Il leader del centrodestra: Nessun sospetto di brogli. Il leader M5S: «Contrari ad alleanze, vedremo legge per legge». Il Cavaliere: «No all’accordo con Monti».
«Chi mi piacerebbe al Quirinale? Io direi Dario Fo, è un premio Nobel, è una mente aperta, ha una lucidità fantastica». Così il leader del Movimento Cinque Stelle ha spiegato ai giornalisti, incontrandoli davanti alla sua casa di Sant’Ilario, a Genova, le sue idee per il prossimo Presidente della Repubblica. «Ha capito il senso del Movimento, ha voluto parlare con loro», ha aggiunto. Beppe Grillo ha già concesso non più di sei o sette mesi di vita ad una «grande coalizione». «Pd-Pdl insieme dureranno 7-8 mesi, non di più. È l’economia che non gli darà scampo, chiudono 1000 imprese al giorno. Non abbiamo può grandi imprese come a Ivrea, Biella e Alessandria. Questa è una guerra generazionale, siamo un popolo di vecchi».
DA NAPOLITANO – Sarà Beppe Grillo ad andare da Napolitano per le consultazioni. Lo ha detto lui stesso ai cronisti a Genova. «La Costituzione? Non è perfettissima». -Cosa dirà a Napolitano? «Bè, devo vedere. Sono personaggi che fanno parte della storia.» – Aspetta che crolli tutto? «No, è già crollato tutto». Il presidente della Repubblica «noi lo voteremo online con il movimento» non sarà il gruppo a votarlo «ma il movimento».
«Vedremo legge per legge, riforma per riforma, non siamo mica contro il mondo», ha aggiunto il leader di M5s. «Vedremo – aggiunge Grillo – quando siamo dentro se ci saranno proposte che rientrano nel nostro programma».
ACCORDI – Il leader del Movimento 5 Stelle rispondeva alle domande dei giornalisti dopo che Silvio Berlusconi, in mattinata, ha aperto all’accordo Pd-Pdl. Il giorno dopo il voto, il leader del centrodestra non ha escluso questa possibilità: «Dobbiamo riflettere sul bene dell’Italia», ha detto rispondendo a una domanda di Maurizio Belpietro a La telefonata su Canale 5, sottolineando che «il ritorno al voto non sarebbe utile in questa situazione (il 15 aprile le Camere devono riunirsi per eleggere il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale, ndr)» e che «dobbiamo tutti approntarci a fare qualche sacrificio». «Credo che l’Italia non possa non essere governata», ha sostenuto l’ex premier. Che però ha anche escluso l’ipotesi di un accordo con Mario Monti: «Con l’applicazione di una politica di sola austerità ha messo l’Italia in una condizione pericolosa, in una spirale negativa che ha portato all’aumento del debito e della disoccupazione e alla chiusura di mille imprese al giorno».
«NO AMMUCCHIATE» – Ma anche in ambienti del centrodestra che cominciano a parlare di un possibile «governissimo» che unisca Pd e Pdl per le riforme (escludendo però la possibilità di leadership di Pierluigi Bersani), c’è chi esprime un netto disaccordo: Ignazio La Russa, per esempio, eletto alla Camera con Fratelli d’Italia: «Non è un’ammucchiata – cinguetta su Twitter – che può rispondere ai problemi d’Italia».
DI SCOPO O DI MINORANZA – Più accreditata l’ipotesi di un «governo di scopo», in grado – anche grazie ai voti grillini – di cambiare la legge elettorale prima di tornare alle urne. Parlano di «governo di minoranza», invece, alcuni esponenti del Pd. Lo fa Anna Finocchiaro, escludendo la possibilità che si arrivi a larghe intese, e lo fa anche Pippo Civati, eletto in Lombardia alla Camera. «Per capirci – scrive l’ex rottamatore sul suo blog – la proposta, l’unica possibile, è che il Pd, che ha la maggioranza relativa, si presenti con un governo di minoranza. Proponga una riforma elettorale, una norma sul conflitto d’interessi e contro la corruzione e una misura di liberalizzazione e rilancio dell’economia e poi porti il Paese al voto».
ACCORDO NO – Davanti alla paralisi che si è creata al Senato, insomma, anche il Pd in queste ore cerca di capire come muoversi. Al momento, la risposta dei «democrats» all’apertura di Silvio Berlusconi sembra essere un no deciso. «Non faremo governi con chi è responsabile del disastro in cui ci troviamo», sostiene il vice presidente del partito Marina Sereni. Tutti nel Pd aspettano di capire la proposta che oggi pomeriggio Pierluigi Bersani farà e, continua Sereni, «sarà una proposta di cambiamento, che si rivolge a tutto il Parlamento ma in primo luogo al Movimento Cinque Stelle». Dello stesso parere Stefano Fassina, responsabile economico del partito: «Per quanto mi riguarda assolutamente no» a un’eventuale alleanza Pd-Pdl.
BERSANI – Il compito di fare la prima mossa spetta dunque al segretario del Pd (il grande assente di queste ore parlerà alla stampa alle 17), che sta aspettando i risultati delle regionali prima di fare un bilancio. Difficile però quindi che Bersani possa provare a fare un governo con il Pdl, viste le differenze sostanziali dei programmi.
La soluzione più indicata per evitare il caos e l’instabilità – e quella che sarebbe maggiormente apprezzata dai mercati – sembra però essere è quella di una grande coalizione che unisca Pd, Pdl e centro montiano. È quanto emerge dai primi rapporti diffusi in mattinata dalle banche internazionali per analizzare i risultati delle urne.
«NO AD ALLEANZE» – Soluzione a cui sembra opporsi fermamente il leader del M5S: «Faranno un governissimo pdmenoelle-pdelle. Noi siamo l’ostacolo. Contro di noi non ce la possono più fare, che si mettano il cuore in pace», ha scritto Beppe Grillo sul suo sito alle 2 della scorsa notte. Insieme a un «ringraziamento particolare ai delegati di lista che, in tutte le circoscrizioni elettorali d’Italia – sottolinea – hanno fatto un lavoro enorme per la raccolta delle firme e per la presentazione delle liste». Il comico genovese ha messo sul suo blog l’intervento che ha fatto ieri su Lacosa, trasmesso in streaming intorno alle 21.30, con il titolo «La fine della Terza Repubblica». A indicare la linea, al momento, il documento pubblicato sul sito del Movimento 5 Stelle, che esclude esplicitamente «alleanze con altri partiti o coalizioni». Il «niet» alle intese fa parte del Dna di M5S, si legge, nero su bianco nel codice di comportamento dei parlamentari eletti: «I gruppi parlamentari non dovranno associarsi con altri partiti o coalizioni o gruppi se non per votazioni su punti condivisi».
BASTA SPREAD – Aprendo la giornata di dichiarazioni, martedì mattina, il Cavaliere come prima cosa ha ribadito che non bisogna più parlare di spread e confrontarsi con la Germania: «Basta con questa storia dello spread: abbiamo vissuto felicemente per tanti anni. Abbiamo sempre fatto a meno dello spread, continuiamo a farne a meno. I mercati? Sono indipendenti e matti, vadano per la loro strada», ha detto a Belpietro.
I RISULTATI – Non considera un «miracolo» il risultato elettorale, l’ex premier, anzi lo dava «abbastanza per scontato». «Certo – dice – visto che molti italiani erano scontenti, è stato naturale rivolgersi alle novità». «Bastava che non ci fossero i vari Giannino o Casini, che hanno sottratto voti alla coalizione dei liberali e dei moderati, e avremmo vinto».