Pioggia di reazioni dopo la sentenza sul legittimo impedimento. Protesta il coordinatore Bondi, mentre per Chiamparino (Pd) si tratta di “una decisione di buon senso”. L’avvocato Ghedini: “La Corte ha equivocato”. Di Pietro (Idv): “Ora referendum”. Finocchiaro (Pd): saltato l’impianto complessivo della legge. Il duro commento di Bondi (Pdl) sulla sentenza della Corte sul legittimo impedimento
MILANO – La sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato parzialmente illegittima la norma sul legittimo impedimento fa discutere tutto il mondo politico. In attesa di conoscere il parere del premier Silvio Berlusconi (che ha già fatto sapere di voler parlare in tv venerdì a Mattino 5 su Canale 5) si sono già espressi numerosi esponenti della politica.
PDL: PARLA IL COORDINATORE BONDI – «Oggi la Consulta ha stabilito la superiorità dell’ordine giudiziario rispetto a quello democratico, rimettendo nelle mani di un magistrato la decisione ultima in merito all’esercizio della responsabilità politica e istituzionale. Siamo di fronte al rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione, ma dei principi fondamentali di ogni ordine democratico» dichiara il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi.
«La sentenza della Corte costituzionale non mi sorprende. Non risolve e rischia di riproporre lo stesso schema noto a tutti gli italiani: il presidente del Consiglio continua a essere palesemente oggetto di una persecuzione di alcune procure politicizzate, iniziata nel 1994» sottolinea la sua compagna di partito il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini.
«Non commento mai le sentenze, qualsiasi esse siano, anche quelle che non mi piacciono. Figuriamoci ora». Altero Matteoli, ministro delle Infrastrutture, preferisce non esprimersi sul verdetto della Consulta sul legittimo impedimento. «Mi pare di capire – dice Matteoli – che Berlusconi vuole andare avanti lo stesso, ma questo lo davo per scontato. Berlusconi, lo sappiamo bene, non è uno che si arrende. Io ritengo che bisogna prendere atto delle sentenze. Poi c’è chi le critica, chi le apprezza, e quelli come me che non hanno mai voluto esprimere giudizi in proposito».
ALFANO – «Sono surreali le grida esultanti di una sinistra che scommetteva sulla bocciatura della legge sul presupposto che era tutto già scritto e compreso nella fattispecie prevista dal vigente codice di procedura penale all’art. 420 ter. Questa scommessa la sinistra l’ha persa» ha dichiarato invece il ministro della Giustizia Angelino Alfano a proposito della sentenza della Consulta. «Siamo convinti che il principio di leale collaborazione spingerà i giudici a non tradire lo spirito di questa sentenza. Attendiamo comunque – conclude Alfano – di leggere le motivazioni per una più approfondita valutazione della decisione».
LEGA – «La sentenza della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento non bloccherà l’azione del governo. Il cammino delle riforme prosegue con i tempi e i modi giá stabiliti e per la Lega non cambia nulla. Dalla Corte Costituzionale non c’era da aspettarsi altro: sapevamo benissimo che la maggioranza dei giudici della Corte ha un atteggiamento ostile nei confronti dei provvedimenti voluti da questo governo. Ma non c’è sentenza della magistratura che può bloccare l’azione dell’esecutivo» affermano in una dichiarazione congiunta i capigruppo della Lega di Camera e Senato, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo.
PD – Completamente diverso il parere delle opposizioni sulla sentenza della Consulta. «Non c’era bisogno di essere nè cattivi nè comunisti per capire che la legge sul legittimo impedimento sarebbe stata, come sembra emergere dalla lettura delle prime agenzie sulla sentenza della Consulta, sostanzialmente bocciata. La Consulta ha infatti bocciato l’automatismo disposto dalla legge e la certificazione di Palazzo Chigi e ha rimesso ai giudici la valutazione relativa al rinvio dell’udienza per contemperare le esigenze della giurisdizione con quelle dell’esercizio del diritto di difesa e della tutela della funzione di governo. Mi sembra chiaro che a saltare è l’impianto complessivo della legge». Lo dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato.
«Nella sostanza la Corte costituzionale ha bocciato completamente la linea del governo e dei consigliori del premier». Lo afferma il senatore del Pd ed ex magistrato, Felice Casson. «In particolare – aggiunge – il ministro Alfano continua a fornire interpretazioni della Costituzione italiana ripetutamente rigettate dalla Corte».
FLI – «Le sentenze della Corte Costituzionale vanno sempre e comunque rispettate. Nessuno colga l’occasione per farne strumento di parte» dichiara invece il coordinatore di Futuro e Libertà, Adolfo Urso, secondo cui «questo è il momento di concentrare ogni sforzo per fare le riforme che servono a l Paese e non certo per lacerarlo in campagne che possono delegittimare le sue istituzioni».
IDV – L’Idv confida ancora nel referendum abrogativo (che però dati gli effetti della sentenza della Consulta potrebbe anche non tenersi). Per il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro con il referendum infatti dopo i giudici anche i cittadini diranno «in modo forte e chiaro che anche Berlusconi deve andare dal giudice quando viene chiamato e non si deve inventare una scusa ogni volta». «La Corte costituzionale, pur riconoscendo la illegittimità di diverse norme, di una terza legge che Berlusconi si è voluto fare per non farsi processare, – ha detto ancora Di Pietro – ha fatto rientrare dalla finestra quel che essa stessa ha messo fuori dalla porta e cioè che il presidente del Consiglio possa svolgere qualsiasi attività consequenziale e coessenziale alle funzioni di governo e questo consiste in legittimo impedimento. Conoscendo Berlusconi, anche quando andrà al bagno sarà un’attività consequenziale all’attività di governo».
VIETTI – «La decisione della Corte costituzionale appare saggia e equilibrata; fa salvo l’impianto originario del legittimo impedimento nella versione che a suo tempo ho proposto alla Camera». Così sottolinea invece Michele Vietti , già deputato dell’Udc e oggi vice presidente del Csm ed ispiratore della normativa.
«La tipizzazione dei casi di giustificata mancata comparizione – sottolinea Vietti – è compatibile con le esigenze della giurisdizione, nell’ottica di garantire il sereno svolgimento della funzioni del presidente del Consiglio e il suo diritto di difesa».
Redazione online