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La banda che rubava i bimbi dei genitori divorziati

Milano Diecimila euro a colpo. Le indagini partite dal caso di Marinella Colombo. Nascosta dietro un’associazione in difesa dei minori

MILANO – Avevano barche e linee telefoniche segrete, auto e una rete di case, faccendieri e complici in mezza Europa. Un’associazione per delinquere, come l’ha definita il Tribunale di Milano, nascosta dietro la facciata dell’organizzazione Ceed (Conseil européen des enfants du divorce) che da anni si batte contro «i rapimenti di bambini» da parte di genitori separati. Con tutti i mezzi, come hanno scoperto le delicatissime indagini della squadra Mobile di Milano sul caso di Marinella Colombo, la donna che nel febbraio 2010 rapì i due figli affidati all’ex marito tedesco Tobias Ritter. Colombo è stata condannata in primo grado a un anno e quattro mesi dal Tribunale di Milano per sottrazione di minore, ma assolta dall’accusa di sequestro.

E infatti le indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno e dai pm Luca Gaglio e Giancarla Serafini hanno fatto emergere il ruolo dell’associazione Ceed e del suo fondatore, il 52enne francese Olivier Karrer. Per la Procura di Milano è stato lui, finito agli arresti con altre quattro persone (una ancora irreperibile), a organizzare il rapimento dei due figli di Marinella Colombo a Monaco di Baviera per (almeno) 10 mila euro. Un primo tentativo era già andato a vuoto a ridosso di Capodanno 2009 a Burgusio in val Venosta. Poi, il 19 febbraio 2010, il sequestro dei due minori (che adesso hanno 10 e 13 anni) e il loro trasferimento a Isola d’Istria in Slovenia dove i bambini sono stati tenuti nascosti dalla nonna materna Erminia Tresoldi (condannata a otto mesi). Karrer, tramite la cittadina americana (ma residente a Roma in piazza della Consolazione) Kimberly Hines, aveva messo a disposizione della Colombo anche una barca per attraversare il Tirreno e fuggire in Francia, a Marsiglia, dove un tale Patrick (non identificato) avrebbe messo loro a disposizione un appartamento. Anche se il vero progetto era una fuga in Libano con tanto di «matrimonio» fittizio per ottenere la nuova cittadinanza.

Ma dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip milanese Luigi Varanelli, emergono – oltre al caso Colombo – almeno altri due episodi: il rapimento della figlia di Silvia Kalina, tedesca di 54 anni, anche lei fermata con mandato d’arresto europeo, e il caso di un bambino portato via al padre tedesco su «commissione» della madre polacca. I prezzi? Tra i 10 e i 20 mila euro, anche se in un episodio ne sarebbero richiesti 50 mila. Su un’altra decina di casi, invece, sono ancora in corso le indagini. E proprio la grande disponibilità di finanziamenti e «covi» in Europa e nei Paesi del Mediterraneo ha complicato non poco le ricerche degli uomini della Mobile milanese guidati da Alessandro Giuliano. Un contributo essenziale è arrivato anche dalla collaborazione tra la Procura di Milano e il coordinamento di Eurojust, grazie al magistrato Francesco Lo Voi. La banda utilizzava videochiamate tramite Skype per sfuggire alle intercettazioni ma anche linee telefoniche «coperte».

Olivier Karrer in un’intervista del 2001 al quotidiano tedesco Der Spiegel ha raccontato, in una sorta di manifesto ideale, la sua lotta contro «il governo tedesco e la sua giurisdizione “punitiva” contro i genitori separati di altre nazionalità». «Ho vissuto due vite: la prima con il cane, la moglie e il figlio. Un’auto veloce, un lavoro come manager. Nel ’98 mio figlio aveva tre anni, sua madre lo portò ad Amburgo per una vacanza. Il nostro matrimonio era in crisi, non tornò più. Da allora c’è la mia seconda vita: rapire bambini».

Cesare Giuzzi

La banda che rubava i bimbi dei genitori divorziatiultima modifica: 2012-07-19T17:34:01+02:00da
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