LO SCOPPIO IN UN CAMPO DI ADDESTRAMENTO DELLA POLIZIA AFGHANA. Secondo lo Stato Maggiore è stato un attentato. Diversa la versione del Centro di addestramento: «È colpa degli italiani»
KABUL – Un carabiniere morto e altri due feriti. Questo il bilancio dell’esplosione avvenuta in Afghanistan, dovuta a «un attentato tramite il lancio di un razzo». Lo ha detto il tenente colonnello Francesco Tirino, portavoce del contingente italiano a Herat. Ma per gli afgani la colpa è degli italiani. Secondo il responsabile del Centro di addestramento di Adraskan, lo scoppio è stato causato «da una erronea manipolazione di un ordigno che ha riguardato unicamente gli addestratori italiani».
LO SCOPPIO – Tutto è accaduto intorno alle 8.50 locali (le 6.20 in Italia) in un campo di addestramento della polizia afghana, ad Adraskan, a ovest di Kabul. Secondo lo Stato maggiore della Difesa, è avvenuto in prossimità di una garitta di osservazione installata a ridosso della linea di tiro del poligono. L’esplosione ha coinvolto 4 militari dell’Arma appartenenti al PSTT (Police Speciality Training Team), uno speciale nucleo addestrativo della polizia afghana. È morto sul colpo Manuele Braj, 30 anni di Collepasso (provincia di Lecce), effettivo al 13° Reggimento «Friuli-Venezia Giulia». Feriti alle gambe invece il maresciallo capo Dario Cristinelli, 37 anni, di Lovere (Bergamo) e il carabiniere scelto Emilano Asta, 29, di Alcamo (Trapani). Illeso un quarto militare. Braj era alla sua quinta missione di pace all’estero. Era in Afghanistan dal 7 maggio scorso ma in passato era stato anche in Albania, per due volte in Bosnia-Erzegovina e una volta in Iraq. Lascia la moglie, 28enne, e il figlio di 8 mesi.
LA DINAMICA – Ancora da chiarire la dinamica dell’esplosione. Gli altri due militari dell’Arma, effettivi rispettivamente alla seconda Brigata Mobile di Livorno e al settimo reggimento Trentino-Alto Adige, sono rimasti feriti alle gambe e sono stati trasportati in elicottero all’ospedale militare Usa (Role 2) di Shindand, dove sono ricoverati. Le lesioni alle gambe riportate sono gravi ma non sono in pericolo di vita. Tutti i militari italiani coinvolti nell’esplosione appartengono a un team che cura l’addestramento della polizia afghana e lavorano per formarli e garantire la sicurezza.
MISSIONE – Sono circa 4.200 i militari italiani schierati nell’ovest dell’Afghanistan: nel 2013 e 2014 ci sarà una progressiva riduzione, per arrivare alla fine di quell’anno, al termine della missione Isaf. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa la notizia, ha espresso i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei famigliari del carabiniere Braj, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese. «L’Italia purtroppo anche oggi – ha detto il presidente del Senato Renato Schifani – paga un prezzo altissimo per la tutela della democrazia e della libertà in Afghanistan. Una missione fondamentale per la sicurezza internazionale». Cordoglio è stato espresso anche dal presidente del consiglio Mario Monti: «Il nostro paese – ha aggiunto – sta facendo uno sforzo molto grande in Afghanistan a sostegno della stabilità e della sicurezza contro il terrorismo internazionale». «Manuele – ha affermato il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola – è stato colpito in modo vigliacco. Stava addestrando le truppe afgane contro il terrorismo. Questo era il suo lavoro, la sua missione: permettere a quel Paese di difendersi da solo. E il terrorismo lo ha ucciso».