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Il governo riapre l’Ilva e avverte i Riva. I magistrati: testo incostituzionale. La fabbrica provoca ancora morti

Le misure. Passera: perdita di proprietà se non partono le bonifiche Monti: presto il garante. Il gip nega il dissequestro. La Procura valuta il ricorso alla Consulta contro il decreto del governo.

ROMA – Il decreto che dovrebbe garantire l’attività ma anche il risanamento dell’Ilva è stato approvato ieri dal consiglio dei ministri ed è pronto per essere firmato dal presidente della Repubblica. Entrerà in vigore il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Da quel momento, e per tre anni, il governo ha predisposto quella che il premier Mario Monti ha definito una «blindatura» del percorso di risanamento previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Un decreto non «salva Ilva», ha specificato Monti, ma «salva ambiente salute e lavoro» che dovrebbe correggere «gli errori reiterati nel tempo e delle incoerenze di molte realtà, sia imprenditoriali che pubblico-amministrative».

Come anticipato dal Corrieresin dal primo momento, la figura del garante della procedura c’è ed è centrale. Si tratta del referente del governo: colui che dovrà vigilare sull’attuazione dell’Aia e suggerire eventuali correttivi e sanzioni. La novità di ieri è piuttosto l’importanza e varietà dell’apparato sanzionatorio: si va dalla multa sul fatturato fino all’esproprio ex articolo 41 e 43 della Costituzione.

Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ha chiarito l’aspetto coercitivo del decreto: «La proprietà – ha detto – è costretta a fare, se non lo fa vede il suo bene depauperarsi fino a perderne il controllo, anche ricorrendo all’amministrazione straordinaria». Quindi, «se non si fanno gli investimenti e gli adempimenti di legge, viene messo qualcun altro a farlo» e «potrebbe anche essere che la proprietà perda la proprietà». Alla domanda se il governo è fiducioso nella volontà dei Riva, titolari dell’azienda, di adempiere all’Aia, Passera ha risposto: «Abbiamo fiducia nel provvedimento».

Il decreto, secondo il sottosegretario Antonio Catricalà, garantisce il rispetto della magistratura, la tutela della salute e dell’ambiente e il mantenimento dell’occupazione. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ha spiegato come il decreto dovrebbe superare i veti della magistratura: «Il decreto adottato – ha detto – è una legge, e come tale dovrà essere rispettata e anche il Tribunale del Riesame dovrà confrontarsi con questo decreto».

Quanto al «no» del gip di Taranto, arrivato ieri pomeriggio, al dissequestro dell’impianto a caldo, il premier ha tagliato corto: «Ancora non esisteva questo decreto legge». Lo stesso premier ha detto di non sentire il bisogno di «fare appelli perché il decreto non venga impugnato (dalla magistratura davanti alla Corte costituzionale, ndr )» perché «abbiamo posto grandissima attenzione agli aspetti giuridici e di compatibilità con la Costituzione. Inoltre un decreto legge ha costitutivamente bisogno del consenso del capo dello Stato, la cui guida e stella polare è la Costituzione».

Il decreto è stato accolto positivamente dalla maggioranza: «Se è come me l’hanno raccontato potrebbe essere una soluzione» ha commentato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Per il Pdl ha parlato Luigi Lettieri (commissione Sanità al Senato) secondo cui «è una giusta risposta». «Non possiamo affidare il destino del settore siderurgico italiano alle decisioni di un magistrato» ha dichiarato il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. Su posizioni opposte il leader di Sel, Nichi Vendola, governatore pugliese: «Spero sia un decreto che non tolga le prerogative alla magistratura di esercitare l’azione penale di fronte a un disastro ambientale».

TARANTO – La partita con l’Ilva non è finita, «abbiamo ancora qualche cartuccia da sparare», sorride amaro il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, che proprio non ci sta a passare per «il talebano», «il pazzo nemico di 20 mila operai», «se solo avessi cinque minuti per un caffè con il presidente Napolitano e con Mario Monti racconterei loro dei bambini che qui nascono già malati di tumore…», si sfoga il vecchio magistrato. Così, l’uomo che ieri per la delusione – dopo il decreto legge del governo che sospende di fatto i sequestri della magistratura – aveva pensato quasi di dimettersi, ora è già pronto a indossare di nuovo la toga in vista dell’udienza del prossimo 6 dicembre davanti al Tribunale del Riesame, per discutere dell’istanza di dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati presentata dall’Ilva. Sarà in quella sede molto probabilmente che la Procura solleverà eccezioni di incostituzionalità del decreto legge di Palazzo Chigi, chiedendo l’intervento della Corte Costituzionale. Il diritto all’eguaglianza, ad esempio: la legge è uguale per tutti, no? Ma se la legge è nata per l’Ilva, dove finiscono i principi di astrattezza e generalità?

Non solo. La Procura recepirà, nel suo ricorso, tutto quello che ha scritto proprio ieri – come fosse l’ultima sfida ai poteri forti – il gip di Taranto, Patrizia Todisco, rigettando l’ennesima istanza dell’Ilva di dissequestrare gli impianti dell’area a caldo: «È un fatto incontrovertibile – scrive il gip a pagina 7 del suo decreto – che l’attività produttiva dell’Ilva sia tuttora, allo stato attuale degli impianti e delle aree in sequestro, altamente pericolosa per la salute dei lavoratori e dei cittadini dei vicini centri abitati. Ed è del pari evidente che dell’attualità del pericolo e della attualità delle gravi conseguenze dannose per la salute e l’ambiente, ascrivibile alle emissioni tossiche derivanti dall’attività dell’area a caldo del siderurgico tarantino, la nuova Aia non si preoccupa affatto, posto che l’esercizio dell’attività produttiva non è stato subordinato alla preventiva, immediata e completa attuazione delle misure necessarie a far sì che per produrre acciaio non si provochi malattia e morte, come avviene tuttora».

Il giudizio di Patrizia Todisco sulla nuova Autorizzazione integrata ambientale concessa all’Ilva dal governo è durissimo: «I tempi di realizzazione delle misure prescritte dalla nuova Aia risultano incompatibili con le improcrastinabili esigenze di tutela della salute della popolazione locale e dei lavoratori, tutela che non può essere sospesa senza incorrere in una inammissibile violazione dei principi costituzionali di cui all’articolo 32 (diritto alla salute) e 41 (la libera iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana)…».

Eccoli, dunque, i profili d’incostituzionalità del decreto legge che spingeranno la Procura a porre la spinosa questione davanti al Riesame. E c’è la concreta possibilità che in quella stessa sede, giovedì prossimo, si sollevi anche il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Giusto ieri un altro magistrato influente di Taranto, Maurizio Carbone, segretario nazionale dell’Anm, non ha lesinato critiche al provvedimento d’urgenza di Palazzo Chigi: «È un’invasione di campo, dov’è finito il principio della separazione dei poteri? Il decreto legge vanifica di colpo tutti gli effetti dei provvedimenti presi dai magistrati per la tutela della salute dei cittadini. Il governo, così facendo, si è preso una grossa responsabilità».

La Procura di Taranto, però, ha in serbo ben altre cartucce da sparare: prima di gennaio 2013, quando scadranno i termini, il procuratore Sebastio vorrebbe chiedere il giudizio immediato per Emilio Riva e gli altri imputati. «Andiamo avanti, le pressioni sono enormi – conclude sfinito il capo del pool -. Perfino il Papa, all’ultimo concistoro, ha chiesto al nostro arcivescovo, don Filippo Santoro, notizie dell’Ilva. Speriamo che prevalga la ragione, ha detto Benedetto XVI. E io sono d’accordo. Ma viene prima la salute dei cittadini, non vi pare?».

Fabrizio Caccia

A. Bac.

Il governo riapre l’Ilva e avverte i Riva. I magistrati: testo incostituzionale. La fabbrica provoca ancora mortiultima modifica: 2012-12-01T15:49:09+01:00da
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