I nuovi sondaggi: ma le analisi degli istituti di ricerca divergono. La soglia magica che insegue il Centro. Berlusconi avrebbe guadagnato il 2,6% dalla performance con Santoro.
Tra i due litiganti è il terzo che decide (e si gioca) tutto alle elezioni, è sul risultato di Monti che sono infatti concentrate le attenzioni di Berlusconi e Bersani, convinti – numeri alla mano – che il Professore sarà determinante nella prossima legislatura soltanto se supererà la soglia del 15 per cento.
Il derby d’Italia sarà pur tornato a farsi appassionante, ora che il Cavaliere – dopo l’exploit televisivo da Santoro – ha guadagnato in un solo colpo il 2,6% nei sondaggi. E mentre il fondatore del Pdl fa mostra di credere in un’improbabile rimonta, il leader del Pd si mostra determinato a consolidare il vantaggio sul rivale.
Ma la sfida tra le due coalizioni non esaurisce la contesa per il governo del Paese, ora che l'(ex) arbitro è entrato in campo. Già non è facile districarsi tra i numeri dei rilevamenti demoscopici, che – com’era accaduto nel 2006 – divergono a seconda degli istituti di ricerca. Perché se è vero che ieri il sondaggio di Emg (commissionato dal tg de La7) evidenziava uno scarto di nove punti e mezzo tra centrosinistra e centrodestra, è altrettanto vero che l’ultimo report di Euromedia research (in possesso di Berlusconi) riduce la forbice a soli quattro punti e mezzo.
A parte la macroscopica differenza tra i due test, comunque questi numeri non basterebbero a prefigurare il vincitore delle prossime elezioni, dato che sul risultato finale pesa l’incognita del Senato, dove i dati nazionali andranno disaggregati su base regionale per l’assegnazione dei relativi premi di maggioranza. E non c’è dubbio che la governabilità dipenderà dalla composizione di palazzo Madama, è chiaro che l’obiettivo minimo del Cavaliere è conquistare la Sicilia e il Lombardo-Veneto per impedire al segretario del Pd di avere la maggioranza nei due rami del Parlamento.
Ma il vero snodo elettorale e politico passa dalla performance della coalizione guidata da Monti, che non sembra in grado di vincere il derby e tuttavia potrebbe ritagliarsi un pezzo di scudetto la sera del 24 febbraio, qualora ottenesse il 15% dei consensi. Lo sanno Berlusconi e Bersani, lo dicono gli stessi alleati del Professore: sopra «quota 15», Monti avrebbe la possibilità di condizionare se non addirittura determinare gli equilibri di governo; sotto «quota 15» si ritaglierebbe invece un ruolo minore, di interdizione, rischiando addirittura la marginalità.
Ecco spiegato il motivo per cui i leader di centrodestra e centrosinistra sono così interessati ai rilevamenti sull’area di centro. Ma i dati dei rilevamenti non sono omogenei. C’è una netta discrepanza, per esempio, tra l’ultimo sondaggio di Euromedia e quello di Ipsos: mentre l’agenzia della Ghisleri alla Camera quota la coalizione di Monti all’11% (6% Scelta civica, 4% Udc, 1% Fli), la società di Pagnoncelli accredita quasi sei punti in più al «partito» del Professore. Al Senato invece Euromedia attribuisce alla lista unica montiana un dato più alto (12-15%) rispetto all’ultimo rilevamento di Ipsos (11-12%).
Sono numeri che fanno fluttuare Monti tra la zona scudetto e la zona retrocessione, e che inducono Berlusconi a sperare di essere determinante al Senato per la maggioranza di governo.
Basta un niente d’altronde per ribaltare il risultato. Ecco perché il Cavaliere è arrivato perfino a commissionare un focus sulle candidature del Professore, dal quale risulta che l’elettorato montiano non ha gradito l’inserimento in lista di personaggi come l’olimpionica Vezzali e la cantante Minetti. Ieri però – analizzando gli ultimi dati – non ha potuto fare a meno di riscontrare un «piccolo salto in avanti» del premier. Perciò, al vertice di partito, ha sottolineato la necessità di fare molta attenzione ai candidati: «Siamo al 23,4%. E se non faremo errori nella composizione delle liste arriveremo di sicuro al 25%. Lo scarto dal Pd è di un milione e ottocentomila voti. Questo dato non ci deve spaventare, si può recuperare, perché si tratta di elettori che erano già nostri». È stato un modo per lasciare intuire ai dirigenti locali ciò che aveva anticipato ai dirigenti nazionali: «Nelle regioni in bilico deciderò tutto io. Non voglio candidati che portano il volto della sconfitta».
Berlusconi vuole depotenziare il terzo incomodo, assorbendo quella fascia di «ex votanti del Pdl» che oggi sono annoverati tra i «delusi». E non è detto che la nuova stagione dei processi sia nociva alla rimonta, visto che il leader del Pdl punta a bipolarizzare il voto gridando all’accanimento giudiziario. E per studiare meglio l’area degli astensionisti ha preso in esame una ricerca sulla proiezione del dato di affluenza, che al momento si aggira tra il 70-71%, ben al di sotto quindi della media elettorale, calcolata tra il 79-83%. È lì – secondo il capo del centrodestra – che vanno recuperati i consensi, per la maggior parte considerati ex berlusconiani. Ma non solo lì.
I report sul movimento di Grillo segnalano non solo un arretramento di M5S ma anche una certa «volatilità» in quanti ancora oggi dicono di voler votare per quella forza. Ecco il motivo del lavorio ai fianchi, speculare a quello del segretario del Pd, che sta cercando di prosciugare quanto più possibile il fronte sinistro di Ingroia, in nome del «voto utile». Così i due litiganti mirano a fare il pieno, con una differenza di non poco conto: Berlusconi punta a rendere irrilevante Monti, Bersani lavora per ridimensionarlo. Altrimenti al Senato rischia di dover scendere a patti con il Cavaliere.