La Soprintendenza non ha dato parere positivo. Sotto quelle tende prendevano il caffè i Presidenti
Giorgio Napolitano sotto la tenda del Gambrinus
NAPOLI – Addio, per ora, ai gazebo. Prima era toccato ai ristoranti del lungomare, ora tocca allo storico caffè Gambrinus, sosta obbligata per i presidenti della Repubblica e dai leader politici, rinunciare allo spazio esterno con sedie e tavolini.
PERMESSO – Il sequestro è stato eseguito, stamane, venerdì, dai vigili urbani in piazza Trieste e Trento, sede del noto caffè napoletano, per assenza del parere positivo della Soprintendenza e del permesso di costruzione.
A DUE PASSI DAL PLEBISCITO – Aperto nel 1860, il Gambrinus – allora Gran Caffè – era centro politico, urbano e morale della città. Qui D’Annunzio scrisse i versi di «A vucchella»; qui sedevano il giornalismo, la legge, l’arte, la politica di Napoli, tutti riuniti in un cenacolo ideale che un prefetto fascista trasformò in banca nella parte più bella.
Ma nel 2001, il Gambrinus ha riconquistato quelle sale affacciate su piazza del Plebiscito, con la loro splendida galleria di affreschi e dipinti dell’Ottocento napoletano.
PRESIDENTI AL BAR – Tra i suoi clienti d’eccezione, il Gambrinus, conta diversi presidenti della Repubblica. Il primo gennaio 2002, l’allora Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, spese proprio al Gambrinus i suoi primi euro: 154 centesimi per due caffè. Una presenza, la sua, che si è ripetuta anche negli anni successivi. Nel luglio del 1991 Francesco Cossiga, invece, consumò, un aperitivo; mentre, sia nel dicembre del 1993 che nel gennaio 1998, Oscar Luigi Scalfaro si concesse un caffè ed una sfogliatella, tipico dolce napoletano. L’ultima visita illustre, è stata quella del presidente Giorgio Napolitano, in occasione della sua consueta visita di Capodanno.
LA STORIA – Il Gran Caffè diventa «Gambrinus» nel 1890, quando il proprietario del Caffè d’Europa, all’angolo di via Chiaia, commerciante amico di letterati e attori, affittò quei locali e li affidò alla perizia dell’architetto Antonio Curri. Nelle sale comparvero pastelli di Volpe, Irolli, Caprile, Casciaro, Pratella, Postiglione; paesaggi ed altre opere di Migliaro, Scoppetta, Campriani, Diodati, Esposito, D’Agostino, Chiarolanza, Capone, Ragione, Palumbo. Tra i marmi di Jenny e Fiore, gli stucchi di Bocchetta, i bassorilievi del Cepparulo e le tappezzerie del Porcelli, e grazie per la prima volta all’impiego dell’energia elettrica l’insegna brillò nella notte dell’inaugurazione, il 3 novembre del 1890. Si leggeva: «Birreria Caffè Gambrinus».
La belle époque napoletana aveva il suo scenario: ai tavolini all’esterno e all’interno, vi si trovavano abitualmente a scrivere e chiacchierare Salvatore Di Giacomo, Eduardo Scarfoglio, Ferdinando Russo, Roberto Bracco, Achille Torelli, Enrico De Nicola, Giovanni Porzio, Libero Bovio, Ernesto Murolo, Saverio Procida, ma anche intellettuali di passaggio come Gabriele D’Annunzio. Di lui parlavano le amiche Matilde Serao ed Eleonora Duse scambiando poi sorrisi coi pittori Morelli, Altamura, Casciaro, Caprile, Dalbono e Postiglione. Chiuso dal regime fascista negli anni Trenta riaprì per la gioia dei napoletani negli anni Cinquanta.