MA LA GOVERNATRICE CONTINUERA’ A FARE POLITICA – VERSO UN ELECTION DAY. Attacchi ai consiglieri: «Con questi malfattori non ho nulla a che fare». E all’opposizione: «Le ostriche c’erano già prima». LE DIMISSIONI DI POLVERINI E LO SCANDALO FONDI PDL NEL LAZIO. Berlusconi pensa a un contenitore «federativo» al posto del partito.
ROMA – Renata Polverini si è dimessa: lo dice lei stessa alla stampa intorno alle otto di sera di lunedì al residence Ripetta con accanto il vicepresidente Ciocchetti dell’Udc. «Ieri l’ho comunicato al presidente Napolitano, poi al premier Monti e oggi ai leader della mia coalizione. Non ritengo questo Consiglio più degno di rappresentare una regione importante come il Lazio».
«CONSIGLIO NON PIU’ DEGNO» – Dimissioni irrevocabili. Mentre dice di non aver ricevuto quelle delle opposizioni. «Questi signori li mando a casa io. Noi arriviamo qui puliti. Ero a capo di una giunta che ha operato bene ma che va a casa a causa di un consiglio regionale non più degno». Il Lazio, sostiene, è un organismo «a due teste: da un lato c’è la giunta, dall’altro il consiglio. Non potevo mai immaginare che tutti nel consiglio facessero un uso così disinvolto dei fondi pubblici». Non sembra affatto intenzionata a mollare la politica: «Ho intenzione di continuare a testa alta. Con questi malfattori non ho niente a che fare: lo devo alle persone leali come il vicepresidente Cioccetti dell’Udc che mi è stata fedele fino all’ultimo. Questa storia nasce per una faida interna al Pdl. Un partito che non consegnò la lista che ci ha consegnato un dibattito interno coordinato da personaggi ameni che si aggirano in Europa».
ELEZIONI FORSE IN FEBBRAIO – Dal momento in cui le dimissioni di Renata Polverini diventano esecutive, scattano i 135 giorni previsti per legge: 90 giorni per indire le elezioni e 45 di campagna elettorale. Le elezioni regionali, a questo punto, si potrebbero svolgere da febbraio. È possibile però che il governo, anche per risparmiare, opti per un election-day accorpando le regionali con le elezioni comunali.
ATTACCHI ALL’OPPOSIZIONE – Attacchi anche al Pd: racconta di aver deciso di lasciare la guida della Regione già lunedì scorso, «ma sono andata avanti per smascherare l’opposizione che chiedeva le mie dimissioni. Anche il Pd voleva regolare una battaglia interna. Vadano a casa ma non si permettano di parlare di me e dei miei collaboratori. Le ostriche non le ha inventate l’ex capogruppo. Io non ho mai avuto una carta di credito, nemmeno i miei collaboratori». Attacchi anche all’Idv. «Io dico basta, non lo merita la mia storia personale, la mia famiglia, infangata da due anni. Da pochi minuti sono tornata una persona libera e mi sento veramente bene. Due anni e mezzo in questo sistema, me lo sentivo come una gabbia». Polverini rimarrà in carica per le attività ordinarie. «Me ne vado senza colpa alcuna… ma lo faccio a testa alta». Alla fine una battuta: «Vado a mangiare, con la mia carta di credito».
ALEMANNO – «Le dimissioni di Renata Polverini sono l’epilogo inaccettabile di una bruttissima vicenda»: è il commento del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. «Un Presidente di Regione, eletto dal popolo, senza neppure un avviso di garanzia – prosegue – viene costretto a dimettersi dalle faide interne di partiti e da un’opposizione che, ancora una volta, ha dimostrato tutta la sua ipocrisia nello strumentalizzare una vicenda su cui il Presidente della Regione non ha responsabilità. A Renata Polverini va tutta la mia solidarietà umana e politica».
UDC – La comunicazione arriva dopo che l’Udc aveva «staccato la spina» a Renata Polverini. Al termine di una giornata frenetica, caotica, fitta di incontri e appuntamenti, gli uomini di Pierferdinando Casini hanno deciso: via dal consiglio regionale, dimissioni imminenti che si vanno a sommare a quelle, già pronte, di Pd, Sel, Federazione della Sinistra, Idv. E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Casini lo ha detto esplicitamente intervenendo al Tg3: «Polverini lasci. Mi auguro che non ascolti chi le dice di rimanere ancora lì. Gli italiani apprezzeranno. Mi auguro che il Presidente Polverini e chi ha collaborato con lei in modo serio capisca che con questa marea di fango che si è alzata, restituire la parola agli elettori significa essere dignitosi».
TRAVOLTA DALLO SCANDALO – L’amministrazione della Polverini, così, non è arrivata neppure a metà mandato ed è stata travolta dallo scandalo-Fiorito, denunciato ad inizio settembre dal Corriere della Sera. I consiglieri regionali Udc, insieme al vicepresidente della giunta Luciano Ciocchetti e all’assessore Aldo Forte, hanno provato a resistere. Ma, dai leader nazionali, è arrivato l’aut aut: o fuori dalla Regione, o fuori dal partito. Così, dopo l’Udc, è venuto giù tutto il resto: anche i consiglieri di Fli (Francesco Pasquali) e di Api (Mario Mei) hanno comunicato le loro dimissioni. Il numero di 36 defezioni, necessario per far decadere il consiglio regionale, è così raggiunto. Dimissioni anticipate da quelle della presidente, che nel pomeriggio aveva disertato l’unico appuntamento della giornata, il premio “Anima” in Campidoglio. Sarebbe stato il suo ultimo evento pubblico da presidente del Lazio.
ROMA – Ci hanno provato fino all’ultimo a resistere alla valanga che solo in pochi avevano saputo prevedere nelle sue reali dimensioni una settimana fa, quando lo scandalo è esploso. Non Silvio Berlusconi, che alla Polverini fin dal primo momento aveva chiesto di «resistere», perché il muro del Pdl e delle sue regioni non cedesse. Non Angelino Alfano, che solo ieri pomeriggio, quando era diventato evidente che l’ormai ex governatrice del Lazio non aveva più i numeri in Consiglio e tantomeno la voglia di rimanerci, le ha detto che «non si resta a dispetto dei santi, se pensi che non hai più dietro la forza per andare avanti, lascia». Non i colonnelli laziali e nazionali in faida perenne e, alla fine, alla conta delle rispettive macerie.
Come era inevitabile, non ce l’hanno fatta. E adesso raccontano di un Berlusconi «amareggiato», deluso, assolutamente colpito da «una vicenda squallida» le cui dimensioni non immaginava ma della quale oggi certo non sottovaluta la portata. E infatti ieri, quando ha sentito la Polverini, quando ha avuto chiaro che il quadro non era ricomponibile e andare avanti in una guerriglia senza fine avrebbe fatto male a tutti, ha convenuto che «sì, Renata, forse la cosa migliore è lasciare». Mettendo un punto, andando a capo e rovesciando il tavolo. Per ricominciare da zero, o quasi.
«Questo è solo l’inizio. Adesso si cambia tutto», diceva ai suoi lunedì il Cavaliere, deciso a dare un senso concreto alle parole che nel Pdl tutti ripetono come un mantra, «trasparenza», «basta guerre intestine», «via i ladri», «pulizia», «rinnovamento». L’idea ancora deve essere messa a punto nei suoi particolari, ma quello a cui pensa l’ex premier, che ne parlerà con i vertici del partito in un ufficio di Presidenza che dovrebbe tenersi già domani, è il progetto di nuovo contenitore – magari federativo – delle diverse anime, nel quale possa tornare a spiccare quella originaria che diede vita a Forza Italia nel ’94, ovviamente riveduta e corretta. E dunque torna a farsi forte l’ipotesi dello «spacchettamento» tra ex An e ex FI se i primi non ci staranno, come quella di una sorta di lista civica nazionale o comunque di un movimento con nuovo nome, nuovo simbolo, nuovi candidati e nuovi vertici, almeno in larga parte.
Un’impresa, più che un cambio di rotta. Non necessariamente destinata a decollare. Perché, come dice un dirigente del partito «il Pdl non è Forza Italia, non è una cosa che puoi archiviare da un giorno all’altro, ci sono regole, statuti, patti depositati…». E dunque il percorso, se verrà intrapreso, dovrà essere condiviso. Anche dai vertici dell’attuale partito, che comunque stanno tentando di mettere a punto le prime mosse.
Già lunedì – in una giornata caotica, nella quale c’era chi insisteva per non mollare sulla Polverini «perché così perdiamo il Lazio, inizia lo sfacelo», altri (dalla Santanché a Galan a Napoli) chiedevano di staccare la spina a un’esperienza che non poteva che portare a guai peggiori – Alfano dopo essersi speso per una mediazione ha riunito i vertici in via dell’Umiltà e ha cominciato ad affrontare il tema dell’azzeramento dei coordinatori regionali. E dei controlli che dovranno essere «sempre più capillari, più incisivi, per cacciare le mele marce dal Pdl».
Martedì il segretario vedrà, assieme a Berlusconi, i capigruppo e i coordinatori delle Regioni per capire se altri casi Lazio sono in vista e possono essere anticipati, se altri Fiorito si aggirano a minacciare l’esistenza stessa di un partito in crisi nera. E la controffensiva dovrà essere forte e dura, se già all’interno le acque si agitano sempre più, se i sindaci rottamatori guidati dal primo cittadino di Pavia Alessandro Cattaneo protestano («Noi l’avevamo detto per tempo ma siamo rimasti inascoltati, ora serve rinnovo e merito») e si preparano a chiedere l’azzeramento di tutti i vertici del Pdl e il superamento di Berlusconi.
Insomma, la situazione è serissima, e stavolta sarà difficile limitarsi a un ritocco di maquillage solo annunciato. Ma la sensazione è che si possa arrivare a un braccio di ferro tra le anime del Pdl, perché quella che Cicchitto chiama la doverosa lettura «degli errori commessi» non porta alle stesse soluzioni. «Se Berlusconi spacca tutto – avverte un big del Pdl – resterà con nulla in mano e non si salverà nemmeno lui: la Minetti mezza nuda, i processi, la carica vincente che non c’è più dovrebbero sconsigliargli nuovi predellini».