Contro i partiti. L’impegno dalla Tav alle scale del metrò. E a Genova il Pd rischia
«E ora cosa sei disposto a fare?» Nella città di Beppe Grillo c’è il candidato meno grillino d’Italia. E sappiate che la colpa, o il merito, è di Sean Connery, della battuta che pronuncia morendo tra le braccia di Kevin Costner ne Gli Intoccabili. Era diventato il tormentone interno del Movimento 5 Stelle genovese, alle prese con la difficile scelta dell’aspirante sindaco. Alla fine la domanda venne girata al creatore dello slogan, appassionato di cinema d’azione e dell’attore scozzese. Un educatore, cattolico di sinistra, ex militante dei Verdi, portavoce del movimento No Gronda, la bretella autostradale che dovrebbe collegare il Ponente genovese alla A7 per Milano.
Paolo Putti, 43 anni e tre figlie, ha un passato, questa è la prima sorpresa. I suoi sostenitori lo prendono bonariamente in giro, perché la sua conoscenza del web è quasi nulla, ci sono voluti i forconi per convincerlo ad aprire un profilo Facebook, lo strumento di comunicazione pressoché esclusivo del M5S. «Preferisco le riunioni in piazza e nei circoli operai, non sono troppo convinto delle proprietà taumaturgiche della Rete». Quasi un’eresia, in un movimento che fa dell’uso di Internet un segno distintivo. E proprio nella Genova che a maggio sarà chiamata a dare la misura dello sfondamento grillino nella politica istituzionale. I sondaggi attribuiscono un 7-8 per cento al M5S, abbastanza per costringere il candidato del centrosinistra Marco Doria alla penitenza del ballottaggio.
Sotto la cappa dell’antipolitica, questa l’accusa più frequente, si agita e cresce un animale strano e sconosciuto, il M5S. Il suo fondatore ha spesso uscite che nella migliore delle ipotesi ricordano un Umberto Bossi in cattiva giornata, ma dietro agli anatemi da lui rivolti contro chi ha opinioni diverse dalle sue si intravede una massa di militanti in crescita. «Il termine grillino non ci piace perché banalizza, ci riduce a propaggine di Beppe. Ma io vado in consiglio comunale forte dell’aiuto di professionisti, che mettono a disposizione gratis le loro competenze. E vedo che anche gli altri hanno idee giuste, ma quando il capogruppo li richiama all’ordine, obbediscono al partito. Noi invece dipendiamo direttamente dagli elettori». Chi parla è un ragazzo, perché con 22 anni ancora da compiere la definizione è quella. Mattia Calise, studente di Scienze politiche, è il consigliere comunale più giovane d’Italia, eletto a Palazzo Marino. «Ho cominciato a 15 anni, guardando un video di Beppe. M5S non è il suo partito, è un contenitore, un movimento virale. Siamo qui per restare». Il programma di M5S ha 120 punti, ma la calamita però è sempre quella, l’odio verso la «politica politicante», come la chiama Mattia citando direttamente il fondatore.
In effetti comincia tutto con un Vaffanculo. Con il V-Day dell’8 settembre 2007 Grillo capitalizza, a Bologna in piazza Maggiore e nelle altre città d’Italia, la mostruosa audience del suo blog. Piaccia o non piaccia, uno spartiacque. «Credo che la sottovalutazione generale riservata al V-Day ci abbia aiutato a crescere, viaggiando sottotraccia». Quel giorno in piazza c’è anche Massimo Bugani, capogruppo dei tre consiglieri comunali bolognesi (l’Udc ne ha uno) e portavoce della Regione più inquieta del M5S, che sotto una patina unitaria vive anche di lotte intestine ed epurazioni più o meno eterodirette. «Ci accusano spesso di violenza verbale tra di noi e verso i nostri oppositori. Ma credo che sia una conseguenza del nostro principale strumento di comunicazione. La Rete è una piazza libera che spesso fa perdere i freni inibitori». Ufficialmente il Movimento 5 Stelle nasce al teatro Smeraldo di Milano, il 4 ottobre 2009. L’esordio è alle Regionali dell’anno seguente, dove fa il botto in Piemonte, con l’elezione di un consigliere regionale, che secondo una vulgata ancora oggi molto diffusa costa la riconferma a Mercedes Bresso, governatrice del centrosinistra. Davide Bono, 31 anni, torinese di Borgo Po, medico di base precario, è una specie di archetipo grillino. Studenti ed ex studenti, giovani e neofiti della politica, gente che diffida di tutto e usa Facebook come strumento di lavoro quasi esclusivo, riempiendo le bacheche di ogni minimo dettaglio sulla propria attività, spesso improntata a piccoli obiettivi cittadini, dalle rastrelliere per le biciclette alle scale del metrò non funzionanti. «Siamo quelli che nessuno è mai riuscito a intercettare» dice Bono.
Fino al fatale 2007 lui sfogava il suo malcontento interiore per come andavano le cose smanettando sul blog di Beppe Grillo. Poi arrivò il V-Day e da allora non si perse più nulla, comitati No Tav, comitati rifiuti zero, per la decrescita felice e l’acqua pubblica. «Essere grillino significa cittadinanza attiva che non si identifica nei partiti. Hai presente la Val di Susa?». Il sacro Graal del M5S è proprio la lotta alla Torino-Lione, che ha in Bono una specie di ufficiale di collegamento sul campo, spesso incline a chiudere un occhio su certe situazioni spiacevoli. Il pensiero del Movimento è modulato su alcune stelle polari care a Grillo, tutela dell’ambiente e beni comuni, disprezzo per ogni presunta casta a cominciare naturalmente da quella politica. Da qui in avanti, parecchia libertà di manovra, anche con qualche evidente contraddizione.
Riccardo Nuti, 30 anni, ex precario in un call center, ora analista di processi aziendali, candidato sindaco nell’avamposto di Palermo dopo aver vinto le primarie fatte su Internet, ci ha parlato una sola volta. Una conferenza su Skype durata appena dieci minuti. «Credo che lui fornisca le linee guida con il blog. Non credo che Beppe possa conoscere l’inefficienza dei trasporti pubblici palermitani. Lascia fare. E io non mi sento certo un suo dipendente». Il Sud risulta ancora non pervenuto nella mappa del Movimento. Il primo tentativo, a Napoli, non è stato un trionfo. «Arriviamo sempre dopo, in tutto» dice Nuti. Anche Palermo farà discutere. Ma ci sono città più piccole, come Alessandria e le sue 16 liste in competizione tra loro, dove il Movimento di Grillo rischia addirittura di andare al ballottaggio, se non di vincere. Soprattutto Genova può diventare un altro caso di scuola, non solo in quanto residenza del fondatore. Il programma del mite Putti è identico a quello di Doria, candidato indipendente e vincitore a sorpresa delle primarie del centrosinistra. «Vero, ma lui è prigioniero della vecchia politica». Alla fine si torna sempre qui, in territori conosciuti.