Le indagini L’indagine è nata da un vecchio esposto di un titolare di un’impresa di pompe funebri e da una denuncia del maggio 2007 di un comitato di familiari di deceduti in ospedale. Le persone in prigione sono titolari o collaboratori di imprese di pompe funebri, mentre gli infermieri, in tutto 23, si trovano agli arresti domiciliari. Nell’inchiesta, dalla quale secondo le prime notizie non emergono coinvolgimenti di altri livelli delle strutture sanitarie, sono finiti alcuni dei principali ospedali di Milano: il Pio Albergo Trivulzio, San Paolo, San Carlo, Sacco, Policlinico, San Giuseppe, clinica Santa Rita, Niguarda. Le imprese di pompe funebri coinvolte sono 19, comprese molte delle più conosciute della città.
Il racket Il meccanismo del “business”, già emerso in altre inchieste simili del passato ma mai di tale capillarità, era semplice: gli infermieri addetti alle camere mortuarie segnalavano il decesso e spesso anche i dati dei parenti, in modo che le imprese, che erano organizzate in precisi turni della giornata nei quali lavorare su queste segnalazioni, potessero contattarli per primi. Secondo la polizia, il giro delle tangenti – cui si è arrivato con lunghe intercettazioni telefoniche e appostamenti presso le camere mortuarie degli ospedali – è notevole: agli infermieri corrotti andava un totale compreso tra i 10 e i 15mila euro al giorno, con alcuni “più attivi e spregiudicati” che arrivavano a incassi extra fino a un massimo di 10mila euro al mese.