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Marini non ce la fa, ora «melina» di Pd e Pdl. Alfano: troviamo soluzione. Incognita Prodi

Per l’elezione nelle prime tre tornate servono 672 voti; dalla quarta solo 504. L’ex sindacalista non raggiunge il quorum, schede bianche in attesa che scenda. Ma nel Pd crescono le defezioni.

Fumata nera per Franco Marini che non riesce a centrare al primo colpo l’elezione alla presidenza della Repubblica. Lo scrutinio della prima votazione certifica che l’ex sindacalista è rimasto molto lontano dal quorum di 672 voti necessario per guadagnare l’accesso al Quirinale in una delle prime tre tornate: ne ha avuti solo 521, contro i 240 ottenuti da Stefano Rodotà (altri consensi sono stati ottenuti da Sergio Chiamparino 41, Romano Prodi 14, Emma Bonino, 13, Massimo D’Alema 12, Giorgio Napolitano 10, Anna Finocchiaro 7, Annamaria Cancellieri 2, Mario Monti 2. I voti dispersi sono stati 18, le schede bianche 104 e le nulle 15). Rodotà ha dunque preso molti più dei 162 voti appannaggio del Movimento 5 Stelle. Tuttavia, dopo il risultato negativo di Marini e l’ipotesi che il centrosinistra possa cambiare cavallo si torna ora a parlare dell’opzione Prodi: un nome non sgradito ai grillini che hanno però precisato che il loro candidato resta Rodotà e che l’ex premier potrebbe essere preso in considerazione in caso di rinuncia del giurista e di altri arrivati prima del professore alle «Quirinarie» promosse dal M5S.

«BERSANI SI DIMETTA» – Un’altra seduta è attesa nella giornata di oggi a partire dalle 15 e il risultato della nuova votazione dovrebbe conoscersi entro l’ora di cena. Ma i presupposti non sono buoni. Il blocco a sostegno di Marini ha sostanzialmente annunciato l’intenzione di fare «melina» votando scheda bianca fino alla quarta votazione, quando il quorum scenderà a soli 504 voti. Ma non è scontato che a quel punto sarà ancora Marini il nome «condiviso» a cui affidare la speranza di sbloccare anche la questione del governo. I dubbi maggiori restano in casa del Pd. Matteo Orfini ha commentato via Twitter che «a questo punto bisogna fermarsi e trovare una soluzione diversa. Insistere sarebbe impensabile». E dal sindaco di Bari, Michele Emiliano, arriva l’invito alle dimissioni per il segretario Pier Luigi Bersani, considerato il vero sconfitto di questo voto. Anche Walter Veltroni sostiene che «continuare su questa strada sarebbe un grave errore».

LA DEBACLE PD – Sulla carta Marini contava sul sostegno del Pd, del Pdl, della Lega Nord e di Scelta Civica, ma il partito di Bersani si è presentato in aula già diviso, dopo la serata tumultuosa di mercoledì al teatro Capranica dove i «grandi elettori» del centrosinistra si sono incontrati per trovare un’intesa sul nome da sostenere per il Quirinale. Marini è risultato alla fine l’indicazione ufficiale del partito, essendo un nome gradito anche al Pdl, ma tutta l’area renziana e diversi esponenti di rilievo di varie altre correnti hanno fin da subito manifestato perplessità e annunciato un voto in dissenso dalla linea ufficiale. Così è stato. Lo spoglio delle schede ha dato la conferma di un Pd decisamente diviso.

LA CARTA GRILLINA – Il principale alleato, Sinistra e Libertà, era stato netto nello strappo già dal mattino, annunciando la volontà di far confluire i propri consensi su Stefano Rodotà, candidato dal Movimento 5 Stelle dopo la rinuncia della giornalista Milena Gabanelli. Ha dunque buon gioco, ora , Beppe Grillo nel commentare tranchant: «C’è da scegliere tra il presidente degli Italiani, che è Rodotà, e il presidente di Berlusconi, che è Marini». E ancora: «Nessuno ha spiegato a Bersani che l’Italia è cambiata, che non vuole più accordi sottobanco con lo psiconano. La guerra è finita, arrendetevi. Liberateci per sempre dalla vostra presenza».

MAL DI PANCIA A SINISTERA – Per tutta la giornata di mercoledì Matteo Renzi aveva sparato bordate contro l’ex sindacalista. E ancora oggi è tornato a ribadire che Marini «non è il candidato migliore». Contro l’ex presidente del Senato si erano espressi in mattinata anche Marianna Madia, Ignazio Marino, Giuseppe Civati e altri esponenti di primo piano del partito di Bersani. Massimo D’Alema, considerato da molti l’alternativa all’ex dc, si era invece espresso a favore di un voto unitario: «Capisco che si sia arrivati alla candidatura di Franco Marini in modo sofferto e con un metodo che ha potuto creare comprensibili turbamenti, ma ora dobbiamo valutare l’opportunità, per il Paese, di un candidato che deve essere eletto con un ampio consenso e che è persona le cui qualità politiche e morali non possono essere messe in discussione da nessuno». Berlusconi resta invece ottimista: pur non sbilanciandosi su un consenso in prima battuta, il Cavaliere si dice convinto che alla fine Marini «passerà».

Alessandro Sala

Marini non ce la fa, ora «melina» di Pd e Pdl. Alfano: troviamo soluzione. Incognita Prodiultima modifica: 2013-04-18T16:15:58+02:00da
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