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La scuola Cappellini di via De Rossi
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MILANO – Cosa volete che contino, un certificato di agibilità, o un attestato di messa a norma? Che consolazione volete che sia, per la mamma e il papà di un bimbo di 6 anni in coma, sapere che la scuola dove il proprio figlio è volato da una finestra del secondo piano, è stata ristrutturata di recente. E pure a regola d’arte? Quelle saranno carte buone magari per i magistrati. Non per cancellare l’unica domanda che una mamma e un papà così hanno nella testa assieme al dolore: perché è successo? Sono le otto di sera, quando la mamma del piccolo Luca, il bimbo cinese di prima elementare caduto ieri mattina alle 10 da una finestra della scuola Cappellini di via De Rossi, esce con il marito (hanno altri due bimbi) e i parenti dal reparto di terapia intensiva della neurorianimazione di Niguarda.
Ad aspettarli ci sono due cinesi di via Paolo Sarpi. Ci fanno da traduttori, perché mamma, papà e parenti di italiano sanno un pugno di parole, anche se si passano di mano in mano un quotidiano del pomeriggio con un articolo sul dramma di via De Rossi. «Perché non vogliono dirci cosa è successo? – ripete la mamma – . L’ho chiesto alle maestre, quando sono venute qui in ospedale (con loro c’era anche il provveditore Antonio Lupacchino, ndr), ma non mi dicono niente. Siamo andati a scuola per vedere la finestra, ma la polizia non ci ha neanche fatti entrare. Il mio Luca è bravo e intelligente, lo diceva sempre anche la sua maestra. Perché è caduto? E perché non c’erano inferriate alla finestra?»
Quando chiediamo come sta il bambino, piange: «La testa non va bene», dice. Poi chiude gli occhi e inclina il capo da una parte. Non c’è bisogno di traduzione: è come se dormisse, non è cosciente. «Trauma cranico severo e lesioni agli organi addominali e toracici. Stato di coma», dice il bollettino medico. Frattura della base cranica, di varie ossa facciali e grave lesione al fegato, dicono in ospedale. Il papà, 34 anni e un lavoro da barista dalle parti di piazzale Lodi, va su e giù per la stanza. Senza pace. La mamma, tra le lacrime, racconta una storia strana: «Qualcuno ha detto che il mio bambino era agitato perché gli avevo dato delle medicine. Ma non è vero, non ne ha mai prese». Poi ripete: perché non ci dicono niente? Fa un altro gesto che si traduce da solo: si prende le labbra fra le dita. Troppe bocche cucite.
Del resto, ci sono un’inchiesta aperta, per lesioni colpose gravissime, e una maestra precaria di trent’anni indagata. Quella che ha riaccompagnato in classe i ragazzini della I A, dopo la lezione nel laboratorio di inglese. Non si è accorta che il piccolo Luca era rimasto di sopra («Si era nascosto sotto il banco», racconta un compagno). Quando è tornata a cercarlo e ha visto una finestra aperta e una sedia appoggiata sotto il davanzale, anche lei s’è sentita precipitare due piani più sotto.
Anche nel suo caso, valgono poco le dichiarazionisulla scuola sicura, a norma, ristrutturata. «Non ci sono nostre responsabilità – dice il sindaco Letizia Moratti – anche se resta la gravità del fatto e il dolore della famiglia, a cui i nostri servizi sociali sono molto vicini». Appena è arrivata la notizia «è stato attivato il pronto intervento minori », aggiunge Mariolina Moioli, assessore alle Politiche sociali e alla Scuola. Una tragedia che non va equiparata a quella di Rivoli «perché i due episodi non sono paragonabili », aggiunge Bruno Simini, assessore ai Lavori pubblici. Tutto vero, per carità. Come le parole dei tanti genitori che giurano sulla bontà della «Cappellini». Ma cosa volete che conti, per chi ha un figlio di sei anni con la vita appesa a un filo?