Il sequestro lampo da parte di tre italiani e tre albanesi. Comunicato del collaboratore di Berlusconi: «Ho ritardato a riferire del sequestro per timore». Il Cavaliere e le assenze agli impegni ufficiali dopo il sequestro. Tutti nel partito sostengono che non c’era sentore di stranezze accadute in quei giorni.
MILANO – «Leggo con stupore ricostruzioni fantasiose della grave e dolorosa vicenda che è accaduta alla mia famiglia e a me» – è scritto in una nota di Giuseppe Spinelli, lo stretto collaboratore dell’ex premier Silvio Berlusconi, sequestrato per una notte da una banda di estorsori.
IL RITARDO – «Debbo precisare – continua Spinelli – che il mio ritardo nel riferire al Presidente Berlusconi e all’Avvocato Ghedini come si erano svolti effettivamente i fatti è dovuto unicamente al forte timore di gravi ritorsioni nei confronti dei miei familiari». «La denuncia alla Autorità Giudiziaria è stata fatta immediatamente dopo – conclude il ragioniere -. Debbo inoltre ribadire che nessuna somma di denaro è stata pagata né vi è stata alcuna trattativa».
GHEDINI – «Preciso che il presidente Berlusconi non ha avuto alcun ruolo nella vicenda e tutte le decisioni sui tempi e sui modi sono state assunte dal rag. Spinelli e da me», scrive in una nota il legale dell’ex premier, Niccolò Ghedini. Dopo aver descritto la telefonata con Spinelli, Ghedini aggiunge: «Dopo aver valutato il contenuto della presunta documentazione e, in particolare, ritenendo del tutto inverosimile il ruolo attribuito al presidente Fini e sulla base anche della mia conoscenza del rag. Spinelli, richiamai il presidente Berlusconi, dicendogli che a mio parere, lo Spinelli si trovava non in una situazione normale, ma in una situazione di costrizione. Il presidente Berlusconi mi consigliò allora di avvertire i carabinieri qualora avessi ritenuto che vi fosse una reale situazione di pericolo per il ragionier Spinelli».
Leone e Maier ripresi dalla polizia allo stadio di Roma
«NESSUNA TRATTATIVA» – «Preciso che nessuna somma di denaro è mai stata pagata a chicchessia né vi è stata alcuna trattativa con i sequestratori. Qualsiasi illazione su questo punto è totalmente destituita di fondamento», continua Ghedini. «L’unica preoccupazione del presidente Berlusconi è stata quella rivolta all’incolumità del suo collaboratore e dei suoi familiari. Per questo ha offerto con la consueta generosità al ragionier Spinelli ospitalità in una sua abitazione e gli ha messo a disposizione una scorta privata. Il tutto, fra l’altro, in pieno accordo con la Procura di Milano».
LA DENUNCIA – «Soltanto nella tarda mattinata di mercoledì 17 ottobre il rag. Spinelli si recava dal Presidente Berlusconi per raccontargli cosa era realmente successo. A questo punto il presidente Berlusconi – aggiunge l’avvocato – mi avvisava telefonicamente e mi chiedeva di contattare subito la Procura di Milano. Il rag. Spinelli però mi pregò di attendere ancora per consentirgli di avvertire la moglie sull’evolversi della situazione. Infatti i coniugi avevano subito pesanti minacce dai sequestratori nel caso in cui avessero narrato i fatti o addirittura avvertito l’Autorità Giudiziaria. Appena rientrato a casa, il rag. Spinelli riceveva la telefonata di uno dei sequestratori. Mi avvisò dell’accaduto e gli feci presente che non si poteva tardare nell’avvertire l’Autorità Giudiziaria. Così, finalmente, il rag. Spinelli acconsentì a recarsi di fronte all’Autorità Giudiziaria. Perciò avvisai immediatamente il dottor Bruti Liberati al quale, dopo pochi minuti – conclude Ghedini – inviai un fax di denuncia».

ROMA – Gli hanno impedito di parlare, a spiegare le sue ragioni e il suo ruolo penseranno i suoi avvocati. Almeno per ora, almeno finché non esploderà, per dire in prima persona «quale è la verità». Ma, come tutti nel Pdl, Silvio Berlusconi sa che la storiaccia del sequestro del ragionier Spinelli pesa nell’immaginario collettivo e nello scenario politico sia con il silenzio che con le parole.
Sa, l’ex premier, che venire a scoprire oggi – a un mese di distanza – che le sue assenze da un pranzo già fissato con Mario Monti e dal vertice del Ppe a Bucarest forse non erano dovute solo «a un’influenza», come giuravano dal suo staff e scrivevano con molta perplessità i giornali, bensì alla necessità di incontrare il suo contabile di fiducia appena rilasciato dai sequestratori, alimentano i sospetti sul suo ruolo, sulla sua libertà di azione, sulla possibilità che possa ancora svolgere una parte politica da protagonista viste le tante vicende complicate in cui è coinvolto.
Da Palazzo Grazioli smentiscono decisamente che si possano fare congetture: «Si sapeva da due giorni prima che Berlusconi non sarebbe andato a Bucarest». Ma al di là della rabbia, la condanna al processo Mediaset, il processo Ruby ancora in corso, ora questo caso che si annuncia molto più intricato e spinoso di come pure già appare a prima vista, non possono che fiaccare lo spirito del Cavaliere che pure – dice chi gli è vicino – si dice «estraneo ad ogni pagamento», ad ogni atto illecito di qualsiasi natura, lontano anni luce da qualsivoglia connivenza, semmai vittima di un tentativo di raggiro.
Tutti nel Pdl giurano che non c’era alcun sentore che fosse accaduto nelle scorse settimane qualcosa di strano, che mai Berlusconi ha accennato nemmeno vagamente all’episodio, che non è apparso preoccupato per vicende che non fossero quelle note, dal destino delle sue aziende al Milan, da un Pdl che lo delude sempre più ai processi.
Ma anche se c’è chi giura che il suo silenzio di questi giorni è dovuto all’attesa del risultato delle primarie del Pd, perché se vincesse al primo turno Bersani allora il grande capo potrebbe sparigliare e annunciare seduta stante, già lunedì prossimo, il suo ritorno in campo, altri si dicono certi che non avverrà nulla di tutto questo.
«Sono mesi che si parla del suo ritorno in campo, di una lista pronta a partire, e sono mesi che non succede niente», dice un big di via dell’Umiltà. E ancora due giorni fa, prima di questa ultima tempesta, lo descrivevano «sempre meno orientato a tornare sulla scena da protagonista».
Se il clima è questo, se i problemi che si trova ad affrontare sono così pesanti, si capiscono anche le fughe a Malindi, la lontananza da Roma. Oggi il Cavaliere era atteso nella Capitale, c’è da decidere il destino delle primarie, ma molto probabilmente non arriverà. E a rischio è considerato anche l’ufficio di Presidenza che lui stesso dovrebbe convocare per domani. Da capire resta se è più la rabbia di dimostrare le proprie ragioni e spazzare via i sospetti o il malumore per il continuo affastellarsi di problemi. Mentre il partito aspetta in silenzio, quasi con il cuore in gola, ogni possibile sviluppo.