LA FAMIGLIA MASSACRATA, la bimba ferita è uscita dall’ospedale. Alla guida «un bianco dall’aria agitata». Il primo soccorritore: «Sembrava una scena di CSI».
PARIGI – Zainab, la bambina di sette anni rimasta gravemente ferita nel massacro della sua famiglia sul lago di Annecy, ha lasciato l’ospedale di Grenoble dove era ricoverata ed è tornata in Inghilterra, accompagnata da alcuni parenti. Ritrova la sorellina Zeena, quattro anni, che scampò alla strage nascondendosi per otto ore sotto il corpo senza vita della mamma. Quanto all’inchiesta, i gendarmi francesi cercano un’auto 4×4 Mitsubishi Pajero di colore scuro, dai vetri posteriori anneriti e la targa britannica. La macchina sarebbe stata notata sull’autostrada A39 mentre procedeva a forte velocità in direzione di Lione, pochi minuti dopo la strage di Chevaline, nove giorni fa. Molti testimoni avevano già parlato di un 4×4 scuro notato nella zona del delitto, adesso arriva una testimonianza secondo la quale la Mitsubishi Pajero sarebbe stata guidata da qualcuno «sbiancato in volto» e «dall’aria agitata», secondo quanto riferisce LeDauphine.com. Ieri intanto ha rivelato la propria identità l’ex pilota della Royal Air Force che dette l’allarme dopo avere visto per primo tra i boschi di Chevaline, sul lago di Annecy, la Bmw bordeaux della famiglia al Hilli (inglese di origine irachena) con i cadaveri di Saad al Hilli, la moglie Iqbal, la suocera Suhaila al Allaf, morti assieme a Sylvain Mollier, un uomo del posto.
IL RACCONTO DEL SOCCORRITORE – Brett Martin ha rilasciato un’intervista alla Bbc, nella quale racconta quel che ha visto mercoledì 5 settembre, poco prima della 15. «Come ogni pomeriggio ero uscito di casa verso le 14h30 per fare una passeggiata in bicicletta – racconta Martin -. La prima cosa che ho visto è stata una bicicletta per terra. Siccome avevo visto poco prima un uomo che pedalava davanti a me, ho pensato che si stesse riposando. Mi sono avvicinato ancora, e ho visto una bambina sul bordo della strada e all’inizio ho creduto che stesse giocando perché, da lontano, sembrava che si buttasse a terra per scherzare, come certe volte fanno i bambini. Ma poi era evidente che era ferita gravemente, era coperta di sangue. Poi ho visto il cadavere del ciclista, e i corpi dentro la macchina. Ho pensato a uno spaventoso incidente stradale, ma l’auto era intatta, e ho capito. C’era moltissimo sangue. Mi sembrava di essere dentro un film di Hollywood, aspettavo che qualcuno dicesse “stop” perché tutti si rialzassero. Sembrava una scena di CSI Miami. Purtroppo invece era vita reale». Martin, ex ufficiale della Raf in pensione che si divide tra l’Inghilterra e la sua casa sul lago di Annecy, racconta poi di avere rotto il finestrino anteriore destro dell’auto – «che comunque aveva già dei buchi di proiettile» – per spegnere il motore dell’auto, rimasto acceso. «Poi ho dovuto scegliere che fare: il telefonino non prendeva, volevo dare l’allarme ma non volevo lasciare da sola la bambina, che era grave entrare e usciva continuamente dallo stato di coscienza. Era ferita alla spalla e alla testa, ho pensato che se me la fossi caricata sulle spalle correvo il rischio di provocarle un’emorragia interna e di ucciderla. Ho deciso di metterla sul fianco, nella posizione che avevo imparato ai corsi di pronto soccorso, e sono andato a cercare aiuto».
TRAMONTA LA PISTA “SVEDESE” – Le indagini continuano in Francia e soprattutto in Gran Bretagna, dove la polizia cerca indizi dalla perquisizione della casa degli al Hilli, nel sobborgo benestante londinese di Claygate. Una possibile nuova pista sembra già chiudersi: la stampa britannica ha segnalato che Haydar Thaher, 46 anni, figlio della donna più anziana morta nella strage, entrambi con passaporto svedese, aveva più volte in passato picchiato la madre, ed era noto alla polizia svedese per le aggressioni ai suoi genitori. Ma il 5 settembre, giorno del massacro, l’uomo risulta ospite di un ospedale psichiatrico in Svezia.