A ROMA. Il presidente Ferrante minacciava la cassa integrazione per i dipendenti, ma la nota assicura: «Retribuzioni saranno regolari».
È terminato a palazzo Chigi il vertice convocato per affrontare l’emergenza Ilva. Al termine è stata diramata una dichiarazione congiunta. Governo, enti locali, azienda, Confindustria e sindacati concordano che, «in attesa del giudizio di costituzionalità in corso», debba essere applicata «integralmente e immediatamente la legge da parte di tutti i soggetti interessati, così da innescare il circolo virtuoso di risanamento ambientale/tutela della salute/tutela del’occupazione che deve risolvere il problema Ilva di Taranto». L’azienda, ha assicurato poi la nota, ha garantito «il regolare pagamento delle retribuzioni a tutti i lavoratori».
IL VERTICE – Il vertice, durato diverse ore, è stato presieduto dal premier dimissionario Mario Monti. Per le parti sociali erano presenti fra gli altri Susanna Camusso (Cgil) e Luigi Angeletti (Uil); mentre per gli enti territoriali c’erano il governatore Nichi Vendola e il sindaco Ippazio Stefano. Presenti anche i ministri dell’Interno Anna Maria Cancellieri e dell’Ambiente Corrado Clini, il presidente dell’azienda Bruno Ferrante, mentre Confindustria è stata rappresentata dal direttore generale Marcella Panucci.
CHIARIMENTO IN CDM MARTEDÌ – Il sottosegretario Antonio Catricalà durante una pausa dei lavori aveva spiegato che il governo dovrebbe portare in consiglio dei ministri un provvedimento per chiarire la legge «Salva Ilva» già martedì, e sbloccare così la situazione. Nel frattempo Panucci aveva sottolineato: «Non possiamo permetterci di rinunciare alla vocazione industriale del nostro Paese e per questo chiediamo al governo di intervenire con forza», dato che il blocco dell’attività all’Ilva «comporta conseguenze devastanti per l’intera industria italiana e danni irreversibili al comparto siderurgico e al suo indotto».
CASSA INTEGRAZIONE PER TUTTI – durante la riunione Ferrante aveva paventato l’impossibilità di pagare gli stipendi di febbraio, a meno di non ricorrere alla cassa integrazione per tutti gli stabilimenti o di ottenere lo sblocco dei prodotti sequestrati dalla magistratura (un milione e 700mila tonnellate per un miliardo di euro di valore). Il presidente dell’Ilva aveva spiegato che occorrono 75 milioni di euro al mese per pagare gli stipendi di tutto il gruppo. Il ministro Clini lo ha rassicurato e, al termine dell’incontro, ha precisato che «la piena applicazione della legge prevede che l’azienda rientri nella disponibilità dei prodotti finiti per la loro commercializzazione. Lo abbiamo ribadito». Da qui la retromarcia di Ferrante.
AGGREDITO UN GIORNALISTA – In città venerdì non sono mancati piccoli incidenti. Un giornalista del TgNorba24, Francesco Persiani, è stato aggredito a spintoni e minacciato dinanzi ad uno degli ingressi dell’Ilva. Alcuni manifestanti gli contestavano il taglio di alcune notizie date sulla vertenza del siderurgico. Secondo il giornalista si tratta di esponenti del comitato «Liberi e pensanti». Il giornalista ha riferito di essere stato spintonato da alcuni dei manifestanti che hanno minacciato di danneggiare l’attrezzatura dell’ emittente. In serata lo stesso comitato ha diffuso un documento nel quale chiede che l’Ilva sia «espropriata e nazionalizzata», che gli impianti più inquietanti siano prima fermati, e poi ripristinati. Inoltre, viene chiesta «una legge speciale» che consenta ai lavoratori di Taranto di andare in pensione in anticipo.