VOLANTI NELLA BUFERA. Undici indagati: per quattro divieto di dimora a Bergamo.
In divisa, durante gli orari di servizio, con la «pantera» parcheggiata lì fuori. Poliziotti della squadra Volanti che, anziché presidiare la città, se ne stavano in sala giochi a tentare la sorte con le slot machine. Non è successo una sola volta, ma per almeno 9 giorni (10 quelli monitorati), anche due volte nella stessa giornata. E non erano i soli. A volte c’erano anche tre militari dell’esercito. Contestazioni contenute in un’inchiesta destinata a sollevare un polverone in via Noli, questura.
Agenti e militari sono stati ripresi dalle telecamere interne ed esterne della «Fair play» di via Borgo Palazzo 226 e della «Merkur win» di via San Bernardino 110. Immagini ritenute inequivocabili dal pubblico ministero Giancarlo Mancusi, che ha messo sotto inchiesta undici persone. Sette sono agenti delle Volanti, uno è un poliziotto dell’ufficio immigrazione «in prestito» alla squadra del pronto intervento per carenze di organico, altri tre sono militari del primo reggimento trasporti, esercito (insieme a un agente formavano la pattuglia mista).
Per quattro di loro sono state eseguite le misure cautelari del divieto di dimora a Bergamo. Significa niente casa e niente lavoro in città. Sono G.F., 49 anni (l’agente dell’ufficio immigrazione); S.A., 48 anni; A.I., 30 anni, e C.B., 34 anni (questi tre delle Volanti). La notifica dei provvedimenti ieri mattina. Occhi sgranati e colpo incassato in silenzio. Fino al giorno prima, gli agenti erano tranquillamente al lavoro, con tanto di pranzo in mensa.
Hanno frequentato le sale gioco durante il servizio più degli altri, hanno un grado superiore agli altri e, vale per l’agente «in prestito», aveva un ruolo guida della pattuglia mista: motivi che hanno fatto scattare le misure. Ma a tutti gli indagati viene contestato il concorso: sapevano che le capatine alle slot non erano isolate, tacendo sono stati complici e il silenzio dell’uno ha rafforzato il comportamento degli altri.
I reati contestati sono due. La truffa ai danni dello Stato e l’abbandono del servizio previsto da una specifica legge sulla polizia di Stato (l’articolo 73 della 121/81). Più una serie di aggravanti: il numero dei concorrenti nel reato, aver abbandonato il posto di lavoro durate un servizio di pubblico soccorso e, in alcune occasioni, aver interrotto il pattugliamento nell’area assegnata. Bergamo, infatti, è divisa in cinque zone di controllo: quattro assegnate alla polizia e una ai carabinieri. Capitava che per raggiungere la sala giochi, gli agenti sconfinassero dall’area loro assegnata, lasciandola scoperta, ad un’altra. Si sa che le pattuglie scarseggiano, è un problema più volte segnalato dai sindacati di polizia. L’assenza di due, ma anche solo di una e anche solo per mezz’ora, significava quindi togliere tempo e uomini al controllo del territorio.
L’indagine è partita da una segnalazione, probabilmente una soffiata in casa questura. Veleno sui colleghi, oppure verità? Spunto da verificare. Ci ha pensato la squadra Mobile, sempre famiglia di via Noli, ma su un altro piano. Ha acquisito le immagini delle telecamere delle due sale giochi, a partire dal 15 ottobre e per una decina di giorni. Filmato dopo filmato, gli agenti hanno collezionato immagini che lasciano poco margine al dubbio: poliziotti in divisa ripresi, non solo mentre entravano nelle sale giochi quando non c’erano esigenze di servizio – almeno secondo una prima verifica -, ma anche mentre tentano la fortuna infilando i gettoni nelle macchinette.
A tutte le ore. Alle 7 del mattino, così come la notte. A volte una sola pattuglia, in almeno un’occasione due, vale a dire quattro agenti. In altre immagini è spuntata la cosiddetta pattuglia mista: tre militari più un poliziotto che, in un caso, sono stati ripresi nel locale due volte nello stesso giorno, per una permanenza totale di un’ora e mezza.
Non tutti giocavano. Qualcuno se ne stava a guardare o a chiacchierare con il personale del locale. Tutti, comunque, senza circospezione. Secondo le contestazioni, quattro erano i più assidui giocatori. Motivo per il quale il pm ha ravvisato l’esigenza di toglierli dal servizio. Quindi la richiesta di misura cautelare sottoposta al giudice delle indagini preliminari, che ha accolto in pieno l’istanza. Ieri mattina gli agenti si sono visti notificare i provvedimenti. Ci sono state anche delle perquisizioni. A questo punto la palla passa agli indagati. Malati di gioco? Lo spiegheranno loro. Intanto, il giudice delle indagini preliminari ha 10 giorni di tempo (più delle 48 ore nel caso di detenuti) per interrogare gli agenti sottoposti a misura cautelare. Resta un quesito: nessuno, clienti e gestori, si è posto il problema? Altro nodo da sciogliere.