LA MELA (TROPPO) MORSICATA. Le azioni di Cupertino sono ai minimi degli ultimi mesi. L’azienda non è in crisi ma mostra segni di sofferenza.
NEW YORK – Le sue azioni in Borsa sono giunte ai minimi degli ultimi dodici mesi. Il valore della capitalizzazione di Apple di conseguenza cala e ieri, lunedì, è tornato sotto una quota significativa: 400 miliardi di dollari. Mai così male nell’ultimo anno e la perdita è più vistosa (meno 20 per cento) perché giunge solo sei mesi dopo un altro record, questa volta positivo, dei 500 miliardi di dollari di valore raggiunti a settembre. Analisti e commentatori cercano di definire i contorni di quel che, se è forzato chiamare crisi, certo non è un buon periodo per Cupertino.

DIVIDENDI – I dati dell’ultimo trimestre presentati da Tim Cook il mese scorso in realtà indicano un’azienda in salute, vendite in aumento sia per iPhone sia iPad e il fatturato ai massimi storici. Eppure i mercati azionari più che premiare la crescita sembrano preoccupati dalle prospettive che vedono una concorrenza spietata in tutti i settori in cui Apple è coinvolta. Le azioni da settembre hanno perso il 40 per cento del valore (da 707 dollari a 420). Alcuni azionisti, capeggiati dal manager di hedge fund David Einhorn (che aveva anche minacciato una causa contro Apple nei giorni scorsi, poi abbandonata), chiedono più dividendi. I 2,65 dollari per azione elargiti da Tim Cook pochi giorni fa – invertendo la tendenza imposta da Steve Jobs di non riconoscerne alcuno anche in periodi di grande crescita – sarebbero pochi se confrontati con gli utili stratosferici.
CONCENTRATI SUL FUTURO – Di avviso contrario è invece Warren Buffet, decano degli investitori Usa, che in un’intervista al canale finanziario CNBC ha invitato il management di Cupertino a guardare lontano. «Fossi in Tim Cook ignorerei le critiche. Pianificherei strategie per creare valore nell’arco dei prossimi 5 o 10 anni. Non si può gestire un’azienda con l’angoscia del valore quotidiano delle azioni». Il Ceo di Apple sembra sulla stessa lunghezza d’onda di Buffet, visto che è intervenuto per commentare la preoccupazioni degli azionisti dichiarando che «non gradisce nemmeno lui la situazione attuale ma che è concentrato sul lungo termine». Sui nuovi prodotti come l’orologio annunciato entro la fine dell’anno. Proprio la capacità di essere sempre all’avanguardia, di tracciare la strada che poi tutti gli altri seguono, è mancata alla gestione Cook, secondo alcuni osservatori. Se sotto l’egida di Steve Jobs Apple aveva preso l’abitudine di impossessarsi dell’immaginario con prodotti rivoluzionari, il suo erede ha presentato dispositivi ottimi ma non più che perfezionamenti di quel che c’era già.

CONCORRENZA – A preoccupare Apple quindi non sono i fatturati o la salute – assai florida – dell’azienda, quanto la concorrenza sempre più agguerrita. Se la mela morsicata, dopo lo sconfinamento sotto 400 miliardi di capitalizzazione, ha dovuto lasciare il gradino più alto del podio delle aziende più ricche a Exxon, gli avversari più temibili sono quelli più diretti come Google e Samsung, Microsoft e Amazon. La leadership nel mercato degli smartphone e dei tablet è contesa dai dispositivi coreani mossi dal software di Google; il settore pc deve vedersela con la competitività di nuovi prodotti come il laptop Google Pixel o Surface di Microsoft; Amazon insidia invece il mercato dei contenuti digitali, libri e musica; i Glass, gli occhiali avveniristici presentati da Sergey Brin per ora incuriosiscono di più dell’orologio made in Cupertino. Se a settembre dell’anno scorso la capitalizzazione di Google era un terzo rispetto ad Apple, ora è raddoppiata rispetto alla rivale. Il piano inclinato in cui sta rotolando la quotazione del titolo della mela a Wall Street può voler indicare molte cose, e capirne l’esatto significato non è semplice. Che si tratti di una fisiologica e momentanea flessione o l’inizio di una traiettoria più duratura lo dirà il tempo, che nell’high-tech corre più velocemente che in altri settori. E molto dipenderà da quanti e quali progetti Tim Cook ha messo in cantiere per i prossimi anni.