Il ruolo di Antonio D’Alì, ex presidente della provincia. Sequestrata una parte del porto: sarebbe stato costruito da imprenditori legati al boss Matteo Messina Denaro.
Una parte del porto di Trapani sarebbe stato costruito da imprenditori legati al boss latitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Per questo il questore ha ottenuto dal tribunale il sequestro di una parte dello scalo marittimo oltre a diverse società che – attraverso prestanome – sarebbero riconducibili al mafioso più ricercato d’Italia. E perché l’appalto da 46 milioni di euro assegnato in vista della regata del 2005 della “America’s cup” sarebbe stato pilotato proprio dalle cosche. Si tratta di un provvedimento giudiziario clamoroso, che non ha precedenti. Al centro delle indagini condotte da Giuseppe Linares ci sono Francesco e Vincenzo Morici, titolari di numerose aziende e risultati in legami strettissimi con Messina Denaro. E nelle carte processuali è ben delineato anche il ruolo di Antonio D’Alì, ex presidente della provincia di Trapani ed ex sottosegretario nel governo Berlusconi, attualmente sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma lui smentisce attraverso i suoi legali di avere mai pilotato l’aggiudicazione di questi lavori: «I componenti della Commissione che doveva scegliere le ditte – sottolineano i legali – hanno escluso qualsiasi tipo di interferenza da parte sua».