A «che tempo che fa». Ospite da Fazio, l’ex segretario annuncia il “passo indietro”. «Ma non rinuncerò fare politica. L’impegno civile continuerà». L’ex premier potrebbe essere spinto a rinunciare. La mossa crea problemi anche a Bindi, nel mirino di Renzi.
Walter Veltroni fa un passo indietro: ospite da Fabio Fazio a «Che tempo che fa», durante la registrazione della puntata che andrà in onda domenica sera, l’ex Segretario del Pd ed ex sindaco di Roma, ha annunciato che non ha intenzione di ricandidarsi per un seggio alla Camera alle prossime elezioni politiche. Veltroni ha poi aggiunto che «rinunciare a fare il parlamentare non vuol dire rinunciare a fare politica. Continuerò a fare politica, ad impegnarmi in quello a cui sempre creduto, cioè l’impegno civile, la battaglia di valori sulla legalità».
«ROTTAMAZIONE? NON MI PIACE» –All’ex sindaco non piace la parola: «rottamazione perchè si rottamano le cose, e da noi si rottamano anche con una certa velocità, ma non si possono rottamare le persone, le idee, le storie, i valori, le fatiche che ciascuno ha compiuto. La nostra generazione politicamente ha vinto e ha perso, come tutti si vince e si perde. Quello che possiamo dire è che però questa generazione, anche di dirigenti della sinistra ha portato al governo per la prima volta la sinistra unita nella storia di questo Paese e ha consentito alla sinistra di vincere e governare in tante regioni, provincie e comuni».
«MONTI? DOVEVA RIMANERE NELLA CARTA D’INTENTI»– Veltroni è poi intervenuto sulla questione «Monti/Carta d’Intenti» ovvero sull’omissione del premier nel documento siglato da Bersani, Vendola e Renzi in vista delle primarie. «C’era nel testo originale un riferimento a Monti – ha rivelato l’ex segretario- e secondo me doveva restare. Quella dell’attuale governo è un’esperienza che noi stiamo sostenendo, è un’esperienza che ha dato prestigio e autorevolezza all’Italia dopo la tragedia del berlusconismo, esperienza che ha dentro di se spinte riformatrici che superano anche una certa inerzia dei partiti: per cui, secondo me, quella è un’esperienza alla quale guardare con grande attenzione e interesse».
RIPENSACI – E sono tanti gli inviti a Ventroni a rivedere la sua scelta. «Sono tra quelli che pensano che dovremmo convincere Veltroni a ripensarci» scrive su Twitter il vicesegretario del Pd, Enrico Letta. Ma c’è chi nel cinguettare è un po’ meno tenero. Come il segretario nazionale de La Destra Francesco Storace. «Veltroni non si ricandida al Parlamento. C’è stato dall’87 al 2001, poi dal 2008 arriverà al 2013. 19 anni, doveva superare il ventennio?».
ROMA – A Pier Luigi Bersani, con cui ha parlato ieri sera, l’ha spiegata così: «E’ una scelta del tutto personale, senza altre letture. Non è per fare polemica: avevo preso un impegno nel 2006 e dentro di me l’avevo confermato quando mi sono dimesso da segretario». Ma è indubbio che, al di là delle sue intenzioni e della sua volontà, la scelta di Walter Veltroni è destinata a mutare il corso delle cose nel Partito democratico. Ed è singolare in questo senso che, seppure per caso, il suo annuncio sia caduto proprio nel giorno del compleanno di quel Pd che lui ha fondato.
Da settimane l’ex leader spiegava di «non poterne più di essere messo nel calderone dei vecchi che hanno fatto cattiva politica», da mesi ripeteva che «la storia del patto tra i big del partito per cui io mi sarei prenotato la presidenza della Camera per la prossima legislatura è una balla». E ora si sente finalmente «in pace» con se stesso. Il che non vuol dire che si defilerà dalla lotta. Lo ha assicurato al segretario: «Farò campagna elettorale e mi impegnerò per far vincere il Pd». Bersani ha ringraziato sia per la promessa fattagli sia perché con questa decisione Veltroni spiana la strada al leader che vuole rinnovare «senza umiliare o mettere da parte nessuno»: «Dobbiamo far vedere che anche noi vogliamo il ricambio, anche perché è vero».
E adesso tutti si chiedono che cosa farà D’Alema. Perché l’annuncio di Veltroni pone un problema ai maggiorenti di lungo corso del Pd. Per dirla con il giovane onorevole Fausto Recchia «in molti oggi si sentiranno invecchiati». Bersani spera in suo autonomo passo indietro. Il presidente del Copasir ha ammesso in più di un comizio che due mesi fa aveva pensato di dimettersi ma che poi di fronte «all’aggressione di Renzi» ha cambiato idea. E ora? Ora che Emanuele Fiano dice «facessero anche gli altri questo gesto». Ora che Alessandra Moretti, portavoce del comitato elettorale di Bersani, non ha fatto e non fa mistero di voler pensionare anche lui, che cosa farà D’Alema?
È spiazzato, di certo, perché questa sua scelta l’ex segretario del Pd l’aveva maturata da solo, una settimana fa. Ne era al corrente, in qualche modo, Bersani, ma erano pochissimi quelli che sapevano tutto: la moglie Flavia e l’indispensabile braccio destro Walter Verini. Il presidente del Copasir sostiene che «come sempre, farà quello che è bene per il partito». E lascia intendere che potrebbe defilarsi. Ma intanto non si sa quanto spontaneamente più di seicento politici, economisti, uomini di cultura meridionali oggi su l’Unità sosterranno che per loro «D’Alema è un punto di riferimento».
Si badi bene, questo non è un tentativo di ricandidatura da parte del presidente del Copasir. Semplicemente, D’Alema è amareggiato per il trattamento riservatogli: «Sono stato preso come il simbolo negativo della politica». E il fatto che i vertici del Pd non lo abbiano difeso gli ha fatto male. Un conto è uscire dalla mischia politica tra i fischi, un altro uscirne tra gli applausi. Ma non c’è solo D’Alema a essere spiazzato – e nel suo caso anche anticipato – dalla mossa di Veltroni. C’è anche Rosy Bindi. È in Parlamento da una vita e Renzi glielo ricorda ogni volta che può. Lei dice «mi rimetto alle decisioni del partito». Però spiega anche perché e per come si è meritata la ricandidatura. Ora non potrà riscendere in pista senza fare la figura di quella attaccata alla poltrona. Perciò sta riflettendo sul da farsi. Lo stesso dicasi per Anna Finocchiaro. Non ha problemi invece l’ex presidente del Senato Franco Marini che, qualche mese fa, in un’intervista alla Stampa disse che non si sarebbe ricandidato.
Ora c’è chi per rito o chi per convinzione, chiede a Veltroni, come fa Enrico Letta, di «ripensarci». Ma lui spiega: «Non ritornerò mai sui miei passi». E non esclude in un prossimo futuro un altro viaggio in quel continente che, al di là delle ironie che sono state fatte, gli è rimasto nel cuore: l’Africa.