Le motivazioni della condanna in appello. «Guidava l’azienda anche dopo la discesa in campo. Impossibile concedergli le attenuanti generiche».
La gestione dei diritti televisivi e cinematografici faceva capo a Silvio Berlusconi. È questo, in sostanza, il concetto espresso, dai giudici della Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni, depositate giovedì, della sentenza con la quale hanno confermato la condanna a 4 anni di carcere e 5 di interdizione dai pubblici uffici per il leader del Pdl. «Era assolutamente ovvio – scrivono – che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica e quindi fosse di interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’operatività giornaliera». Silvio Berlusconi è stato quindi il «reale beneficiario delle catene» dei diritti tv, cioè di un sistema che, secondo l’imputazione, avrebbe portato a gonfiare i costi della compravendita degli stessi diritti tv. L’ex premier era uno dei due «responsabili di vertice di tale illecita complessiva operazione».
PEMA PROPORZIONATA – Per i giudici «la pena stabilita in prime cure è del tutto proporzionata alla gravità materiale dell’addebito e alla intensità del dolo dimostrato». Nelle motivazioni è riportato che «si tratta di una operazione illecita organizzata e portata a termine costituendo società e conti esteri a ciò dedicati, un sistema portato avanti per molti anni. Parallelo alla ordinaria gestione delle società e del gruppo. Sfruttando complicità interne (ed esterne) ad esso», sottolineando che questo sistema è «proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice».
NO ATTENUANTI – Per giudici della seconda corte d’Appello si Milano, «in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilita di concedere le attenuanti generiche (la sola incensuratezza, e tanto più l’età anagrafica, sono del tutto recessive rispetto ad un quadro simile)».