AREBBERO MIGLIAIA I PEZZI DI TERRA PRESENTI SULLE MAPPE CHE NON ESISTONO NELLA REALTA’. Le spedizioni verso il punto tra Australia e Nuova Caledonia hanno trovato solo acqua. Lo zampino «creativo» dei satelliti.
I geografi sono stupefatti e perplessi: a metà fra l’Australia e il territorio francese di Nuova Caledonia pensavano di trovare l’isola di Sandy. Ma l’isola è scomparsa. Anzi: non esiste proprio. L’«isola fantasma» australiana non è però un caso isolato. Seppur segnalate sulle mappe, sarebbero infatti ancora centinaia le isole «da sogno» che in realtà non esistono affatto. Se non sulle mappe, e non solo su quelle digitali.
ACQUA, ACQUA – Il suo nome è Sandy. Atlanti, carte nautiche e mappe la segnalano nell’oceano Pacifico. C’è anche su Google Maps. Qui, l’isola nel Mar dei Coralli misura poco più di 20 chilometri di lunghezza e circa cinque chilometri di larghezza – non ci sono foto, ma solo una misteriosa macchia nera. Sandy Island, così sembrava, aveva tutte le caratteristiche di un’isola in stile «Lost»: sperduta e disabitata. Oltretutto, il suo nome e la dimensione facevano pensare a lunghe spiagge, a un mare cristallino. Ma non esiste. È erroneamente segnalata sulle carte geografiche da almeno dieci anni. Una spedizione con un gruppo di ricercatori dell’Università di Sydney ha raggiunto ora in nave la zona in cui si sarebbe dovuta trovare la presunta striscia di terra. Cos’hanno trovato? Solamente acqua, acqua profonda a perdita d’occhio e barriera corallina.

ISOLE FANTASMA – Possibile? L’isola di Sandy è soltanto l’ultima di una lunga serie di isole a dover essere cancellate definitivamente dalle mappe. Nella cartografia si trovano altri pezzi di terra in mezzo al mare dai nomi fantasiosi: Antilia, Frislandia oppure Bermeja, quest’ultima segnalata nel Golfo del Messico davanti alle coste dello Yucatan sin dalle mappe del Cinquecento fino a quelle digitali di Google. Doveva essere grande come l’isola di Föhr (circa 83 chilometri quadrati). Tre anni fa i ricercatori dell’Università di Città del Messico avevano organizzato una spedizione per esplorare le sue risorse naturali. Tuttavia, dopo una settimana di ricerche – con navi e aerei – della striscia di terra non c’era traccia. Nessuno è in gradi di dire quante siano le cosidette «isole fantasma» – cioè quelle segnalate nel corso del tempo come realmente esistenti, con i contorni delle coste disegnati sulle mappe geografiche, ma rimosse successivamente dopo la dimostrazione della loro inesistenza. Controversi sono anche i tanti isolotti del sud del Pacifico con nomi evocativi quali Ernest Legouvé, Giove, Maria Teresa, Wachusett o Rangitiki. Colpa di esploratori ambiziosi, errori nella trascrizione delle coordinate in fase di disegno delle mappe o anche l’influenza di alcol, sono finite nella cartografia.
MISTERO – In verità, gli studiosi australiani erano partiti con la loro nave da ricerca Southern Surveyor per mappare il fondo dell’oceano. «Abbiamo voluto controllare perché le carte di navigazione a bordo segnavano acque molto profonde nella zona, oltre 1300 metri. La nostra collega Maria Seton ha scoperto questa bizzarra isola sulle nostre mappe meteorologiche, quindi siamo andati a vedere, ma non c’era nulla», ha raccontato Steven Micklethwaite dell’Università di Sydney. «Non lo sappiamo», ha spiegato Seton. «Una delle fonti degli atlanti è la Cia», aggiunge Micklethwaite. «Questo alimenta le teorie del complotto». Ciò nonostante, le isole fantasma hanno spesso una storia molto più antica. Un geografo arabo ne aveva identificato oltre 27.000 già nel dodicesimo secolo.
«ERRORE UMANO» – Nel «Times Atlas of the World» Sandy Island è identificata come Sable Island. Se in quell’area ci fosse effettivamente l’isola, dovrebbe cadere in territorio francese, speculano i giornali australiani. Tuttavia, l’isola di Sandy non compare sulle mappe ufficiali francesi. Secondo il servizio idrogeografico australiano, che produce le carte nautiche del Paese, la sua comparsa su alcune mappe scientifiche e su quelle digitali sarebbe semplicemente legata a un errore umano, ripetuto negli anni. Sandy Island potrebbe essere stata segnalata in seguito all’errata interpretazione dei dati satellitari.
«ABBIAMO CAMBIATO IL MONDO» – Un portavoce di Google, dal canto suo, ha assicurato che il motore di ricerca accoglie sempre con piacere informazioni di ritorno sulle sue mappe «ed è in continua esplorazione per integrare nuove informazioni dagli utenti e da fonti autorevoli». Al momento, gli scienziati australiani non ritengono necessarie altre spedizioni verso Sandy Island. La regione sarebbe oramai stata esplorata nel dettaglio. «Sono state davvero delle felici coincidenze», ha sottolineato Micklethwaite. «Dopotutto -, aggiunge con un po’ di malizia -, possiamo dire di aver cambiato il mondo».