IL DUELLO TV SU RAIUNO LUNGO 105 MINUTI. Divisi su alleanze, pensioni, finanziamento ai partiti, Equitalia e Medio Oriente.
«Abbiamo la volontà di dare 100 euro netti al mese in più a chi guadagna meno di 2000 euro per 13 mensilità». Inizia sulla crisi economica la sfida di Matteo Renzi a Pier Luigi Bersani nel faccia a faccia su Raiuno. «Dobbiamo rimettere i soldi in tasca al ceto medio – ha aggiunto il sindaco di Firenze e bisogna cambiare il modello di sviluppo». Subito la replica del segretario del Pd: «Io non prometto venti miliardi l’anno prossimo, ma penso si debba fare qualcosa». Bersani stoppa subito la proposta di Renzi: «Qualcosa ricavandone dal risparmio, dalla lotta all’evasione e dalla solidarietà fiscale per cui chi ha di più dà di più. Senza dimenticare le tariffe, altro che lenzuolate: si è perso anche il lenzuolo». Negli studi della Dear al Nomentano, ad ascoltare i due rispondere alle domande di Monica Maggioni, ci sono oltre sessanta tra giornalisti, fotografi e cineoperatori.
EQUITALIA – Subito Renzi incalza Bersani: «Tu sei stato al governo 2.547 giorni, forse dobbiamo porci il problema anche di quello che non abbiamo fatto». E lo rimprovera per l’adesione a un modello fiscale «forte coi deboli e debole coi forti». Aggiungendo: «Tu e Visco avete dato poteri a Equitalia». Dura la replica: «Equitalia non l’abbiamo inventata noi, nonostante quel che dice Matteo. Stiamo cercando di migliorarla», ha ricordato. Ma Renzi ha avuto l’ultima parola: «Non ho mai detto che l’abbiamo inventata noi, ma che il nostro governo con te e Visco le ha dato i poteri».
LA METAFORA – Quanto alla possibilità richiamata da Renzi di un accordo transfrontaliero con la Svizzera, sul modello tedesco, Bersani è tranchant: «Io ho parlato con Gabriel, e m’ha detto: ho capito che c’è tanta gente che preferirebbe il passerotto in mano piuttosto che il tacchino sul tetto, ma questo è un condono. E io fino a questo punto di trattativa se non cambia nei prossimi giorni non arrivo perché è un condono». Renzi contrattacca, partendo dal lessico: «Ho capito che non si può fare il segretario del Pd se non si fanno delle metafore…», dice. Renzi è in maniche di camicia, Bersani in vestito blu (c’è chi dice cacao). Si chiamano per nome e si sorridono.
SUD – Da una parte la battaglia della legalità, dall’altra quella contro una mentalità considerata clientelare. Si è così giocato così il confronto sul Mezzogiorno. «La lotta della legalità è un grande problema nazionale; al Sud la criminalità occupa il territorio, al Nord investe e si inserisce nell’economia reale. La destra ha fatto un disastro in questi anni sotto il profilo culturale, ha contrapposto il Sud al Nord ma se hai un problema a un braccio non puoi tagliare, devi prima guarirlo. Dobbiamo tornare a parlare di Sud in chiave nazionale. È la più grande industria nel Paese e non possiamo far spallucce e girarci dal’altra parte», ha detto il segretario del Pd. «Non c’è un problema Sud, c’è un problema Italia. I temi al centro delle primarie non servono al Sud, servono al Paese», ha detto invece Renzi. «Il Sud è il luogo in cui si gioca la nostra sfida. Dobbiamo riuscire a liberarlo dalle raccomandazioni, a spendere bene i soldi o non andremo da nessuna parte».
PENSIONI – Il sindaco di Firenze difende la riforma sulle pensioni, il segretario del Pd ha chiarito che non mollerà sulla questione esodati. «Sarebbe facile dire sì torneremo indietro, si andrà in pensione prima. Io dico di no. Dobbiamo pagare un tributo alla serietà», ha spiegato Renzi. Vivendo più a lungo è naturale andare in pensione un po’ più tardi. Qualcosa va rimesso a posto, non solo sugli esodati, ma non puoi pensare di metterla in discussione. Non si arrabbia solo l’Europa, ma le nuove generazioni». Io non voglio ribaltare la riforma Fornero, ma non posso ritenere chiusa la riforma delle pensioni fino a quando non risolveremo il problema degli esodati», la replica di Bersani.
BERLUSCONI – Il confronto televisivo anche all’insegna del fair play. «Ti offro una birra», ha detto Renzi, rivolgendosi a Bersani, che ha accolto la proposta con un sorriso. Poi riprende il botta e risposta sulle politiche industriali. Per il sindaco non se ne sono fatte «negli ultimi 20 anni. Una politica industriale non c’è stata. Forse abbiamo qualcosa da farci perdonare». Ribatte Bersani: «Insomma, nessuno è perfetto ma andiamo a vedere un po’ di dati. Se avessero tenuto un po’ quello che abbiamo fatto noi… Ecco, non mettiamo assieme tutti gli ultimi 20 anni». Controreplica di Renzi: «Berlusconi ha deluso, esclusi Emilio Fede e Santanchè, ha deluso anche quelli di centrodestra. Ma noi non abbiamo capito quale strategia adottare e lo dico per i nostri figli. Abbiamo fatto politica industriale con i sussidi alle grandi aziende e si vede com’è finita».
LA POLITICA – Capitolo costi della politica. «Bisogna studiare un tetto ai cumuli dei vitalizi e delle pensioni. Bisogna partire dalla politica ma non è inammissibile che grande manager prende buona uscita da 20 milioni di euro». È la posizione di Bersani sui tagli alla casta, aggiungendo che «non siamo contrari al finanziamento pubblico». Punto su cui Renzi non è d’accordo: «Non basta dire dimezziamo il finanziamento pubblico, bisogna abolirlo, a Sposetti bisogna dire che è ora di dire stop all’aumento dei finanziamenti ai partiti e che tutte le spese dei partiti devono essere messe con fatture online». E Bersani chiede la sua quarta replica: «Sono d’accordo con Matteo sulla trasparenza ma la democrazia è stata inventata in Grecia e decisero che in democrazia la politica va sostenuta pubblicamente, così non è una tirannide. Non mi rassegno all’idea che la politica la facciano solo i ricchi». E Renzi: «Passar da Pericle a Fiorito ce ne passa…».
CONFLITTO D’INTERESSI – Non aver affrontato il problema del conflitto di interessi «è stato un limite ma bisogna capire bene» dove si deve andare a intervenire: «ci vuole una legge sull’incompatibilità e l’antitrust». Bersani sottolinea comunque che «non aver fatto un antitrust serio sulle comunicazioni è stato un limite» e ha poi citato il caso dell’Inghilterra dove «non c’è il conflitto di interessi ma non ci si mette le dita nel naso; se l’avessimo fatta la storia del Paese avrebbe avuto qualche curva in meno». «D’accordo con il segretario – ha detto Renzi – sul fatto che non ci mettono le mani nel naso e sull’antitrust». «Ma non giriamo intorno al problema, – ha concluso – non aver fatto il conflitto di interessi è la dimostrazione più drammatica che abbiamo fallito».
LA SCUOLA – «La prossima legislatura dovrà essere costituente per quel che riguarda la scuola, l’università e ricerca. Non possiamo continuare a cambiare e ricambiare». Bersani difende gli insegnanti. «La scuola – ha aggiunto – è l’ultima cosa che si può tagliare. Quello degli insegnanti è un ruolo che va rivalutato. Non possiamo dargli soldi, ma almeno a parole trattiamoli bene, sono su un fronte durissimo. Chi non può studiare riceve una ferita alla sua dignità umana». Sul tema il sindaco di Firenze ha nuovamente attaccato l’azione del centrosinistra al governo negli ultimi venti anni puntando il dito contro «la riforma che di sinistra aveva solo il nome, Berlinguer, sull’abilitazione degli insegnanti che sono 12 anni che stanno in coda, che continuano a essere presi in giro. Stiamo prendendo a “ciaffate” questi insegnanti».
OBAMA – Esteri. Chiusura della missione in Afghanistan nel 2013 e rivedere la questione degli F-35: «A Obama direi parliamone vedendo come si può risagomare la cosa». Pier Luigi Bersani avanza la sua proposta, ma Renzi replica: «Sull’Afghanistan la chiusura è già decisa nel 2014, sugli F-35 io ho proposto il dimezzamento ma non dipende da noi. Non facciamo demagogia, proprio te Pierluigi». Li divide anche il voto di giovedì all’Onu sulla Palestina e il Medio Oriente: «Io non sono così sicuro che bisogna per forza votare sì. Non è solo il governo italiano a mostrarsi titubante, lo sono anche gli inglesi ed altri…». «Non sono d’accordo con Bersani – ha detto fra l’altro Renzi – sul fatto che la centralità di tutto sia il conflitto israelo-palestinese. Il problema è generale di tutta l’area del Medio Oriente. E al centro c’è l’Iran. Dobbiamo noi Europa per primi ascoltare il grido di dolore delle ragazze di Teherhan. Se non risolviamo lì, non risolviamo il conflitto israelo-palestinese. A Gaza cosa c’è scritto, infatti? ‘Grazie Theran’. L’Europa non deve lasciare la questione Iran soltanto agli Usa: è quella la madre di tutta le battaglie nel Medio Oriente….»
CASINI – Si ritorna in Italia: «Noi ci presentiamo aperti. Non vogliamo fare regali a Pdl e Lega, ne abbiamo fatti fin troppi. Di fronte a ondate populiste, ci conviene tenere la testa un po’ aperta». Così Bersani conferma la sua linea sulle alleanze. Renzi replica: «Credo che noi non dovremmo fare l’accordo con Casini. Le ipotesi di nuove alleanze mi sanno di inciucio». Quanto all’Udc, «deve stare fuori, anche quella siciliana…», ha tenuto a precisare». Ma Bersani replica, rivendica le cose giuste fatte e a un certo punto, nel menzionare le famose lenzuolate, ironizza sulla frase del sindaco di Firenze, strappandogli un sorriso: «Son stato mille e tanti giorni al governo… Li hai contati tu: hai una bella pazienza…».
LEGGE ELETTORALE – «Per me la legge dei sindaci garantisce la governabilità. E ritengo anche che quello del sindaco d’Italia sia il modello istituzionale del domani» afferma Renzi al confronto con Bersani. Quanto alla riforma elettorale osserva: «Spero che non facciano una legge elettorale peggiore del Porcellum. Altrimenti meglio che questo tema sia rimandato alla prossima legislatura». «Sei sicuro che riusciamo a tenere tutte le anime insieme? La nostra preoccupazione è finire come l’Unione del 2008» ha detto Renzi. «Attenzione a non usare l’argomento dell’avversario», è stata la secca replica del segretario.
MINISTRI – Infine le prime tre cose da fare al governo? È la domanda ai due candidati. Per Bersani: «La cittadinanza per i figli degli immigrati, una norma secca anticorruzione e antimafia, il lavoro e la piccola impresa. E poi lascerei qualche sorpresa per il primo giorno perché governare vuol dire anche sorprendere un po’». Per Renzi priorità al lavoro: «Inteso come riforma delle regole, meno burocrazia, e un piano per l’innovazione e per il digitale». Renzi poi, se vincerà le primarie e le elezioni, farà un governo che sarà «l’Unione al contrario che è arrivato a 101 persone, per me bastano 10 ministri». Bersani farà un governo di «20 ministri, metà uomini e donne e con un rinnovamento generazionale molto netto anche se non prima di esperienza». Bersani e Renzi concordano sulla necessità di riconoscere i diritti alle coppie omosessuali. «Nei primi 100 giorni davvero – sostiene Renzi – serva la civil partnership inglese, uguali diritti per coppie dello stesso sesso, in passato abbiamo perduto un’occasione su omofobia e diritti civili». Bersani evita la polemica e assicura «le unioni civili secondo la legge tedesca, che Casini sia d’accordo o meno e una legge contro l’omofobia».
SCUSA – A chi chiedete scusa? è stato poi chiesto ai due candidati. «È chiaro che viene in mente mia moglie e le figlie per tutto il tempo che ho rubato a loro. Poi chiedo scusa al mio bravissimo parroco per lo sciopero dei chierichetti, era giusto farlo ma lui ci soffrì». È la risposta di Pier Luigi Bersani. Matteo Renzi replica: «Qui tra il parroco e Papa Giovanni al primo dibattito…». Il sindaco di Firenze vuole «chiedere scusa» al fratello. «Si è laureato con 110 e lode in medicina e ha deciso di andare via dall’Italia per non essere solo il fratello del sindaco di Firenze. Io gli voglio dire scusa e grazie».
LE DIVISIONI – Infine cosa divide Bersani da Renzi? Per il sindaco di Firenze è l’idea di futuro. «È come lo zio prudente contro il figlio coraggioso. Non possiamo andare nel futuro – dice Renzi – con le stesse persone che accompagnano Bersani e che in questi venti anni non hanno scritto una pagina di futuro». Bersani ammette che a dividere i due contendenti «è un’idea di rinnovamento. Ma non c’è bisogno di prendere a calci le esperienze. Bisognerà chiedere alle esperienze di dare una mano a far girare la ruota».
L’APPELLO FINALE – «Contro ogni pronostico siamo arrivati a un ballottaggio che è più di una finale», è la scelta tra due tipi di cambiamento «uno basato sulla sicurezza e uno sul coraggio, sul rischio. Ma oggi il vero rischio è non rischiare» e «se vi va di credere nel domani, andate a sceglierlo nelle primarie del centrosinistra», dice Matteo Renzi nell’appello finale. «Serve un cambiamento e io lo posso offrire» afferma Bersani per spiegare con quale spirito intenda mettersi al servizio del paese ha voluto raccontare quanto accadutogli martedì durante la visita ai dipendenti dell’Istituto Dermatologico dell’Immacolata («che si trova in una situazione fallimentare, da 4 mesi non prendono lo stipendio»): «all’ uscita una bambina di nome Lucrezia di 4 anni mi fa: “io per Natale voglio una bambola rossa e lo stipendio di mamma”. Ecco, io cercherò di guardare il mondo e l’ Italia da quel punto di vista lì, della gente più in difficoltà, più debole». Poi Renzi chiama Bersani per la stretta di mano. Sigla finale.