Il piano -In tre anni saltano 100 mila dipendenti. Diecimila entro il 2012. I provvedimenti allo studio per il pubblico impiego. Le proposte del Cnel per ridurre le uscite della Pubblica amministrazione. «L’Isee non basta. Bene riduzione delle province ma intervenire anche su Asl e uffici territoriali di governo»
ROMA – Saranno qualcosa meno di diecimila entro l’anno e 80-90 mila entro il 2014. In totale, nell’arco di tre anni, la cura dimagrante per il popolo del pubblico impiego (circa tre milioni e mezzo di lavoratori) sarà di 100 mila dipendenti. In parte accompagnati verso la pensione con il ricorso alla mobilità o con una proroga della riforma Fornero (ancora da decidere) e la gran massa dovuta al riassetto organizzativo e al contestuale blocco del turn over. Per i dirigenti di prima e seconda fascia il taglio sarà più forte, del 20%. Nessuna abolizione anche parziale della tredicesima e per quanto riguarda i buoni pasto verranno tutti ricondotti alla cifra «storica» di 7 euro.
Questo è lo schema a cui fino a tarda sera di ieri, eccetto la pausa per la partita Italia-Spagna, stavano lavorando i tecnici di Palazzo Vidoni sede del ministero della Funzione Pubblica. Oggi le varie soluzioni escogitate dagli uomini del ministro Filippo Patroni Griffi verranno analizzate dagli economisti del Tesoro e della Ragioneria generale dello Stato. Poi domani l’incontro con i sindacati e nei giorni successivi la messa a punto del decreto sulla spending review che conterrà anche altre innovazioni. Come la riduzione del 50% delle auto blu, il tetto di tre persone nei consigli di amministrazione nelle società controllate da Stato ed enti locali ma non quotate, l’obbligatorietà della fruizione delle ferie per i dipendenti pubblici (dirigenti compresi) senza la possibilità di compensi sostitutivi, la stretta sulle consulenze introducendo la proibizione di assegnazione di incarichi ad ex dipendenti.
La cifra magica è quella della riduzione del 10% per i dipendenti ministeriali (circa 180 mila) in virtù di quanto deliberato dal governo come esempio da seguire lo scorso 15 di giugno quando ha stabilito lo snellimento della pianta organica della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia. «Noi dobbiamo essere come la moglie di Cesare – ebbe a dire il viceministro del Tesoro Vittorio Grilli – al di sopra di ogni sospetto». Insomma se vuoi che gli altri seguano, devi dare il buon esempio. Vedremo tra oggi e domani in che modo gli altri ministeri hanno seguito in base al loro impegno di presentare entro il mese un progetto di snellimento.
Lo schema di accompagnamento verso l’uscita per i dipendenti anziani dovrebbe essere il seguente: due anni di mobilità all’80% dello stipendio con alcune procedure che scattano qualora si verifichi la situazione da «esodato». Per esempio, chi matura i requisiti entro il 2014 dovrebbe far valere le regole più favorevoli antecedenti la riforma Fornero. Per lo Stato si tratterebbe di un anticipo di alcuni anni compensato però dal rinvio della liquidazione che verrebbe erogata solo al compimento dei 66 anni.
Dopo la pubblicazione del rapporto Irpa (l’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione fondato nel 2004 da Sabino Cassese) in cui venivano evidenziati tutti gli sprechi e gli extra costi derivanti dal cosiddetto «capitalismo municipale», cioè quelle migliaia di società controllate dagli enti locali e serbatoi di poltrone per politici trombati, anche l’Upi ha fatto la sua proposta. L’Unione delle province italiane (per altro in odore di tagli e forti accorpamenti) ha segnalato al governo una sorta di «autoriforma» che «garantirà allo Stato 5 miliardi di risparmi» derivanti dalla riduzione delle Province, l’istituzione delle città metropolitane e la riorganizzazione degli uffici territoriali dello Stato». L’Upi ha calcolato che sono ben 3.127 le società, i consorzi ed enti vari – «buona parte delle quali create dal nulla solo per spartire poltrone e gestire potere» – che costano 7 miliardi di euro l’anno 2 dei quali per i consigli di amministrazione.
Sul tavolo del governo, che questa settimana dovrebbe approvare il decreto sulla revisione della spesa pubblica, c’è anche un rapporto del Cnel, che lo stesso esecutivo, attraverso il ministro Piero Giarda, ha chiesto al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Un documento di 14 cartelle messo a punto dall’economista Maria Teresa Salvemini, ex direttore generale della Cassa depositi e prestiti, che in 21 punti contiene «Osservazioni e proposte» sulla spending review. Dal taglio dei dirigenti pubblici alla richiesta di legare una parte della loro retribuzione alla capacità di ridurre la spesa. Dalla costituzione di un sistema unico informatico di tutta la pubblica amministrazione, sul modello americano e inglese, alla centralizzazione degli acquisti. Dalla riduzione del numero delle Asl alla revisione dell’Isee.
Pubblico impiego
Su alcune proposte il governo sta già lavorando. Per esempio, il documento del Cnel sostiene che il numero dei dipendenti pubblici, circa 3 milioni e mezzo, non sia elevato, ma che si possono tagliare i dirigenti. I dati 2011 dell’Ocse, l’organizzazione dei 34 Paesi più industrializzati, dicono che rispetto a una media di statali del 15% della forza lavoro, l’Italia è al 14,3%. Ma c’è una cattiva distribuzione del personale: «Lo spostamento di funzioni dallo Stato centrale alle Regioni e agli enti locali avrebbe dovuto essere accompagnato da significative redistribuzioni degli addetti». E si suggerisce quindi la «riduzione delle province, delle Asl e degli uffici territoriali di governo». Inoltre si propone di intervenire sui costi della dirigenza, riallineando funzioni e livelli retributivi: «L’intera operazione va graduata nel tempo, utilizzando la mobilità». Il risparmio possibile «dipende dall’entità delle riduzioni, ovvero dal numero dei posti soppressi o riclassificati verso il basso». È noto che il governo sta ragionando attorno a un taglio del 20% dei dirigenti, utilizzando anche la messa in mobilità all’80% dello stipendio per due anni.
P. A. e acquisti online
Sempre in tema di pubblica amministrazione, il Cnel propone di guardare agli Stati Uniti e al Regno Unito che «hanno sviluppato progetti che prevedono l’accessibilità online dei servizi di tutte le amministrazioni centrali e locali attraverso un unico ingresso». Si avrebbero notevoli risparmi su una serie di voci: logistica, hardware e software, costi di gestione. Inoltre «la metodologia del cloud computing (e quindi la completa esternalizzazione di hardware, software, servizi applicativi e banche dati a grandi centri specializzati) potrebbe consentire cospicui risparmi». Molto importante anche il capito sugli acquisti di beni e servizi. Centrale, secondo il Cnel, è il ruolo dell’e-procurement (piattaforme telematiche per gare e appalti di fornitura), una soluzione già adottata nel Regno Unito, «che, tra l’altro, si avvale di tecnologie italiane» e che consente «la maggiore partecipazione di potenziali fornitori e quindi maggiori possibilità di scelta da parte delle amministrazioni», contratti più veloci, elevata trasparenza e controllo, meno contenzioso.
Sanità
Anche qui si propone l’uso dell’informatica, per costruire una banca dati antisprechi che consenta di comparare il costo delle forniture, i giorni di degenza per una stessa patologia, le richieste di rimborso delle cliniche private. Utile, secondo il Cnel, anche la riduzione del numero delle Asl e il conseguente taglio dei dirigenti. Una «card sanitaria» personale potrebbe inoltre «evitare la replicazione di esami e test diagnostici» mentre la ricetta on line sia per i farmaci che per la diagnostica consentirebbe ulteriori risparmi ed eviterebbe «abusi e comportamenti anomali».
Isee
In materia di assistenza si propone invece la riforma dell’Isee, peraltro già prevista dal decreto salva Italia e che il governo adotterà a prescindere dal prossimo decreto sulla spending review. L’Isee è l’Indicatore della situazione economica equivalente, il cosiddetto riccometro che, ricostruendo la situazione reddituale e patrimoniale, serve per fruire di una serie di prestazioni (asili nido, case popolari, assegni di maternità e familiari, riduzioni sui trasporti, tariffe agevolate per luce e gas, mense scolastiche, tasse universitarie). Il documento del Cnel, dopo aver osservato che finora «l’assenza di controlli efficaci ha favorito la mancata dichiarazione della componente patrimoniale», suggerisce che «con l’introduzione dell’anagrafe dei conti correnti prevista dal decreto salva Italia sarebbe oggi possibile (previa soluzione di complessi problemi di tipo informatico) mettere a punto un Isee funzionante» ed «estenderne il campo di applicazione, in collegamento a un più generale riesame dei trasferimenti alle famiglie».
E proprio in attuazione dell’articolo 5 del salva Italia i ministeri del Lavoro e dell’Economia stanno preparando un decreto ministeriale per «migliorare la capacità selettiva dell’indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale». Il nuovo Isee indicherà anche le agevolazioni e le prestazioni che non potranno più essere riconosciute a chi supera le nuove soglie che verranno stabilite. Obiettivo impedire che l’assistenza vada ai falsi poveri, fermando l’esplosione delle dichiarazioni Isee presentate, passate da poco più di 2 milioni nel 2002 ai 7,6 milioni del 2011. Per questo verranno potenziati i controlli attraverso l’incrocio delle banche dati.