L’arsenale del padre e la passione per il tiro
WASHINGTON – Per chi lo conosceva, Tim Kretschmer, 17 anni, era un ragazzo normale, che passava inosservato. Ci ha pensato lui stesso ad attirare l’attenzione. Con un eccidio nella 10-D, la classe dell’istituto tecnico dove aveva ottenuto il diploma. Le parole di un’amica tradiscono quasi la sorpresa: «Non era un emarginato e con lui si usciva volentieri». Anzi sembra che tutti volessero frequentarlo perché aveva molti soldi in tasca. Tim, dunque, non rispondeva — in apparenza — al profilo del tipo introverso, infuriato con tutto quello che lo circonda e soprattutto con chi ha condiviso i banchi di scuola. Non sembrano neppure esserci storie di bullismo, tante volte usate come pretesto o giustificazione. E in queste ore la polizia sta controllando se il killer abbia lasciato una sorta di testamento o abbia affidato un messaggio a Internet, seguendo il sentiero di altri autori di massacri. Come Eric e Dylan gli sparatori folli di Columbine, diventati poi modelli e idoli di altri folli. Dal coreano Cho Seung-hui di Virginia Tech al ragazzo finlandese che si è lasciato una scia di sangue nel suo liceo. Ma qualcosa di storto c’era, altrimenti non saremmo qui a parlare di lui. A sentire uno studente Tim era «profondamente frustrato».
Per cosa? Solo ipotesi: difficoltà di inserimento, stress, problemi suoi. Nulla, sottolineano, che potesse far pensare ad uno scenario così tragico. E invece Tim è riuscito a portare a termine la sua missione distruttiva, accanendosi — sembra — su vittime di sesso femminile, ma poi ha rivolto la sua pistola anche contro dei passanti, dunque persone non legate al suo recente passato. Rispetto ad altri assassini «scolastici », il giovane non ha dovuto faticare troppo per armarsi. È stato sufficiente sottrarre una Beretta alla collezione del padre, un imprenditore benestante con la passione del tiro. E l’ha usata con effetti devastanti. Del resto ci sapeva fare: si allenava spesso in cantina con pistole ad aria compressa e «faceva sempre centro».
Passione alternata al ping-pong e alla visione di film dell’orrore. Ne aveva una collezione intera. Tim si è mostrato un vero mutante. Un giovane qualsiasi che si trasforma in omicida. Certo, è più facile accorgersi dei «lupi solitari», che non fanno gruppo e sono lasciati fuori dalla classe, dal team sportivo e alla fine da tutto. A volte sono spinti in quella condizione. In altre sono loro stessi a ficcarsi nell’angolo. Si considerano degli sconfitti e provano a dimostrare il contrario con la violenza eclatante. Mietono vittime e puniscono chi li ha trattati da perdenti: «Finalmente vi accorgerete di me», è il loro messaggio. E la normalità è diventata la cortina fumogena ideale dietro la quale si è nascosto Tim per colpire.
Guido Olimpio
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