LE INDAGINI SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA. Il presidente della Repubblica firma il decreto per la mancata distruzione delle intercettazioni delle telefonate con Mancino
Giorgio Napolitano contro i giudici di Palermo. Il presidente della Repubblica ha infatti firmato il decreto con cui affida all’Avvocatura dello Stato l’incarico di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Il Quirinale, in altri termini, va all’attacco della procura di Palermo, in relazione alla vicenda delle telefonate intercettate tra il consigliere del presidente per gli Affari giuridici Loris D’Ambrosio e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino a proposito della presunta trattativa tra Stato e mafia negli anni 90. Durante l’attività d’intercettazione ci sarebbero state anche un paio di telefonate fra Mancino e Napolitano, telefonate che avrebbero dovuto essere distrutte, provvedimento che il procuratore del capoluogo siciliano Francesco Messineo non ha ancora disposto. A giudicare sul conflitto sarà la Corte costituzionale.
IL COMUNICATO– A spiegare le ragioni della decisione di Napolitano è lo stesso comunicato stampa in cui il Quirinale ne dà notizia: «Alla determinazione di sollevare il confitto, il presidente Napolitano è pervenuto ritenendo dovere del Presidente della Repubblica, secondo l’insegnamento di Luigi Einaudi, evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell’occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce».