Polemica in Nevada tra le Associazioni che hanno la licenza alla prostituzione. «In un momento di grave crisi finanziaria, noi vogliamo aiutare lo Stato: che ci tassi come meritiamo!»
WASHINGTON – In America non era mai accaduto che delle aziende chiedessero di pagare più tasse e lo Stato dicesse loro di no. Ora è successo nel Nevada, nell’ex selvaggio west, dove si trova Las Vegas, la capitale americana del gioco d’azzardo. Le aziende in questione sono i bordelli, che nelle contee del Nevada con meno di 400 mila abitanti sono perfettamente legali. I bordelli, 25 in totale con 10 ragazze l’uno in media, pagano le tasse alle contee, ma non allo Stato, che riscuote soltanto 100 dollari annuali per la licenza alla prostituzione. George Flint, il direttore della Associazione dei bordelli del Nevada, ha protestato: «In un momento di grave crisi finanziaria ed economica, noi vogliamo aiutare lo Stato: che ci tassi come meritiamo!».
IL NO DEL GOVERNO – Flint sembra avere l’appoggio delle patriottiche «girls», ma è stato decisamente respinto sia dal governo che dal Parlamento locali. Grazie no, hanno riposto Jim Gibbons, il governatore repubblicano, e Barbara Buckley, la speaker democratica della Camera. Parrebbe un musical boccaccesco, ma nasconde retroscena politici. Nelle due contee principali del Nevada, quelle di Clark con Las Vegas e di Washoe con Reno, la capitale dei divorzi, i bordelli sono vietati perché ciascuna conta più di 400 mila abitanti. Il Parlamento del Nevada, inoltre, è diviso sulla prostituzione legale, che data al 1971: circa metà dei parlamentari vorrebbe abolirla. La richiesta di Flint di pagare le tasse allo Stato è una mossa preventiva: se lo Stato, che ha un enorme passivo di bilancio e deve tagliare la spesa pubblica, accettasse, diverrebbe molto più difficile chiudere i bordelli.
Dennis Hof on le ragazze del «Moonlite bunny ranch» |