Il 2 gennaio 1960 moriva a Tortona il Campionissimo. Viaggio nel suo mondo, dove vive con la famiglia il figlio Faustino: un tributo al più grande di sempre, tra cimeli, confessioni, ricordi. “Vi racconto il mio papà campione”.
“Non sono Andrea, io sono Fausto. Fausto Coppi”. Messa così, a casa di Fausto Coppi dove da sempre vive Faustino Coppi (il figlio maschio del Campionissimo) con la sua bella e vispa famiglia, la dichiarazione d’intenti di Andrea Fausto Coppi, otto anni e mezzo e (soprattutto) nipotino del più grande campione italiano d’ogni tempo, rimbomba come un biglietto da visita. Questione d’orgoglio, di Dna. Benvenuti in frazione Barbellotta (“barbellare”, in dialetto nordico, significa “tremare dal freddo”), dove al numero 120 della Statale fra Serravalle e Novi Ligure si gela per davvero. Qua e là vecchi villoni di benessere borghese, colli candeggiati da una spolverata di neve, sottozero cattivo e un panorama di capannoni di outlet con le griffe della moda a prezzi stracciati. Villa Coppi è un sontuoso palazzone rosso d’epoca con 18 stanze molto allegre e incasinate di vita vissuta, che galleggia in una bolla di nulla, dentro a un magnifico parco secolare con altre due (grandi) abitazioni in tinta: l’ex residenza dei custodi, ora adibita a rimessa (ci sono le bici di Faustino e una moto da cross: il figlio del simbolo del ciclismo è un appassionato di enduro) e la casa dove vive la sorella della signora Rita, moglie di Faustino. Fino a 50 anni fa questa era la casa dell’Airone del ciclismo. Soprannome diventato leggendario nei decenni. Il 2 gennaio 2010 fanno 50 anni tondi dalla morte a Tortona di Fostò, come i francesi pronunciavano il nome di Coppi, abbracciandolo d’affetto nelle feste di popolo dei Tour de France; 50 anni fa, era il 1960 del boom allo stato nascente, Orio Vergani scrisse quel suo epigramma definitivo, “l’Airone ha chiuso le ali”, che subito si trasformò nel titolo di un documentario per il cinema.
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