Il 64enne è in coma irreversibile. Fermato il responsabile, che ha confessato: il delitto per un debito da 270mila euro
MILANO – Condannato a morte da chi credeva un amico, per soldi: un debito da 270 mila euro che con il passare degli anni e l’aumentare degli interessi era diventato un macigno troppo pesante da sopportare. L’arma del delitto: una boccetta di cianuro procurata da lui stesso al suo creditore, che gliel’aveva chiesta con un pretesto. E’ questa la sconvolgente soluzione del giallo di Luigi Fontana, 64 anni, il farmacista milanese in coma irreversibile dopo essere stato avvelenato con una massiccia dose di cianuro. La polizia ha fermato un conoscente del farmacista, il 50enne Gianfranco Bona, sposato con figli, titolare di una ditta di autotrasporti con sede nella stessa zona di Milano in cui si trova la Farmacia Barocco, via Forze Armate 212, dove è avvenuto il delitto. Fermato dagli investigatori, Bona ha ammesso tutto. I due si conoscevano da vent’anni perché la ditta di Bona si occupa, tra l’altro, di trasporto di farmaci. Negli ultimi tempi l’autotrasportatore aveva acquistato alcune partecipazioni in altre aziende del settore farmaceutico, che si erano però rivelate un fallimento. Entrato in difficoltà economiche, Bona aveva cominciato cinque anni fa a chiedere vari prestiti al farmacista, ma con il passare del tempo e la crisi economica non è più stato in grado di pagare gli interessi, restituendone soltanto alcune tranche.
IL VELENO – L’uomo ha detto di aver chiesto il cianuro allo stesso Fontana, circa un mese fa, con la scusa di doverlo utilizzare per uccidere delle nutrie. «Invece volevo suicidarmi», ha detto agli investigatori. Ma lunedì mattina, ha proseguito nella sua testimonianza, ha avuto l’opportunità di utilizzarlo in modo differente e lo ha fatto: «Ho perso la testa».
AL BAR – Lunedì, poco prima delle 13, Bona è andato al bar in compagnia di due uomini con cui aveva rapporti di lavoro e due donne, loro dipendenti. Come già aveva fatto molte altre volte, si è ritrovato a percorrere da solo i sette passi tra il bar e la farmacia, con il solito Crodino ordinato dal farmacista, un caffè per sé e un’altra bevanda per una terza persona. «E’ stato in quel momento che ho versato la boccetta di cianuro nel bicchiere», ha raccontato. Bevuto l’aperitivo nel retro, il farmacista si è accasciato davanti ai suoi dipendenti. Si è pensato a un infarto; poi la scoperta dell’avvelenamento, 6 mila parti di cianuro nel sangue (già 500 sono letali).
LE INDAGINI – Luigi Fontana è (o purtroppo era, visto che per lui non ci sono speranze) in società con un altro farmacista, con il quale aveva avuto un contenzioso di natura societaria. La polizia però aveva capito ben presto che si trattava di una disputa che non avrebbe mai assunto caratteristiche di minaccia o lite violenta. E sia la moglie sia i collaboratori avevano tutti riferito di non avere notizia di problemi particolari nella vita del farmacista, sposato, con due figlie adulte. Poi la svolta e il fermo del responsabile, reo confesso. Sono in corso accertamenti sui movimenti di denaro, tra soldi prestati e restituiti, tra Bona e la sua vittima.