Fisco per scovare l’evasione incrociando i dati disponibili, confrontando in sostanza il reddito del contribuente e il suo tenore di vita, letto attraverso cento voci «spia»: dal cellulare al caravan, dall’iscrizione in palestra a quella dei figli all’università. In queste settimane sono state fatte delle simulazioni, inserendo nel sistema di calcolo dei contribuenti tipo. Dai primi risultati, in molti casi, lo scostamento tra il tenore di vita presunto e il reddito dichiarato ha superato il 20%, proprio la soglia che fa scattare l’attenzione del Fisco che convoca il contribuente per un contraddittorio.
Da qui l’esigenza di proseguire la sperimentazione anche perché, almeno nei programmi, il nuovo redditometro dovrebbe essere più raffinato della precedente versione, riuscendo a valutare al meglio il peso di tutte le spese prese in considerazione ed evitando le possibili distorsioni. Se il redditometro è il principale strumento dei controlli fatti a tavolino, negli ultimi mesi il Fisco ha adottato anche la strategia dei blitz, in particolare nelle località turistiche. «Abbiamo 120 miliardi di euro di evasione e a fronte di questa emergenza bisogna prendere provvedimenti di emergenza» dice Befera precisando di non voler far polemica con il Garante della privacy, Francesco Pizzetti, che nei giorni scorsi, proprio a proposito dei blitz, aveva parlato di «strappi forti allo Stato di diritto». Secondo Befera, il «Garante ha una sua logica e deve tenere una sua posizione». Tuttavia, aggiunge il direttore dell’Agenzia delle Entrate, lo stesso Pizzetti «ha sostenuto la necessità in un momento di difficoltà per il Paese di andare avanti su questa strada con tutte le cautele e le precauzioni necessarie». Polemica chiusa? Forse, mentre resta aperto il caso di Diego Armando Maradona. Nei giorni scorsi si era sparsa la voce che il calciatore argentino volesse chiudere il suo contenzioso con il Fisco italiano: «Non abbiamo notizie in tal senso – dice Befera – quando le avremo le verificheremo».

ROMA – «L’incertezza in campo fiscale, come l’incertezza in altri campi, è deleteria per le decisioni di investimento e quindi per la crescita». Da qui l’idea di intervenire non per «instaurare un sistema fiscale perfetto e ideale» ma per correggere alcuni aspetti critici del Fisco italiano «allo scopo di renderlo più growth friendly (amico della crescita, ndr ) e più equo». Dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri venerdì prossimo il disegno di legge delega sulle Disposizioni per la revisione del sistema fiscale. Una relazione tecnica di 10 pagine, 17 articoli che, una volta trasformati in legge con l’ok del Parlamento, daranno al governo nove mesi di tempo per entrare nei dettagli con uno o più decreti legislativi. I principi generali, però, sono già indicati con chiarezza. A partire dal fondo per tagliare le tasse nel quale mettere non solo il frutto dalla lotta all’evasione, come già previsto a partire dal 2014, ma tutte le risorse che si dovessero liberare in futuro.
Irpef
Si dà l’addio definitivo alle tre aliquote (20%, 30% e 40%) fissate dalla vecchia delega fiscale del governo Berlusconi, tuttora all’esame del Parlamento e quindi promesse ma mai diventate operative. «Si ritiene preferibile non ripresentare questo aspetto – si legge nella relazione che accompagna il provvedimento che arriverà venerdì sul tavolo di Palazzo Chigi – e limitarsi a indicare la «volontà di concentrare le risorse che si renderanno disponibili in un apposito fondo destinato a finanziare i futuri sgravi fiscali». Perché questo cambio di direzione? Il governo Berlusconi aveva fissato le tre aliquote ma «senza indicare i limiti degli scaglioni» di reddito ai quali applicarle. Per questo, si legge nel documento, la misura avrebbe avuto «effetti redistributivi e di gettito del tutto indeterminati».
Evasione
Per ridurre la pressione fiscale saranno utilizzati anche i soldi recuperati dall’evasione. Il meccanismo è già previsto, a partire dal 2014, dalla seconda manovra della scorsa estate, firmata dal governo Berlusconi. Ma la delega del governo Monti aggiunge che «per dare attuazione a questo principio due questioni preliminari debbono essere affrontate». La prima è misurare i risultati della lotta all’evasione e per questo viene proposta la creazione di una «commissione ad hoc, indipendente, con la partecipazione dell’Istat e delle altre amministrazioni» che ogni anno calcoli quanti soldi vengono sottratti al Fisco. La seconda è «dare attuazione al fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale rinviando a un momento successivo le decisioni sul suo utilizzo, cioè sulla concreta definizione degli sgravi».
Agevolazioni
Il taglio alle agevolazioni è forse l’operazione più complicata che arriverà dopo l’approvazione della delega. La relazione spiega che «avendo opportunamente deciso di rinunciare ai tagli lineari, bisogna individuare in modo selettivo le misure passibili di intervento». Salve le agevolazioni fiscali definite «intangibili» per garantire, ad esempio, il «rispetto di principi costituzionali» o la «compatibilità con l’ordinamento comunitario». Anche se non espressamente citate, in questa categoria dovrebbero rientrare le agevolazioni più diffuse, come quelle per i famigliari a carico o la deduzione dei contributi obbligatori. Ci sono poi «misure rivedibili nell’ambito di interventi di più vasta portata» come nei campi della «tutela dell’ambiente» o degli «incentivi a ricerca e sviluppo». E poi le agevolazioni «da valutare» sia dal punto di vista dell’efficacia sia della semplificazione. In ogni caso andrebbero sfoltite, si legge ancora nella relazione, «le spese fiscali più obsolete, meno coerenti con l’assetto del sistema tributario, quelle rivolte a un numero modesto di beneficiari, quelle di modesto importo unitario».
Catasto
La relazione ammette che la riforma del catasto «richiederà qualche anno per il completamento».
Come più volte annunciato si cambierà unità di misura, passando dal numero dei vani ai metri quadri perché il vecchio sistema poteva provocare delle ingiustizie e cioè «l’attribuzione di rendite diverse ad immobili uguali ma diversamente strutturati al loro interno».
L’operazione, però, sarà ancora più complessa perché la revisione delle rendite terrà conto anche di altri criteri meno immediati, come la zona in cui si trova il fabbricato e la qualità generale dell’edificio. In ogni caso la revisione del catasto «non dovrà comportare aumenti del prelievo» perché le «maggiori rendite saranno compensate da riduzioni di aliquote».
Imprese
Al posto dell’Ires, l’imposta sul reddito delle società, arriverà l’Iri, che non c’entra nulla con il miracolo economico ed i panettoni di Stato, ma sta per Imposta sul reddito imprenditoriale. Cosa cambierà in concreto? Il reddito che il piccolo imprenditore o il professionista percepisce dall’azienda o dallo studio professionale come compenso per la sua attività lavorativa finisce sotto il cappello dell’Irpef, l’imposta sulle persone fisiche. E questa imposta non è fissa al 27,5%, come l’Ires, ma sale progressivamente a seconda del livello del reddito. Quali sarebbero i vantaggi? La relazione dice che così si induce ad «evidenziare il contributo lavorativo dell’imprenditore» e vengono «tassate allo stesso modo tutte le imprese (e professioni) indipendentemente dalla forma giuridica (individuo, società di persone, società di capitali)». Ma il vero obiettivo è premiare chi investe in azienda: «Gli utili non distribuiti sono tassati sempre all’aliquota dell’imposta societaria, generalmente inferiore all’aliquota marginale massima dell’imposta personale». In questo modo si «favorisce la patrimonializzazione delle piccole imprese, mentre resta penalizzata la distribuzione di compensi all’imprenditore e ai soci».