Il Sapri e l’Interpiana, che militano in serie D, servivano ai boss per raccogliere consenso. Operazione di carabinieri e guardia di finanza in Calabria, Lombardia, Campania e nella Capitale
REGGIO CALABRIA – Un’operazione della guardia di finanza e dei carabinieri di Reggio Calabria ha portato al sequestro di beni per un valore di 190 milioni di euro ad una cosca della ‘ndrangheta. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria-Gico di Reggio, coadiuvati dallo Scico di Roma e in collaborazione con i carabinieri, stanno operando in Calabria, Lombardia, Campania e a Roma per sequestrare 40 imprese, con tutto il patrimonio aziendale, operanti principalmente nel settore dei trasporti, in quello agrumicolo e nel commercio. A queste vanno aggiunte 44 abitazioni, 4 ville, 12 autorimesse, oltre a 60 terreni, 56 autoveicoli e 108 autocarri. Il sequestro, che secondo gli investigatori ha completamente annientato la potenza economica di una pericolosa consorteria di ‘ndrangheta, è stato disposto dal Tribunale di Reggio – sezione misure di prevenzione, sulla base di una richiesta formulata dal procuratore di Reggio, Pignatone, e dal sostituto Cerreti.
LE SQUADRE DI CALCIO – Nell’operazione sono state sequestrate anche due squadre di calcio che militano nello stesso campionato professionistico, attraverso le quali il clan contava di aumentare il proprio consenso sul territorio. Si tratta dell’Interpiana di Cittanova e del Sapri, che militano nel campionato di serie D, girone I, le due squadre di calcio sequestrate stamani dalla guardia di finanza di Reggio Calabria, con la collaborazione dei carabinieri, insieme ad altri beni per un valore complessivo di 190 milioni di euro. I beni, secondo l’accusa, erano riconducibili alla cosca Pesce di Rosarno, che avrebbe utilizzato le due formazioni per accrescere il proprio consenso sul territorio. Le due formazioni, attualmente, occupano posizioni di centro classifica. «In due anni e mezzo sono stati sequestrati beni per 1600 milioni di euro che per un’economia povera come quella di Reggio-Calabria è una cifra enorme – ha fatto notare il procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone a Sky Tg24 -. Probabilmente l’organismo di custodia giudiziaria dei beni sequestrati alla criminalità è l’azienda più importante della provincia».
LA FRASE – «Peppe Piromalli era in galera, mio zio era .. era là. Tutto io, non c’era nessuno di ‘sta gente qua. Io avevo 20 anni … Ascolta, io, l’ho creata io, 30 anni fa; la Sisa là sopra l’ho creata io mettemmo una fila di camion lunga da qui a là sotto … domani vedi che sono questi i camion che lavorano. Quelli di Gioia». A parlare così, riferendosi alla catena di distribuzione alimentare Sisa, era il boss della cosca Pesce, Antonino, parlando in carcere con il figlio Francesco. Colloqui che sono stati intercettati dai carabinieri che lo scorso anno portarono a termine due operazioni contro la cosca («All inside») che sono all’origine del sequestro di beni. La frase, secondo gli investigatori, è la conferma di quanto forte sia stata, nel settore dell’autotrasporto, la capacità dei Pesce di imporre la presenza delle proprie aziende, e testimonia come Antonino fosse riuscito ad impadronirsi della catena di distribuzione alimentare della Sisa nel territorio calabrese.
Redazione Online