INVITO A COMPARIRE PER IL GOVERNATORE LOMBARDO. Il reato contestato è di corruzione. I magistrati confermano quanto scritto dal «Corriere della Sera» il 23 giugno scorso.
MILANO – Il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni è indagato. Dopo le anticipazioni del Corriere della Sera, la conferma è arrivata con una nota del procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, che specifica che Formigoni è destinatario anche di un invito a comparire e che si dovrà presentare davanti ai pm nei prossimi giorni. Al presidente lombardo è contestato il reato di corruzione, con l’aggravante dei reati transnazionali, in concorso con l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e l’ex assessore regionale Dc alla Sanità Antonio Simone, attualmente in carcere nell’inchiesta sulla sanità lombarda, e con Umberto Maugeri e Costantino Passerino. Bruti Liberati ha reso noto che Formigoni è stato iscritto nel registro degli indagati il 14 giugno scorso, e che l’iscrizione è stata desecretata oggi. L’invito a comparire, con contestuale informazione di garanzia, è stato notificato al legale di Formigoni, l’avvocato Salvatore Stivala.
CONTI IN SVIZZERA – L’aggravante della transnazionalità, contestata dalla Procura di Milano a Roberto Formigoni, affine al reato di corruzione, è prevista dalla legge n.146 del 2006. Da quanto si è saputo, la contestazione dell’aggravante per Formigoni è legata alle condotte delle persone arrestate ad aprile nell’inchiesta sul caso Maugeri, tra cui Daccò e Simone. Secondo l’accusa, infatti, sarebbe stata messa in piedi un’associazione per delinquere che operava anche attraverso conti all’estero, e in particolare in Svizzera e riconducibili a Daccò e al suo collaboratore Giancarlo Grenci. Da qui l’aggravante della transnazionalità. Inoltre, a Formigoni vengono contestati fatti commessi tra Milano e l’estero dal 2001 al novembre del 2011, lo stesso periodo in cui, secondo le indagini, avrebbe operato l’associazione che drenava fondi dalle casse della Maugeri per dirottarli all’estero.
NOVE MILIONI DI EURO – Stando alla ricostruzione dei pm milanesi, Formigoni avrebbe ricevuto da Daccò circa nove milioni di euro di «utilità», tra cui viaggi, passaggi in barca e uno sconto per l’acquisto di una villa in Sardegna da parte di un suo amico di Comunione e Liberazione. In cambio, è l’ipotesi dell’accusa, avrebbe garantito una «corsia preferenziale» a Daccò, consulente della Maugeri, in Regione.
HA SEMPRE NEGATO – Il governatore Formigoni ha sempre sostenuto di non aver mai ricevuto nessun avviso di garanzia. Anche mercoledì mattina su Facebook, pochi minuti prima che fosse reso noto il comunicato della Procura, ha scritto, riferendosi ai quotidiani nazionali: «Ricordate come diedero la notizia – falsa – di Formigoni semplice indagato? Il Corriere in prima pagina, con ampi servizi interni ripetuti per più giorni (…) Un’ultima considerazione: questi giornaloni ricevono anche una sovvenzione pubblica, pagata con i soldi delle tasse di voi cittadini. Pensate che meritino ancora i vostri soldi in omaggio?».
«CONTINUEREI A GOVERNARE» – «Se arriva un avviso di garanzia, riterrei di continuare a governare come stanno facendo tutti i miei colleghi in quelle condizioni», aveva affermato Formigoni, interpellato mercoledì sera su Rai 3, spiegando che «l’avviso di garanzia ha raggiunto molti presidenti di regione». Interpellato nuovamente sui suoi rapporti con Pierangelo Daccò, Formigoni aveva ribadito che «Daccò non ha avuto alcun vantaggio dal fatto di conoscermi».