Ospite a «porta a porta». Il romeno scagionato dall’accusa di stupro va in tv: «Il reato della mia vita? Biglietto del treno non pagato»
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Racz in lacrime durante la trasmissione (Infophoto) |
ROMA – Karol Racz, il romeno scarcerato lunedì dal Tribunale del Riesame, dopo aver trascorso più di un mese a Regina Coeli perché accusato degli stupri della Caffarella e di Primavalle, va in televisione e si racconta a «Porta a Porta» (video). «Vorrei stabilirmi a vivere in Italia, in Romania non saprei cosa fare» ha detto tra le lacrime. L’uomo ha ribadito «di non essere mai stato in alcun parco pubblico di Roma. Gli unici campi che conosco sono quelli che attraversavamo per accedere ai nostri insediamenti». Su Loyos, tuttora in carcere per calunnia: «Non so perché mi ha accusato, noi siamo sempre stati amici e l’ho anche aiutato economicamente».
BADANTE A LIVORNO – «Sono venuto per la prima volta in Italia nel 2007 – racconta -. Mi sono fermato per sei mesi a Livorno, dove abitavo in un campo nomadi i cui abitanti erano slavi. Lì lavoravo come badante per i figli delle persone che vivevano nel campo. Poi sono tornato in Romania e sono rientrato in Italia nel giugno-luglio 2008. C’era anche mio fratello e abbiamo vissuto in un campo rom a Roma, andavamo a raccogliere ferro e rame per poi rivenderlo».
NESSUN REATO – Nessun precedente pende su Karol Racz che respinge le accuse che parlano di quattro condanne per furto pendenti in Romania a partire dal ’97: «Sono stato soltanto multato una volta perché mi hanno trovato sul treno, in Romania, senza biglietto». Non è un racconto divertente: sotto il regime Ceausescu era un reato penale, come ha spiegato il suo legale Lorenzo La Marca. Racz racconta la sua storia da bambino quando a cinque mesi fu lasciato dai genitori in un orfanotrofio: «Non ho mai conosciuto i miei genitori, ho sette fratelli ma solo io sono stato affidato all’istituto per uscirne solo al compimento dei 18 anni. Poi ho cominciato a lavorare come panettiere e pasticciere presso un convento. A volte venivo pagato, ma in genere lavoravo per vitto e alloggio. Il mio sogno da bambino era quello di diventare monaco ortodosso».