Informati Subito

Mps : «Ce la faremo, finiti i cassetti segreti» Visco: «Bankitalia non è la polizia delle banche». La fabbrica (infinita) dei derivati. Spuntano maxi-premi ai manager

A SIENA VIA LIBERA ALL’AUMENTO PER 4,5 MILIARDI E AI MONTI BOND. Ipotesi falso in bilancio, ma il titolo corre. Monti: «Basta intrecci politica-banche». Grillo-Show a Siena: «Buco da 14 miliardi». I magistrati al lavoro sulle altre operazioni a termine del gruppo. Arrivano i primi indagati. L’intervento di Caltagirone per le scelte di portafoglio: alleggerire le posizioni in titoli.

Mps ottiene dai soci, con quasi il 99% dei voti a favore, il via libera a un maxi aumento di capitale da 4,5 miliardi di euro che permetteranno alla banca di accedere al (costoso) prestito governativo, i cosiddetti Monti-bond e allontanare lo spettro di una Lehman Brothers italiana. Una boccata di ossigeno necessaria alla terza banca del paese travolta dallo scandalo derivati. Ma se risparmiatori e piccoli soci tirano, almeno per ora, un sospiro di sollievo – con il titolo in Piazza Affari in recupero dell’ 11% – la tensione non accenna a calare nella politica e nelle istituzioni. Mentre anche l’Europa accende un faro sulla banca senese che avrebbe perso con la finanza strutturata almeno 700 milioni di euro.

PROFUMO: IL BUCO? «NON C’E» – «La banca è solida, correntisti e risparmiatori possono stare assolutamente tranquilli; non ci sono più cassetti segreti da aprire» hanno cercato di rassicurare i nuovi vertici della banca alla fine di un’assemblea fiume. Il presidente Alessandro Profumo ha chiarito che il prestito sarà restituitoper gran parte entro il 2015 e per il resto «in brevissimo tempo, altrimenti i bond sarebbero trasformati in capitale trasferito al Tesoro che diventerebbe nostro azionista di stragrande maggioranza». Quanto al «buco» da 14 miliardi denunciato da Beppe Grillo, il leader del Movimento 5 Stelle che si è presentato da piccolo azionista in assemblea, Profumo ha replicato: «Non c’è, non capisco questi numeri. «Noi siamo impegnati responsabilmente a riposizionare la banca in una posizione centrale nel sistema – ha aggiunto Profumo – Abbiamo accettato questa responsabilità e la portiamo fino in fondo. Spero di convincere Grillo – ha concluso Profumo – a ricredersi sulla mia persona».

CONTROLLI E CONTROLLORI– Sull’efficienza delle verifiche della Banca d’Italia è stato sfiorato lo scontro istituzionale. Dopo la denuncia della stessa Banca centrale, secondo la quale la gestione di Giuseppe Mussari avrebbe tenuto nascosti i documenti relativi alla finanza «tossica», il governatore Ignazio Visco ha sostenuto a Davos che la Vigilanza «non è la polizia delle banche» e ha cercato di rassicurare sul fatto che «non c’è alcun problema di stabilità» per la banca e il sistema. Dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, come dal premier Mario Monti, è stata ribadita la piena fiducia sull’operato di via Nazionale. Nessun commento è giunto da parte di Mario Draghi, già numero uno in via Nazionale e attuale presidente della Bce, anch’egli presente venerdì al World Economic Forum di Davos.

MONTI: «IL PD C’ENTRA, BASTA COMMISSIONE BANCHE-POLITICA – Il fronte più caldo resta quello della politica: il caso Mps sta scavando un solco tra Mario Monti e Pierluigi Bersani, una distanza che nemmeno i contrasti sulle politiche economiche erano riusciti a creare. «Il Pd c’entra» ha attaccato il Professore per il quale «questi problemi, nel caso del Montepaschi, ma anche in altri casi, anche in altri Paesi, sono in gran parte derivati da una brutta bestia: c la commistione fra banche e politica».

L’EUROPA VIGILA – C’è un dossier Mps aperto alla Concorrenza che attende da Siena un piano di ristrutturazione che giustifichi il (temporaneo) prestito governativo. Ma il caso Siena è tenuto d’occhio a Bruxelles e a Francoforte anche ai fini del difficile negoziato in corso tra i governi sulle modalità di intervento dello European Stability Mechanism nelle ricapitalizzazioni dirette delle banche.

FALSO IN BILANCIO – Mentre i vertici e la Fondazione azionista valutano la possibilità di promuovere un’azione di responsabilità nei confronti dell’ex management guidato da Giuseppe Mussari, si fa più concreta anche l’ipotesi di apertura di un’inchiesta sul falso in bilancio.

SIENA – Non ci sono solo i derivati «Santorini» e «Alexandria» sotto la lente dei magistrati di Siena nella doppia inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta e sull’esposizione dell’istituto ai contratti strutturati. Le operazioni in derivati di Mps sotto la gestione dell’allora presidente Giuseppe Mussari e del direttore generale Antonio Vigni sono molte di più, e parecchie sono sotto scrutinio da parte dei pm Antonino Nastasi, Giuseppe Grosso e Aldo Natalini e del nucleo valutario della Guardia di Finanza, per le caratteristiche dei contratti, per il modus operandi e per i soggetti (manager e uomini delle banche d’affari) che hanno realizzato i contratti. A sollevare i dubbi degli inquirenti è stato, fra le altre cose, l’enorme ammontare dei titoli di Stato in portafoglio: oltre 22 miliardi, il cui acquisto fu finanziato in gran parte con operazioni di «pronti contro termine» a scadenze anche molto lunghe (fino a 30 anni, a differenza di quanto avviene di solito sul mercato).

L’ipotesi di reato è appropriazione indebita e falso in bilancio. Ci sarebbero anche persone iscritte nel registro degli indagati: in Procura però massimo riserbo. «Il procuratore e i sostituti procuratori non rilasceranno dichiarazioni in relazione alle indagini in corso sulla vicenda Banca Mps», recita un curioso avviso sulla porta della Procura. Ma anche la Procura di Milano si era interessata a Mps, aprendo «autonomamente» un fascicolo su «Alexandria» affidato al pm Giordano Baggio per appropriazione indebita e truffa da parte di alcuni funzionari della banca: l’ipotesi è che vi siano state retrocessioni, ovvero presunti «premi» in denaro a manager Mps per aver realizzato l’operazione. Poche settimane fa il fascicolo è stato però spedito per competenza a Siena, dove s’è unito agli altri faldoni. In sostanza si ipotizzano tangenti.

Mentre «Santorini» (realizzato con Deutsche Bank) e «Alexandria» (realizzato con Nomura) avrebbero avuto la funzione di spalmare negli anni le perdite (fino a 740 milioni) per non farle figurare nel bilancio 2009 grazie all’applicazione di diversi criteri contabili, le altre operazioni della banca non comporterebbero rischi particolari. Ieri l’amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola, lo ha detto in assemblea a proposito del contratto «Patagonia»: «Non è oggetto di indagine interna (condotta con l’assistenza di Eidos Partners, ndr) , perché non presenta elementi di rischio per la banca». Anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha sottolineato da Davos che per Mps «le responsabilità individuali sono emerse di recente e le eventuali perdite non sono tali da compromettere la stabilità». Il terzo contratto, «Nota Italia», presenta minori rischi ma è ancora sotto indagine interna. Dei tre, quello più delicato è indubbiamente «Alexandria», per il quale esiste un documento segreto, il «mandate agreement» che potrebbe rivelarsi compromettente per Mussari. L’attenzione sarebbe anche sui protagonisti di quell’affare. A trattare l’operazione a Londra ci sarebbe stato direttamente il top management di Mps.

Il faro dei pm sarebbe per ora solo sui manager perché il consiglio di amministrazione, come ha specificato la stessa banca, non aveva accesso agli atti. Dai verbali del board in effetti non emergono («almeno ufficialmente», sottolinea un inquirente) discussioni sui derivati. Da essi emerge piuttosto una preoccupazione crescente sul carico enorme di titoli di Stato italiani in portafoglio e sui vincoli allo smobilizzo, che li rendevano di fatto indisponibili se non a rischio di forti perdite. Il dibattito si intensificò in consiglio a partire da settembre 2011, quando era già esplosa la crisi del debito sovrano e poi con la richiesta di 3 miliardi da parte dell’Eba, l’autorità bancaria europea. A premere per un riequilibrio del portafoglio furono soprattutto Francesco Gaetano Caltagirone («Vanno presi provvedimenti al fine di alleggerire queste posizioni») e Frederic De Cortois (Axa), appoggiati da alcuni consiglieri come Ernesto Rabizzi o Alfredo Monaci.

Ma anche l’altro fronte dell’indagine, quello per ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio sulla maxi-acquisizione di Antonveneta dal Santander, potrebbe riservare sorprese. Se l’ipotesi della maxi-tangente da 1,2 miliardi viene considerata «fantasiosa» da chi conosce le carte, dalla ricostruzione di come Mps si avvicinò ad Antonveneta starebbero emergendo particolari inediti come il ruolo di Rothschild, che per prima avrebbe proposto Antonveneta ai senesi (la banca d’affari assisteva gli olandesi di Abn Amro nella contesa con la Bpi di Gianpiero Fiorani), o la inconsistenza della proposta alternativa di Bnp Paribas da 8 miliardi che sarebbe stata la molla a spingere Mussari a mettere sul piatto 9 miliardi. In contanti.

Paolo Pica e Fabrizio Massaro

Mps : «Ce la faremo, finiti i cassetti segreti» Visco: «Bankitalia non è la polizia delle banche». La fabbrica (infinita) dei derivati. Spuntano maxi-premi ai managerultima modifica: 2013-01-26T16:50:39+01:00da
Reposta per primo quest’articolo